Martina Caironi, vita da politica sportiva: report Assemblea IPC a Berlino

Dal 17 al 19 novembre 2022 si è riunita a Berlino l’Assemblea Generale Straordinaria del Comitato Paralimpico Internazionale (“IPC Extraordinary General Assembly”) e la riunione del 2022 dei membri IPC (“IPC 2022 Membership Gathering”), in presenza per la prima volta dal 2019. Sono riuscita ad entrare nella “stanza dei bottoni” dello sport paralimpico, da atleta ancora in attivo, con l’intenzione capire più da vicino come funziona l’organismo che si occupa delle Paralimpiadi e permette agli atleti con disabilità di gareggiare ad alto livello. Ma facciamo un passo indietro.

Come vi avevo già accennato in articoli precedenti, all’interno del villaggio paralimpico di Tokyo 2020 si è votato per i rappresentanti atleti IPC (International Paralympic Committee, Comitato Internazionale Paralimpico) degli sport estivi ed io, tra i 22 candidati, sono stata eletta insieme ad altri 4: il criterio per candidarsi era ed è aver partecipato ad almeno una paralimpiade fino alle due edizioni precedenti.

A Beijing 2022, la Paralimpiade invernale, ho fatto la mia prima uscita con la maglia IPC per dare il mio supporto alle elezioni dei candidati degli sport invernali: gli eletti sono stati 3, su 8 candidati. Il numero di rappresentanti degli sport estivi è superiore rispetto a quelli invernali perché è proporzionale al numero degli atleti rappresentati.

Dunque, a poco a poco, in questo anno ho conosciuto le persone che lavorano dietro le quinte per permettere la continua crescita del movimento paralimpico globale. Si tratta di un compito arduo e spesso criticato da chi non conosce la complessità degli argomenti discussi ai piani alti. Io mi sono sempre detta “Marty, se non sai, non giudicare. E se vuoi che la tua opinione abbia valore, informati e vai a vedere da vicino di cosa si tratta”. Così ho deciso di applicare il mio pensiero alla pratica, ed eccomi qui che muovo i miei primi passi all’interno di questa grande macchina.

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assemblea comitato internazionale paralimpico
foto di Ralf Kuckuck, IPC

Dopo aver eletto presidente (Jitske Visser) e vicepresidente (Josh Dueck) dei rappresentanti atleti, finalmente a settembre ci siamo riuniti a Bonn, in Germania, all’interno della sede dell’IPC, per iniziare il nostro mandato. Ci siamo conosciuti di persona ed è stato molto stimolante. La lingua ufficiale di comunicazione è l’inglese, ma in quell’occasione ho dovuto a tratti far da traduttrice a Omara, la rappresentante cubana che non aveva portato l’interprete e quindi non poteva partecipare senza una mediazione.

Buona parte dei miei studi universitari li ho fatti con l’intenzione di entrare in contatto con tutto il mondo e cercare mettere in comunicazione tra di loro le persone, per evitare incomprensioni e conflitti; sebbene non sia ancora laureata, con lo sport sto avendo molte occasioni di mettere in pratica le mie capacità.

Ed eccoci quindi all’assemblea di Berlino, be’ ci sono arrivata con molto entusiasmo. La prima giornata è stata la più tosta. Era quella destinata alla votazione di 6 mozioni, tramite un sistema tecnologico in presenza, chiamato Lumi. La prima mozione da votare mi riguardava: “Volete che Martina Caironi faccia da scrutinatrice durante questa assemblea?”.

Il 98% ha votato sì, il 2% si è astenuto e quindi ho preso ufficialmente la mia postazione insieme ai tecnici di Lumi. Da dietro al bancone si poteva vedere il procedere delle votazioni man mano che venivano inviate. Noi avevamo i risultati in anteprima e avevamo il compito di stabilire quanto tempo concedere per ciascuna votazione, per poi comunicare lo scadere del tempo ed inviare i dati al presidente dell’IPC (Andrew Parsons) prima di renderli visibili sul maxischermo della sala. Dopo che la mozione sul voto segreto ha avuto la maggioranza di “Sì”, non abbiamo più potuto sapere chi votava cosa.

La ragione più urgente di questa assemblea straordinaria era decidere l’estromissione o meno dei comitati paralimpici russo e bielorusso dalle competizioni internazionali, fino a data da destinarsi. Il motivo è ovviamente la guerra in corso, ma più nello specifico la violazione della tregua olimpica, quando alla vigilia delle paralimpiadi di Pechino 2022, la Russia ha invaso l’Ucraina.

La riunione è iniziata alle 13 per finire alle 21! Di mezzo ci sono stati interventi molto potenti da parte di Ucraina, Russia, Bielorussia, ma anche il resto del mondo ha voluto dire la sua in questa vicenda molto delicata.

C’è chi si è schierato a favore della menzione, sostenendo che l’IPC doveva prendere una posizione dura nei confronti dello scempio che sta avvenendo in Ucraina; altri, in particolare paesi latinoamericani che hanno avuto conflitti armati in casa, hanno invece sostenuto che non bisogna aggiungere sofferenza e odio a quello che già sta provocando la guerra e che dunque gli atleti vadano salvaguardati, poiché innocenti.

Difficile sintetizzare ore di dibattito e tensione. Sembrava di essere all’ONU da tanto si sentiva il peso delle decisioni da prendere. Durante quel lungo pomeriggio ho rafforzato la mia idea a riguardo, ovvero che lo scopo dell’IPC deve essere quello di tutelare gli atleti e, pertanto, dar loro l’opportunità di inseguire un sogno, di allenarsi con un obiettivo. Con tutte le complicazioni del caso.

La mozione numero 5, riguardo l’estromissione del comitato paralimpico russo, ha avuto più dei due terzi di assensi, mentre la 6, riguardante il comitato paralimpico bielorusso, è passata con solo il 54% di sì.

Ricordo che, dietro le quinte, sempre rimanendo imparziale nel mio ruolo, ho chiesto di prorogare di un minuto il tempo a disposizione per votare, per consentire anche agli astenuti di prendere una decisione che avrebbe potuto cambiare il risultato finale.

Ne siamo usciti tutti provati e, personalmente, con un po’ di amaro in bocca, perché ho subito realizzato quanti atleti ne avrebbero pagato le conseguenze, quante persone con disabilità perdessero in quel momento l’opportunità di gareggiare ad alto livello. Da atleta mi è tornato in mente quella giornata di marzo 2020 in cui hanno annunciato che le Paralimpiadi di Tokyo sarebbero state posticipate: ricordo il vuoto, quel senso di perdita degli obiettivi e svuotamento interiore.

La soluzione più immediata a Berlino sarebbe stata, a mio avviso, quella di permettere agli atleti russi e bielorussi di gareggiare sotto la bandiera neutra dell’IPC; forse questa è una mossa che verrà fatta solo in seguito.

La seconda e la terza giornata hanno visto i membri dell’IPC presentare i progetti in atto, lasciando spazio a domande e dibattiti; io, con il mio pc e le antenne rizzate ho preso appunti, sentendomi sempre più parte di questa grande famiglia.

In fondo all’aula le cabine dei traduttori bollivano da quanto piene di parole; il loro ruolo è stato fondamentale in quanto hanno permesso la traduzione di inglese, spagnolo, francese, portoghese, arabo, russo, ucraino e dunque hanno reso possibile il dialogo tra moltissimi paesi.

Per la prima volta mi sono trovata in un contesto in cui non c’erano in ballo medaglie, ma le sorti del movimento paralimpico; per me è solo l’inizio di un percorso che vorrei mi portasse ad essere sempre più presente nella politica sportiva. E a proposito di politici sportivi, naturalmente non poteva mancare il nostro presidente Luca Pancalli che era presente come membro del Board dell’IPC.

Durante l’ultimo panel è salito anche lui sul palco per raccontare, a grande richiesta, quello che è il modello paralimpico italiano; tra le frasi che mi sono rimaste impresse c’è certamente questa: “Don’t be afraid to open the doors”, ovvero, non abbiate paura ad aprire le porte. È imparando dai grandi che si diventa grandi.

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Martina Caironi
La vita a 18 anni le ha fatto cambiare idea e prospettive in seguito all'amputazione della gamba sinistra. E’ diventata un’atleta paralimpica che ha scritto alcune delle più belle pagine dell’atletica leggera salendo, per l’Italia, sul gradino più alto del podio. E’ componente del consiglio internazionale degli atleti dell’IPC, ha girato il mondo, imparato lingue ma soprattutto è messaggera di positività ed inclusione. Per lei non si deve parlare di disabilità ma di abilità, di quello che le persone possono, devono fare, avendo ben presente gli obiettivi da raggiungere.

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