Life skills, le abilità della vita

Probabilmente non prenderò mai la laurea: ho cambiato due università, fatto Erasmus, perso esami e ritentato più volte di darne altri, grazie al percorso di Dual Career dell’Università di Bologna, ma niente.

La vita professionale mi travolge giorno dopo giorno, tra allenamenti, viaggi, premi, cene di gala, incontri con ragazzi delle scuole, video, speech motivazionali, fotografie, meeting internazionali, riunioni online, in presenza, con la commissione atleti di Milano Cortina e dell’IPC, come già vi ho raccontato nei precedenti articoli.

Insomma, la laurea è sempre importante, ci mancherebbe, la vorrei tanto prendere, ma, guardiamoci in faccia: secondo voi quello che sto imparando sul campo non è utile e unico? Riflettendoci, finora i miei 13 anni di carriera mi hanno insegnato molto.

Grazie al mio recente contributo al libro “Allenarsi alla vita, ho imparato a dare un nome alle mie abilità acquisite: si tratta delle LIFE SKILLS, le capacità cognitive, emotive e relazionali di base che ci permettono di inserirci nel mondo con un comportamento versatile e positivo.

Noi atleti (io, Elena Vallortigara, Davide Re e Zane Weir) abbiamo scritto una testimonianza sportiva, grazie all’incoraggiamento della nostra agente Chiara Davini. Lei ha fatto da collante ai contributi tecnici portati da uno psicologo (Lino Cavedon), un nutrizionista (Diego Fortuna) ed un preparatore tecnico (Francesco Cavedon); il risultato è un libro educativo che permette ad insegnanti, genitori, allenatori o a chi ha il compito di formare gli adulti del domani di avere un orientamento su come farlo.

Martina Caironi durante il Festival dello Sport 2023

E quindi, a quanto pare, le competenze derivate dalla nostra esperienza sportiva verranno prese come modello per l’istruzione. Big up!!

Ve le cito tutte, in modo da provarvi che non mento, quando dico che è vivendo che si impara a vivere. Grazie allo sport si impara ad avere consapevolezza di sé, perché ci si confronta con il proprio corpo, con la propria forza di volontà e si arriva a poco a poco a capirci di più di quel groviglio che abbiamo dentro. Si devono gestire le emozioni, tipo quelle legate alla tensione pre-gara o all’adrenalina e al conseguente crollo e stanchezza; inoltre, per poter arrivare al massimo della preparazione è inevitabile dover controllare lo stress del corpo e della mente.

Tra le skills relazionali, invece, c’è lo sviluppo dell’empatia, delle relazioni efficaci e della comunicazione efficace: un atleta deve essere in grado di mettersi nei panni dell’altro per poter relativizzare la propria condizione privilegiata, per poter realmente capire i consigli dell’allenatore e delle varie figure che lo/a circondano.

Infine, a livello cognitivo, quello che si impara sul campo è certamente a risolvere i problemi, come la gestione degli infortuni, a prendere decisioni, come decidere a quali gare partecipare, se cambiare allenatore e via dicendo. Si sviluppano poi pensieri critici e creativi nel momento in cui ci si confronta con le varie situazioni, tipo le trasferte di gara, non sempre organizzate in maniera impeccabile.

Personalmente, ho vissuto momenti che nessun’altra vita mi avrebbe mai permesso di conoscere. Non ci sono libri di scuola che ti insegnano come gestire la notorietà, per esempio. Mai mi sarei immaginata di sfilare sul Red Carpet al Festival Internazionale del Cinema di Venezia, mai mi sarei immaginata di comparire su un murales gigante insieme alle mie compagne di avventure, nonché avversarie e amiche, nell’iconica posa delle Charlie’s Angels.

Eppure, ho imparato a parlare in pubblico senza arrossire, a stringere mani e firmare autografi con il mio miglior sorriso; ora so come evitare una conversazione spiacevole o conversare con sconosciuti dimostrando interesse anche dove non c’è. So vestire una maschera, rimanendo fedele ai miei valori, sarà mai possibile questo?

Sicuramente lo sport mi ha dato gli strumenti per diventare ciò che voglio e forse un giorno rileggendo questo libro mi sembrerà di aver fatto la cosa giusta.

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Martina Caironi
La vita a 18 anni le ha fatto cambiare idea e prospettive in seguito all'amputazione della gamba sinistra. E’ diventata un’atleta paralimpica che ha scritto alcune delle più belle pagine dell’atletica leggera salendo, per l’Italia, sul gradino più alto del podio. E’ componente del consiglio internazionale degli atleti dell’IPC, ha girato il mondo, imparato lingue ma soprattutto è messaggera di positività ed inclusione. Per lei non si deve parlare di disabilità ma di abilità, di quello che le persone possono, devono fare, avendo ben presente gli obiettivi da raggiungere.

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