Quando parliamo di Covid dobbiamo fare molta attenzione a cosa ci riferiamo. Con il termine Coronavirus (CoV), ad esempio, indichiamo una grande famiglia di virus respiratori che possono causare malattie negli animali o nell’uomo. Mentre Sars-CoV-2 è il nome del virus. La maggior parte dei Coronavirus causano infezioni respiratorie di lievi e/o moderate intensità.
Ciò che oggi chiamiamo Covid-19 è una malattia causata da un nuovo Coronavirus, arrivato anche in Italia, e scoperto nel dicembre 2019 a Wuhan (in Cina), di cui non abbiamo memoria virale, e perciò è stata resa necessaria la realizzazione di un nuovo vaccino. Per ottenere una diagnosi certa serve la ricerca del materiale genetico del virus su tampone nasofaringeo.
I sintomi possono esse svariati e includere raffreddore e/o serie difficoltà respiratorie. Generalmente, la trasmissione del nuovo coronavirus avviene per droplet, cioè le goccioline respiratorie che emettiamo mentre parliamo, cantiamo o urliamo. I consigli principali per contrastare la diffusione del virus sono indirizzati peculiarmente a una maggiore attenzione alle buone pratiche dell’igiene personale, a indossare la mascherina e a vaccinarsi.
I Coronavirus sono virus RNA a filamento positivo. Sono molto comuni in alcune specie animali (come cammelli e pipistrelli), ma possono infettare anche l’uomo, seppur raramente. Nel dettaglio, già esistono dei Coronavirus umani noti. Ne abbiamo sette: 229E, NL63, OC43, HKU1, MERS-CoV, SARS-CoV e SARS-CoV-2 (2019-nCoV). Quando il virus passa da un soggetto non umano a un ospite umano, si parla di spillover.
Cosa vuol dire Coronavirus?
I virus della famiglia Coronavirus sono chiamati in questo modo poiché al microscopio elettronico hanno un aspetto simile a una corona. L’involucro sferico, infatti, ha proiezioni glicoproteiche superficiali disposte proprio come una corona. La denominazione ufficiale del nuovo Coronavirus, invece, è arrivata nel febbraio 2020. L’International Commitee on Taxonomy of Viruses (ICTV – che si occupa della designazione e della denominazione dei virus) ha indicato un nome: “Sindrome respiratoria acuta grave coronavirus 2“, con sigla SARS-CoV-2.
La scelta della sigla SARS non è casuale, in quanto, secondo gli esperti, siamo di fronte al fratello del virus che ha provocato la SARS. Inoltre, in merito alla SARS-CoV-2 (che quindi sostituisce 2019-nCov), l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha annunciato l’11 febbraio 2020 che la malattia respiratoria causata è il COVID-19, sintesi dei termini CO-rona VI-rus D-isease e dell’anno d’identificazione.
Coronavirus SARS e MERS
Fino adesso abbiamo capito che siamo di fronte a un nuovo Coronavirus. Ma, anche in passato, situazioni analoghe hanno interessato diverse parti del mondo. Parliamo di analogie in quanto non è la prima volta che ci troviamo di fronte a situazioni di questo tipo. Per capire meglio questo concetto, basta analizzare la storia della SARS e del MERS.
Il coronavirus SARS (Severe Acute Respiratory Syndrome), ad esempio, è stato descritto per la prima volta nel 2002 in Cina. I sintomi principali legati a questo coronavirus sono febbre alta, malessere, fiato corto e tosse secca. Nel giro di una settimana, inoltre, potevano comparire i sintomi della polmonite. Diffusasi per tutto il globo, gli ultimi cenni di SARS li abbiamo avuto nel 2004. Durante questo periodo, il virus ha colpito principalmente adulti e anziani. Individui in età pediatrica, invece, hanno avuto una percentuale molto rara di casi acclarati.
Il quadro storico della SARS non è poi tanto dissimile dal quello del coronavirus MERS (Middle East Respiratory Syndrome). Fu scoperto nel 2012, e i primi casi sono stati descritti in Medio Oriente, in particolare in Giordania e in Arabia Saudita. Anche qui, i sintomi sono molto comuni: febbre, tosse e fiato corto, con possibili complicazioni in polmonite e insufficienza renale. Ancora oggi, in paesi arabici e limitrofi, sono segnalati casi di MERS. E, ancora, anche qui sono stati colpiti principalmente adulti e anziani.
Più passano gli anni, più abbiamo maggiori informazioni circa il nuovo virus che causa il Covid. Per quanto riguarda i sintomi, ad esempio, l’elenco è stato spesso aggiornato con altri segni riscontrati in giro per il mondo – anche a causa della nascita di nuove varianti. Al momento un’infezione da nuovo Coronavirus può essere riscontrata con:
- Febbre;
- Perdita dell’olfatto (anosmia) o diminuzione dell’olfatto (iposmia);
- Perdita del gusto (ageusia) o alterazione del gusto (disgeusia);
- Tosse;
- Polmonite;
- Affaticamento;
- Difficoltà respiratoria;
- Dolori muscolari;
- Mal di testa;
- Mal di gola;
- Raffreddore;
- Dolore toracico;
- Debolezza;
- Diarrea;
- Sindrome da distress respiratorio acuto;
- Cefalea;
- Brividi di freddo;
- Astenia;
- Mialgia;
- Nausea e vomito.
Anche per quanto riguarda il COVID-19, troviamo segni simili a quelli dell’influenza. Di fatto, come accennato prima, abbiamo sintomi comuni che includono febbre, tosse e difficoltà respiratorie. In casi più gravi, abbiamo polmonite, sindrome respiratoria acuta grave e insufficienza renale.
Inoltre bisogna ricordare che l’infezione può risultare asintomatica, cioè il paziente non presenta sintomi di alcuni tipo, ma è stato comunque infettato dalla Sars-CoV-2. Per quanto riguarda il periodo di incubazione del COVID-19, il tempo varia dai 2 agli 11 giorni, fino a un massimo di 14 dopo l’esposizione al virus.
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All’inizio della pandemia da Covid la maggior parte delle infezioni erano state registrate tra gli anziani, tra le persone in età avanzata e in chi soffrisse di un sistema immunitario indebolito o chi avesse di malattie pre-esistenti (come diabete, asma, ipertensione o malattie cardiache). Con il passare degli anni però abbiamo visto che il nuovo Coronavirus può infettare qualsiasi individuo, indipendentemente dall’età.
Il contagio da Coronavirus avviene attraverso il contatto con le goccioline del respiro delle persone infette (droplet). O almeno, è quella più frequente. Rara, invece, è la trasmissione da superfici contaminate, in quanto il virus sembra degradarsi rapidamente. Il contagio da Coronavirus, quindi, può avvenire tramite:
- saliva, tossendo o starnutendo;
- contatti diretti con le persone infette;
- toccando le mani, la bocca, il naso e gli occhi di una persona contaminata;
- rari casi con contaminazione fecale.
Vale la pena ricordare che le malattie respiratorie non si trasmettono con gli alimenti, salvo essere trattati con le consuete buone pratiche dell’igiene. Il pericolo maggiore riguarda la sua capacità di trasmettersi da uomo a uomo. Al momento ciò che ci aiuta a capire quant’è veloce il virus è l’indice RT, che indica la probabilità di trasmissione di un virus, mettendo in rapporto gli attuali sintomatici con i possibili nuovi contagi.
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Quando parliamo del nuovo Coronavirus, intendiamo un ceppo di coronavirus facente parte di una famiglia di virus. Perciò, il termine 2019-nCoV si riferisce a un componente di un gruppo di virus. Ma qual è la sua origine?
I primi casi segnalati nel mondo sono stati a Wuhan, in Cina, nel dicembre 2019. Si ipotizza che il contagio sia partito da animali infetti, in particolare dai Rinolofidi (famiglia di pipistrelli). Secondo gli studi dei ricercatori del Wuhan Institute of Virology, esiste una somiglianza del 96% tra il virus RaTG13 del pipistrello e il genoma generale del Coronavirus.
Ma si vagliano anche altre ipotesi. C’è chi, ad esempio, pensa sia dovuto a uno sviluppo da contatto con gli escrementi del pipistrello. Altri, invece, credono che, nel passaggio dal pipistrello all’uomo, il Coronavirus sia stato ospitato da un altro animale (pangolino, serpente o pesce). Sostanzialmente, numerose ricerche scientifiche certificate sottolineano l’origine naturale del Coronavirus. A oggi, è impensabile una sua creazione in laboratorio, in quanto non presenta segni di ingegnerizzazione.
Insomma, l’origine del nuovo virus è ancora incerta. Al centro degli studi c’è, ovviamente, il Coronavirus di Wuhan. Questo perché le prime persone ammalate di COVID-19 documentate lavoravano o facevano la spesa in un mercato di Wuhan, dove appunto si vendono animali vivi e appena macellati. Grazie a questo campione, si punta a scoprire quanto è iniziato a circolare il nuovo virus.
Attualmente non esiste una cura univoca contro la Sars-CoV-2, anche se alcune in fase di studio e altre terapie sono state approvate (seguiranno aggiornamenti). Nel corso degli ultimi mesi sono stati comunque approvati diversi vaccini che ci proteggono dalla malattia da Covid. Al momento in Europa sono stati autorizzati i seguenti vaccini:
- Vaccini mRNA
- Comirnaty (Pfizer)
- Spikevax (Moderna)
- Vaccini a vettore virale
- Vaccino Vaxzevria (ex Covid-19 Vaccine AstraZeneca)
- Vaccino Janssen
- Vaccino proteico
- Nuvaxovid (Novavax)
In merito ai vaccini contro il Covid, sappiamo che:
- ha il compito di stimolare la memoria immunitaria del nostro organismo;
- Sono stati registrati casi di persone positive al virus dopo la prima e la seconda somministrazione, ma sono eventi nella norma, in quanto il vaccino protegge dal Covid e riduce (ma non azzera) la possibilità di contagio);
- Sono state registrate reazioni allergiche al vaccino contro il Covid, di cui però non dobbiamo preoccuparci.
Un altro strumento molto utilizzato nella lotta contro il Covid sono gli anticorpi monoclonali (Monoclonal Antibodies o MAb), creati in laboratorio con tecniche di DNA ricombinato. Differiscono dal vaccino in quanto sollecitano un’immediata risposta immunitaria nel nostro organismo, mentre il vaccino lavora sulla memoria immunitaria.
A oggi esistono diversi test per Coronavirus che possono aiutarci nella diagnosi, ma solo uno è in grado di confermarla con maggiore certezza. Di seguito, gli strumenti attualmente in uso o in fase di studio:
- Tampone molecolare o nasofaringeo (al momento l’unico che dà certezza di diagnosi);
- Test antigenici o tamponi rapidi;
- Test sierologici.
Nel corso del tempo, l’obbligo di avere la mascherina per coronavirus è cambiata nel tempo. Ma quali sono le mascherine contro il Coronavirus da che possiamo usare?
- CHIRURGICHE – Utilizzare dal personale chirurgico durante gli interventi, al fine di non trasmettere i germi dalla bocca del chirurgo alla ferita del paziente. Protegge gli altri da un possibile contagio, ma non difende nella stessa maniera chi la indossa. Se indossate da tutti in un ambiente chiuso, garantiscono un buon livello di protezione.
- FILTRANTI FACCIALI (Filtering Face Piece Particles) – Sono Dispositivi di Protezione Individuale (DPI), poiché hanno una maggior efficacia sia in entrata che in uscita: cioè proteggono dal contagio sia chi le indossa e sia le altre persone. Abbiamo le FFP1, FFP2 e le FFP3: le ultime 2 sono le più adatte a contrastare il contagio da Covid.
È molto difficile rispondere a questa domanda, soprattutto perché chiama in causa una serie di fattori dalle enormi variabili. Al momento supporre che il Covid sparirà è un’illusione, tuttavia gli esperti concordano sul fatto che un giorno la pandemia potrebbe passare in una forma endemica.
Articolo aggiornato in base alle nuove informazioni diffuse sul Covid