È oltremodo complicato descrivere la condizione del diritto di voto per le persone con disabilità, ma allo stesso tempo le limitazioni che rendono l’esercizio del voto inaccessibile per le persone disabili sono sotto gli occhi di tutti.
Siamo inseriti in una situazione paradossale dove i problemi strutturali sono noti, eppure mancano dei dati effettivi che ci possano consegnare un quadro più articolato e approfondito della questione – così come accaduto ad esempio durante le elezioni del presidente degli Stati Uniti d’America del 2024.
Questo particolare dualismo vissuto da chi ha una disabilità provoca un grave problema sociale: l’impossibilità di pensare e pianificare soluzioni atte a migliorare la tutela di un dovere civico. In questa sede, proveremo a dipingere meglio la questione.
Cosa difende il diritto di voto delle persone con disabilità?
La tutela del diritto di voto per le persone disabili è disciplinata sia a livello internazionale e nazionale. L’articolo 29 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità difende la partecipazione politica e il voto come un vero e proprio diritto per gli individui disabili, salvaguardando anche il valore della cittadinanza attiva.
In Italia invece il diritto di voto per le persone con disabilità è riconosciuto dall’articolo 48 della Costituzione Italiana. Altresì nella normativa nazionali sono presenti disposizioni che dovrebbero garantire agli elettori con disabilità di poter esercitare il diritto di voto nella piena accessibilità. Purtroppo però non è così.
La difficoltà di mappare un fenomeno sommerso di inaccessibilità
Il diritto di voto per le persone con disabilità è caratterizzato da seri livelli di inaccessibilità – che vedremo tra poco -, ma anche dall’assenza di dati chiari che possano raccontare i dettagli di un fenomeno sommerso, sebbene sia sotto gli occhi di tutti.
In sostanza, nel Bel paese c’è qualcosa che non va, eppure statistiche recenti non se ne trovato. Per avere quantomeno una bussola con cui partire, dobbiamo andare a bussare alle porte dell’European Disability Forum, che in un vecchio rapporto sottolineava che alle elezioni del Parlamento europeo del 2019 “circa 400mila persone con disabilità in 14 paesi sono state private del diritto di voto a causa della loro disabilità“.
Senza dati certi, non è possibile descrivere pienamente il contesto: le persone con disabilità vanno a votare? Se non ci vanno, è a causa di qualche barriere o limite che impedisce loro di esercitare il proprio diritto di voto? Dati e statistiche potrebbero aiutare a descrivere al meglio questo fenomeno, e ponderare soluzioni che possano migliorare il contesto socio-politico.
Altresì, l’assenza di dati chiari e ben definiti sottolinea come il tema non sia considerato di primaria importanza da politica e società italiana. Tanto che questa prima lettura evidenzia un problema sistemico: in Italia esistono dei cittadini di Serie A e dei cittadini di Serie B, e questi cittadini di Serie B non meritano neanche un approfondimento concreto e tangibile di un fenomeno sommerso che riguarda il valore della democrazia tutta.
Leggi anche: A Gaza si consuma il dramma dei bambini con disabilità
Cosa non permette il diritto di voto alle persone con disabilità?
Possiamo comunque dipingere un quadro verosimile alla realtà grazie alle testimonianze o alle storiche limitazioni presenti nel nostro Paese. I problemi più comuni sono gli stessi: inaccessibilità delle strutture che ospitano i seggi elettorali ed inidoneità delle cabine elettorali ad accogliere le persone con disabilità.
Tuttavia queste limitazioni sono solo la punta di un iceberg più corposo, poiché finora abbiamo descritto problemi riguardanti le persone con una disabilità fisica. Ciò che invece accade oggi nel Bel paese è una discriminazione nella discriminazione: molto spesso non vengono tenuti in considerazione i bisogni specifici delle persone sorde, cieche, con disabilità intellettiva o del neurosviluppo.
E questo accade su più fronti, ad esempio nelle comunicazioni istituzionali e politiche. In alcuni casi le persone sorde sono quelle avvantaggiate, ma gli individui con altre condizioni non ricevono informazioni sufficienti per un voto consapevole a causa della poca adattabilità dei mass-media e degli organi politici in base ai bisogni specifici di alcune persone.
Questa situazione è stata più volte descritta da Anffas, che sottolinea come i materiali informativi non siano completamente accessibili, in quanto manca il linguaggio Easy to Read e il CAA, cioè la Comunicazione Aumentativa Alternativa. Inoltre, denuncia il presidente dell’Anfass Roberto Speziale, “non vi è neanche la possibilità per i cittadini con disabilità intellettiva e disturbi del neurosviluppo di poter essere accompagnati in cabina, poiché il voto assistito per legge è consentito solo alle persone che hanno una disabilità fisica: non è quindi previsto l’accompagnamento nemmeno da parte di un familiare“.
Viviamo in una struttura sociale che crea divisioni sistemiche a partire dal diritto di voto, e che non sembra interessata a conoscerne approfonditamente le problematiche per porre eventuali soluzioni. Questo fenomeno rende difficile anche contrastare l’eventuale scoraggiamento degli elettori con disabilità che non trovano più valori democratici nell’esercizio del voto.
In un paese dove l’astensionismo è in costante crescita, le parti politiche e sociali andrebbero chiamate in causa per analizzare un fenomeno che interessa tutti. Le persone con disabilità sono elettori con preferenze politiche che devono essere ascoltatore attraverso il diritto di voto. Evitare di studiare accuratamente il fenomeno sommerso della complessa inaccessibilità di cui sono vittime, rischia di minare l’esistenza stessa di una democrazia – che dovrebbe invece essere in grado di considerare le varie sfaccettature sociali e umane.
Leggi anche: La politica che non sa fare politica sulla disabilità