Hikikomori è un termine giapponese che viene utilizzato per riferirsi a una sindrome che contraddistinguerebbe i giovani chiusi in casa decisi a isolarsi dal mondo esterno. Si tratta di una condizione non scientificamente riconosciuta nel libro DSM-5, e non va confusa con altre patologie, come la depressione e la dipendenza da internet.
A oggi non esistono dati unici ufficiali che possano spiegare in cifre tale fenomeno, ma in base ad alcune ricerche si stima che colpisca principalmente adolescenti e giovani adulti, soprattutto se di sesso maschile. I primi casi sono stati registrati in Giappone – per questo motivo si è parlato spesso di sindrome giapponese -, sebbene da qualche anno l’argomento è arrivato anche in Italia.
La sindrome può essere riconosciuta dal comportamento di chi ce l’ha: gli individui si chiudono nella propria stanza o nella propria casa rifiutando qualsiasi forma di interazione sociale. Dunque siamo di fronte a una nuova forma di isolamento sociale (social withdrawal), in base alla quale la persona si vieta qualsiasi forma di contatto con il mondo esterno, anche per lunghi periodi di tempo, mettendo fine a tutte le forme di comunicazione (in alcuni casi, eccetto quella online), abbandonando attività scolastiche, extrascolastiche e lavorative.
Il termine Hikikomori è giapponese ed è stato utilizzato per la prima volta nel 1998 dallo psichiatra giapponese Tamaki Saito. Deriva dalla fusione di “hiku” (“tirare indietro”) e “komoru” (“ritirarsi”), e significa “stare in disparte” o “isolarsi”. Probabilmente tale fenomeno ha iniziato a emergere a seguito della pandemia da Coronavirus, che ci ha costretto a una riduzione forzata e improvvisa della socialità.
Chi sono e come vivono gli Hikikomori?
Non si tratta di una sindrome riconosciuta dalla comunità scientifica, dunque parlare di hikikomori non è affatto semplice, a partire dalla definizione: al momento infatti, il significato può essere attribuito solo tramite i comportamenti degli individui con tale condizione, poiché manca addirittura il concetto standardizzato.
In base a quanto riporta The Japan Times, citando i dati del 2019 del The Cabinet Office, in Giappone sono stati stimati 1,15 milioni di individui hikikomori, di cui 613mila in una fascia d’età compresa tra i 40 e i 64 anni: tra queste, ci sarebbero persone ritirate dalla vita sociale da circa 30 anni, tanto da aver reciso i legami anche con i propri genitori.
Ma quanti casi di hikikomori ci sono in Italia? Anche qui, la risposta è complessa, poiché non esistono statistiche ufficiali in merito. Secondo le stime diffuse da Hikikomori Italia, sarebbero 100mila. Ciò testimonia comunque che tale sindrome non è solo una questione orientale, ma riguarda anche altri paesi.
Inoltre, in base a un sondaggio promosso dallo psicologo Marco Crepaldi, i cui risultati sono stati pubblicati nel libro “Hikikomori, i giovani che non escono di casa“, nel Bel Paese questa condizione sarebbe diffusa soprattutto tra i giovani: dopo aver coinvolto 288 madri e padri dell’Associazione Hikikomori Italia Genitori Onlus, l’87,85% del campione ha dichiarato di avere un figlio in isolamento sociale di sesso maschile, la maggior parte di essi risulta chiusa in casa da oltre 3 anni e ha un’età media intorno ai 20 anni.
Quali sono i sintomi della Sindrome di Hikikomori?
Visto che non ha una definizione specifica, la diagnosi risulta complicata, e dunque anche classificarne i segni. Un altro impedimento è dato dal fatto che la condizione fin qui descritta può essere associata ad altre patologie – lo stesso isolamento sociale è un sintomo che può essere trovato in altre condizioni psichiatriche. Per fare qualche esempio:
- schizofrenia;
- depressione;
- disturbo d’ansia sociale;
- disturbo dello spettro autistico.
Insomma, parlare in senso stretto di Hikikomori è abbastanza complesso, visto anche che l’elenco dei sintomi non è ancora ufficialmente riconosciuto dal DSM-5. Al momento sappiamo che per parlare di questa sindrome, bisogna riconoscere nell’individuo:
- una condizione di completa alienazione sociale da almeno 6 mesi (e può durare per anni) che li porta a dipendere economicamente da altre persone (spesso i genitori o i familiari);
- uno stile di vita che ruota dentro le mura domestiche e senza alcun contatto esterno;
- un esordio precedente ai 30 anni d’età;
- la disforia;
- il rifiuto di contatti sociali così marcati da decidere di non andare a scuola o a lavoro;
- la dipendenza da internet;
- la ridotta concentrazione;
- la perdita di motivazione;
- l’inversione del ritmo sonno-veglia: i pazienti tendono a dormire di giorno e dedicano le proprie attività alla sera e alla notte.
Cause dell’Hikikomori
Non esiste una causa specifica che porta gli individui all’hikikomori, tuttavia secondo gli esperti vi sarebbe una concatenazione di fattori diversi tra loro, che lo descriverebbero come un fenomeno multidimensionale che può derivare da:
- fattori ambientali (le dinamiche familiari: genitori troppo iperprotettivi oppure che trascurano i propri figli: le dinamiche extrafamiliari: persone vittime di bullismo);
- fattori individuali o caratteriali (traumi o personalità introversa);
- fattori socioculturali (il cambiamento nel modo di comunicare con le persone con l’avvento di Internet, le aspettative di realizzazione sociale o la severità del sistema scolastico).
Esiste una cura contro la Sindrome dell’Hikikomori?
Come ogni condizione esistente, il singolo caso va trattato da paziente a paziente e bisogna sempre affidarsi a uno specialista. In generale può essere richiesto un intervento terapeutico con lo scopo di riportare la persona all’interno di una cerchia sociale, rompendo l’isolamento e riequilibrando l’attività dell’individuo nella società. Al fine di percorrere questa strada, potrebbe essere richiesto un ricovero ospedaliero, la psicoterapia o alcune cure farmacologiche.
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