Si può morire di solitudine? Scopriamo cosa dice la scienza

Redazione:

Morire di solitudine si può, ma bisogna fare alcune precisazioni. Secondo un’ampia review di 90 studi che hanno coinvolte oltre 2 milioni di persone (2.205.199) in tutto il mondo, la solitudine è un mostro che può avere effetti devastanti sulle persone, addirittura mortali, ma che deve essere contestualizzata. In questo caso però non parliamo della solitudine positiva, che permette una crescita personale e un approfondimento interiore, ma ci riferiamo all’isolamento sociale.

Di solitudine si può morire?

Isolamento sociale e solitudine sono due condizioni che possono portare alla morte, ma non sempre sono compagne dello stesso viaggio. Come si legge nella review pubblicata sulla rivista Nature Human Behaviour, l’isolamento sociale e la solitudine sono “significativamente associati a un aumento del rischio di mortalità per tutte le cause“, incluso il cancro. Inoltre, l’isolamento sociale è collegato a un aumento del rischio di morte per malattie cardiache.

Insomma, l’isolamento sociale e la solitudine possono diminuire la durata della nostra vita, ma è necessario contestualizzare il discorso. Al momento questa associazione è ancora tutta da spiegare, e spesso le cause vanno ricercate nello stile di vita e nelle abitudini delle persone. Di per sé, la solitudine può essere vantaggiosa per la nostra salute mentale, se viene anche accompagnata da esercizio fisico e dieta sana. Invece uno stile di vita dove si consumano molti alcolici e si è dipendenti dal fumo, può cambiare il percorso della nostra esistenza.

Secondo i ricercatori, “una maggiore attenzione all’isolamento sociale e alla solitudine può contribuire a migliorare il benessere delle persone e il rischio di mortalità”. Tradotto: è necessario migliorare la conoscenza, la concezione e la consapevolezza sul valore (e i possibili danni) della solitudine e dell’isolamento sociale.

di solitudine si può morire
By wirestock da Envato Elements

Che cos’è la solitudine e come combatterla?

L’opinione pubblica fa molta fatica a riconoscere la solitudine come una malattia che incide negativamente sulla salute mentale (così come l’ansia e la depressione). Eppure si tratta di una patologia che inficia in maniera distruttiva sul nostro benessere, in quanto se non viene consapevolizzata a dovere risulta complicata da gestire.

Oltre a esistere diverse tipologie di solitudine (esteriore, interiore, desiderata, subita), la solitudine presenta diversi sintomi, come l’insicurezza, il senso di inadeguatezza, il timore del giudizio altrui, l’ipertensione, la difficoltà a dormire o avere solo conoscenze superficiali.

Così come i segni, anche le cause sono diverse, e possono derivare da noi stessi e dal contesto circostante: pensiamo ad esempio a una cultura narcisistica sempre più sviluppata oppure a un rapido quanto incontrollato sviluppo di tecnologie che ci hanno portato a isolarci.

Nel caso in cui la solitudine sta rendendo complicata la vostra vita, sappiate che è possibile superarla, prendendo in considerazione alcune soluzioni pratica, come la socializzazione, lo sviluppo di un hobby, la sperimentazione di attività solitarie per comprendere al meglio il proprio stato d’animo, l’esercizio fisico e curare la propria autostima. Nel caso in cui questa condizione è molto complicata da gestire, consigliamo di rivolgersi a un medico psichiatrico, che potrà sviluppare un percorso di terapia adatto alle vostre esigenze.

Oggi si muore di solitudine?

Con la pandemia di Covid abbiamo compreso che la solitudine può risultare negativa, se non controllata in modo consapevole. Di fatto, alcuni individui fanno fatica a relazionarsi con la solitudine in maniera sana, con delle conseguenze che possono essere comunque mortali.

Sì, di solitudine si può morire, ed è un tema di salute pubblica. Secondo il chirurgo generale degli Stati Uniti Vivek Murthy, si tratta di una vera e propria “epidemia di solitudine e isolamento“, una “crisi di salute pubblica sottovalutata che ha danneggiato la salute individuale e sociale. Le nostre relazioni sono la fonte che può aiutarci a vivere una vita più sana, più soddisfatta e più produttiva”.

“In questo mondo terrificante, ci restano solo i legami che creiamo”, diceva Bojack Horseman nell’omonima serie in streaming. E quando certe connessioni vengono meno, se non gestita adeguatamente, si può morire di solitudine. Un fenomeno che negli ultimi anni è prepotentemente emerso in tanti casi di cronaca: storie di persone che, per un motivo o per un altro, sono morte nella solitudine, senza che nessuno ne denunciasse prontamente la scomparsa.

In un’intervista ad Ability Channel il delegato USB dei Vigili del Fuoco Paolo Cergnar ha evidenziato che “nell’ultimo periodo gli interventi di soccorso a persone disabili, grandi anziani e persone che vivono sole sono aumentati in maniera esponenziale. Essendo persone che hanno difficoltà nella vita comune, perché vivono ai margini della società, e se non sono seguiti da individui che si prendono cura di loro, ne risentono di più”.

“E quindi – continua – è necessario che la persona abbia qualcuno che la segua. Abbiamo trovato nell’ultimo periodo uno scollamento del tessuto sociale, complice anche la pandemia da Covid che non ha avvicinato le persone tra loro, che ha causato un numero importante di persone morte all’interno degli appartamenti, perché non rispondono alle chiamate o vengono trovate morte. La gente chiama perché, purtroppo, sente il cattivo odore dall’appartamento vicino. E questo evidenzia il problema della solitudine delle persone con disabilità e anziane”.

Leggi anche: Come accettare se stessi e migliorare la propria autostima

Angelo Andrea Vegliante
Da diversi anni realizza articoli, inchieste e videostorie nel campo della disabilità, con uno sguardo diretto sul concetto che prima viene la persona e poi la sua disabilità. Grazie alla sua esperienza nel mondo associazionistico italiano e internazionale, Angelo Andrea Vegliante ha potuto allargare le proprie competenze, ottenendo capacità eclettiche che gli permettono di spaziare tra giornalismo, videogiornalismo e speakeraggio radiofonico. La sua impronta stilistica è da sempre al servizio dei temi sociali: si fa portavoce delle fasce più deboli della società, spinto dall'irrefrenabile curiosità. L’immancabile sete di verità lo contraddistingue per la dedizione al fact checking in campo giornalistico e come capo redattore del nostro magazine online.

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