Probabilmente fra qualche anno subiremo i danni psicologici della guerra in Ucraina. Non è una sentenza, non è una constatazione certa, ma è opportuno ragionare su un dato di fatto: la storia ci insegna che la guerra genera orrore, e gli strascichi producono problematiche su varia scala, sia a livello fisico sia a livello mentale.
Come se non bastasse, il conflitto russo-ucraino arriva mentre siamo nel terzo anno di pandemia da Coronavirus, che ha destabilizzato la salute mentale generale, facendo nascere condizioni di vario tipo (come lo stress da pandemia e la nebbia cognitiva post-Covid). Insomma, i danni psicologici della guerra in Ucraina si sommeranno all’emergenza sanitaria che tuttora viviamo.
Oggi più che mai che la salute mentale è diventata una tematica di grande impatto e interesse nelle società sviluppate. Per questo motivo, la questione dei danni psicologici causati dalla guerra in Ucraina risulta essere di grande importanza: nessuno si salva, sia chi guarda il conflitto da uno schermo, sia chi è in prima linea a combattere. La storia ce lo insegna.
Danni psicologici della Prima Guerra Mondiale: il Shell Shock
“Spero che si rafforzi la convinzione che le guerre, tutte le guerre sono un orrore. E che non ci si può voltare dall’altra parte, per non vedere le facce di quanti soffrono in silenzio”. Le parole di Gino Strada suonano ancora oggi come un macigno di fronte a quanto stiamo vivendo e a quanto abbiamo vissuto.
Il caso storico più eclatante è la Prima Guerra Mondiale, il primo vero contesto bellico dal quale possiamo provare la nascita delle malattie mentali associate alla guerra. Tuttavia, all’epoca, i danni psicologici registrati erano trattati con superficialità: da una parte, le società erano profondamente diverse rispetto a oggi, e non avevano molta consapevolezza sulla salute mentale; dall’altra, la psichiatria era una branca medica ancora agli albori, e dunque c’erano più ombre che luci nella gestione dei disagi della mente.
Fatto sta che le prime informazioni sui danni psicologici causati dalla guerra risalgono al 1915, quando la prestigiosa rivista medica Lancet pubblicò una nuova espressione, coniata dallo psicologo Charles Samuel Myers: si tratta di “Shell Shock” (shock da bombardamento), un espressione che in Italia conosciamo come il “vento degli obici”. Con questa espressione venivano indicate tutte le malattie psichiche nate sul campo e nelle trincee della Grande Guerra. Due anni più tardi, il neurologo Joseph Babinski parlerà di isteria, che in quei giorni nei soldati veniva curata con l’ipnosi.
I sintomi registrati da questa iniziale sindrome misteriosa erano svariati: troviamo tremori irrefrenabili, ipersensibilità ai rumori, tachicardia, inespressività, muscoli irrigiditi, paralisi, palpitazioni, insonnia e mutismo. Un fenomeno pressoché nuovo nelle società di quei tempi, come gli atteggiamenti di chi tornava dalla guerra: persone dissociate dalla realtà, con movimenti meccanici, sempre con occhiali scuri perché infastiditi dalla luce, con molte crisi di pianto. Erano chiamati “Scemi di guerra” o “Automi“.
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Da cosa nascevano i danni psicologici della Grande Guerra?
Tutto ciò oggi ha un nome ben preciso: disturbo da stress post-traumatico, che insorge per svariati motivi, tra cui anche l’esperienza della guerra, che durante il conflitto mondiale non era caratterizzato unicamente dai bombardamenti. Basti pensare che, nelle trincee, chi accusava i sintomi sopracitati poteva essere accusato di essere un simulatore. Per questo motivo, furono allestisti dei servizi neuropsichiatrici sul fronte che, a base di elettroshock, obbligavano i soldati a tornare sul campo.
Una delle cause del disturbo da stress post-traumatico dell’epoca quindi era da ricercare nelle condizioni di vita dei soldati nelle trincee, a cui vanno aggiunti i frastuoni delle bombe e, secondo alcuni, anche il monossido di carbonio. Ma uno studio pubblicato su Lancet Neurology del 9 giugno 2016, ha sottolineato che tra le cause è possibile ipotizzare lesioni nel tessuto cerebrale dei soldati che, una volta cicatrizzate, creerebbero problematiche per il sonno, la memoria e le funzioni cognitive.
A seguito della Grande Guerra, non esistevano terapie precise per la cura mentale. L’unica soluzione proposta fu rinchiudere i pazienti-soldati nei manicomi, istituiti in Italia nel 1904, che però – come ci insegna la storia – divennero luoghi di tortura per chi vi entrava.
Danni psicologici della guerra in Siria
Se pensiamo che i danni psicologici di una guerra siano radicalizzati unicamente nei conflitti che hanno visto il coinvolgimento di tantissime nazioni, allora ci sbagliamo. Qualsiasi guerra, di qualsiasi portata e di qualsiasi natura, può generare danni a livello psicologico.
In base a quanto raccontato da Save The Children nel dicembre 2015, anche il conflitto in Siria ha sollevato la preoccupazione per la salute mentale, soprattutto nei più piccoli. Sette anni fa l’organizzazione spiegò che in Siria ben un quarto dei bambini erano a rischio di sviluppare un disturbo mentale, “e i sempre crescenti bisogni psicologici di milioni di bambini siriani e iracheni sfollati” erano “ampiamente insoddisfatti”.
Un dato che sottolinea un argomento che inficia non solo su chi è in prima linea a combattere un conflitto, ma anche chi ne subisce gli effetti: “Le ripercussioni per il futuro della salute mentale di un’intera generazione potrebbero essere catastrofiche – aveva sottolineato Ian Rodgers, l’allora Direttore di Save the Children in Libano -. Oltre agli evidenti danni psicologici, causati dall’aver assistito ad eventi traumatici e violenza estrema, ci sono una miriade di cause secondarie che non vengono adeguatamente monitorate e sono spesso trascurate, elementi che quotidianamente possono cagionare danni psico-sociali ad un bambino che è stato sradicato dalla sua vita e trapiantato in una nuova comunità”.
Tuttavia non si tratta solo di evidenziare gli effetti a breve termine che una guerra può determinare nei bambini, ma anche di sottolineare gli strascichi che può lasciare per tutta la vita: “Non supportare bene ora questi bambini avrà un grave impatto sulla loro personalità futura, con il rischio che diventino aggressivi, depressi e pieni di fobie. I bambini hanno una particolare capacità di resilienza, ma è necessario che vengano supportati immediatamente”, commentò Reem Nasri, psicologa di Save the Children.
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Guerra in Ucraina: cosa dobbiamo aspettarci?
Ovviamente gli esempi che possiamo fare circa le conseguenze psicologiche di una guerra sarebbero tantissimi, ma per ora ci fermiamo qui, in quanto gli eventi riportati ci aiutano a comprendere quali danni psicologici potrebbe creare la guerra in Ucraina, un conflitto aggravato dall’emergenza sanitaria che conosciamo – purtroppo – molto bene.
Nel 2020 la pandemia da Coronavirus e i numerosi lockdown hanno lasciato segni abbastanza visibili nella nostra salute mentale, resa ancora più precaria dall’incertezza dei tempi: diminuzione dei posti di lavoro, chiara incertezza generale per il futuro, crisi economica.
Nonostante nei primi mesi del 2020 sembrava di combattere un male che sarebbe svanito in poco tempo, il Covid si è dimostrato attaccato alla vita: il 2022 è il terzo anno della pandemia, che nei Paesi ricchi viene contrastato con l’ampia diffusione dei vaccini, mentre a negli Stati poveri si fa ancora fatica a proteggere tutte le persone. In questo contesto di continuo stress e agitazione per il presente e per il futuro, il conflitto in Ucraina ha solo peggiorato lo stato delle cose.
In base a quanto scrive SINPIA (Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza), le conseguenze della guerra hanno un effetto devastante su tutti gli individui: “Per cominciare, ha un effetto straziante su madri e bambini in gravidanza. Aumenta la nascita prematura e la mortalità infantile. I bambini più grandi mostrano livelli aumentati di ansia e depressione e circa il 30-40% sviluppa PTSD. Tutto ciò porta a una salute mentale e fisica peggiore fino all’età adulta”. Un trama che si potrebbe estendere per circa “3 generazioni”.
Se l’attenzione venisse localizzata unicamente sulle persone in Ucraina, il quadro diventerebbe ancora più devastante. La denuncia arriva da Andrea Iacomini, portavoce di Unicef Italia, che a Fanpage ha delineato una situazione tremenda “che riguarda 7 milioni di bambini ucraini che in questo momento rischiano non solo traumi psicologici da guerra ma che vedono anche la loro vita in pericolo”.
Parliamo di “bambini che sono stati costretti, e lo abbiamo visto in queste ore, a trovare riparo nei rifugi anti aerei e sotto le metro, abbiamo rivisto i trolley come durante la Seconda Guerra in Afghanistan, pronti a seguire i genitori per nascondersi. Abbiamo rivisto bambini piangere per i raid aerei e salutare i propri papà ai confini”. E il prezzo di tutto ciò è altissimo: “Pensate che solo nel Donbass sono state distrutte e demolite 780 scuole, di cui una poco fa, per altro con due insegnanti morti”.
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Danni psicologici della guerra anche in chi osserva da lontano
E anche chi non partecipa direttamente al conflitto rischia danni psicologici. Così come accaduto con lo scoppio della pandemia, quando nascevano da ogni parte notizie su un virus sconosciuto, ora le informazioni riguardanti la guerra in Ucraina stanno facendo rivivere una dinamica già vista: l’eccessivo consumo di notizie su tragici eventi. Basti pensare a quante volte abbiamo già sentito parlare di “Terza Guerra Mondiale” o “bombe atomiche“.
Anche in questo caso, garantire la difesa della salute mentale può essere veramente complicato. C’è il rischio della Sindrome da Burnout, causata da una forte stanchezza emotiva che può farci cadere in un limbo fatto di tensione e incapacità di risollevarci per un evento su cui non abbiamo il controllo. Inoltre la confusione e la fragilità di questi giorni può essere enfatizzata ancora di più dal fenomeno del Doomscrolling, l’incessante esigenza di consumare news per sapere cosa succede, dinamica che trova terreno fertile nei social media, dove spesso emergono foto e video falsi sulla guerra in Ucraina – creando ancora più confusione.
Ansia, paura, agitazione, depressione e psicosi possono essere solo alcune delle condizioni che la guerra in Ucraina rischia di incrementare. “È naturale essere angosciati da ciò che stiamo vedendo, non saresti umano se non lo fossi”, ha detto alla BBC il dottor Alex Bushill dell’organizzazione benefica di salute mentale Mind. Tuttavia possiamo fare qualcosa per evitare l’aumento di ansia e stress: “magiare bene, uscire, mettere giù il telefono, entrare in contatto con le persone, riposare”.
Anche per il Doomscrolling una soluzione c’è: guardare le notizie solo in determinate ore del giorno, perché se è vero che la conoscenza rende forti, è altrettanto vero che può portare al catastrofismo. È sicuramente difficile mettere in pratica tutto ciò, ma bisogna salvaguardare la salute mentale di tutti.
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