Pietro Scidurlo e le mappe dei luoghi per persone con esigenze particolari

Redazione:

“Contatta Pietro Scidurlo, lui si occupa di guide accessibili“, ci disse tempo fa Angelica Malinverni in merito alla sua esperienza al Cammino di Santiago con la figlia disabile. Cercando in Rete, il suo nome è principalmente accostato a Free Wheels, una realtà che ha l’obiettivo di mappare luoghi per persone con diverse esigenze (non solo disabili). Per approfondire meglio questa storia, abbiamo seguito il consiglio di Angelica, e abbiamo chiamato direttamente Pietro Scidurlo.

Pietro Scidurlo, ci spieghi come funziona il tuo lavoro?

“Il mio ruolo da autore nasce nel 2014, dopo aver effettuato due volte il Cammino di Santiago per motivi strettamente personali, legati alla mia disabilità, che mi è sempre stata un po’ stretta. Ai tempi ero insoddisfatto della vita che conducevo, cercavo una via di fuga e la trovai nel pellegrinaggio. Non l’ho intrapreso per motivi religiosi, ma mi sono riavvicinato dopo alla Fede. Un giorno, insieme a Luciano Calligari, coautore di ‘Santiago per tutti‘, mi propongono di scrivere una guida che fosse per disabili. Però, vista anche l’esperienza di Free Wheels, maturo l’idea di realizzarne una per tutti. Noi ci rivolgiamo a persone con esigenze specifiche, la disabilità è una tra queste. Pensa, ad esempio, anche alle persone celiache“.

Qual è la guida che ha avuto più successo delle tue?

“Tecnicamente, ho scritto una sola guida. Una guida può diventare tale solo se dietro c’è una casa editrice che vuole tramutare i nostri itinerari in una produzione editoriale cartacea. Se non c’è questo passaggio, ciò che facciamo rimane in forma digitale. Ovviamente, ‘Santiago per tutti‘ ha avuto enorme successo, dal 2015 è stata distribuita in 8 mila copie e 2 mila persone con esigenze specifiche si sono rivolte direttamente a noi”.

Dal sito ci sono alcune informazioni sui percorsi seguiti e che state seguendo. Qual è il procedimento che il team di Free Wheels realizza per mettere in campo una guida?

“Abbiamo reso accessibili il Cammino di Santiago, il Cammino di Finisterre e il Cammino di San Benedetto. Al momento, stiamo lavorando alla via di Francesco, da Firenze ad Assisi. Innanzitutto si decide dove orientare i nostri sforzi (volontari) e si cerca di capire quali sono i cammini ‘camminabili’ di maggiore interesse. Una volta selezionato, parte una raccolta fondi. Dopo il crowdfunding, dobbiamo evidenziare un minimo di itinerari: un percorso ufficiale, quello completamente asfaltato e di tipo mountanbike/equestre.

Se i fondi ce lo consentono, parliamo anche di itinerario accessibile, cioè basato sull’esperienza di cammino di una persona con mobilità ridotta. In pratica, mettiamo tale persone con l’ausilio di una tecnologia sull’itinerario ufficiale: laddove ci sono barriere architettoniche, e non potrà continuare a camminare regolarmente, dovrà tornare indietro e cercare la variante del percorso. Alla fine, facciamo la mappatura, ti diciamo tutto ciò che c’è nell’itinerario e ciò che c’è nelle vicinanze. E, per ogni cosa, ti diciamo il grado di accessibilità. Così si produce un tracciato GPS con tanto di iconcine informative”.

Come mai si arriva alla situazione in cui ci devono essere ‘volontari’ a realizzare strumenti di questo tipo, che dovrebbero essere nella norma?

“Perché costa, ci vogliono i soldi. Perché Booking non manda una o cento persone in tutte le strutture di cui hanno i database? Perché costa. I nostri lo fanno come volontari. Se dovessimo dare un compenso, non ce la faremmo. Però sposo pienamente la vostra provocazione: perché deve arrivare un Pietro Scidurlo della situazione? Non si guarda più alla qualità del servizio, ma alla quantità“.

Visto che tu non tratti solo la disabilità, vorrei sapere qual è il tuo significato di Diversità Positiva.

“A freddo, è avere maggiore consapevolezza da parte delle persone. La persona con disabilità o con bisogni specifici è in ognuno di noi, perché ognuno ha un’esigenza specifica. Bisognerebbe iniziare a non categorizzare più. Vorrei che non si parlasse più di disabilità, ma di persone”.

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