Quando e perché scegliere l’idrokinesiterapia?

Redazione:

Per coloro che non hanno mai sentito parlare di idrokinesiterapia, darò qualche semplice nozione. Con il termine idrokinesiterapia indichiamo una terapia che struttura dei movimenti (kinesi) dai più semplici ai più complessi in acqua (idros).

Cenni storici sull’idrokinesiterapia

L’acqua è stata usata per scopi terapeutici fin dall’antichità, già Ippocrate ne spiegava gli effetti terapeutici, a seguire i romani con l’uso delle terme. Nel XVIII secolo incominciarono a venir fuori studi scientifici sull’idroterapia, che analizzavano le proprietà chimiche dell’acqua e gli effetti che davano su alcune patologie. Fino alla metà del XX secolo in cui vennero considerate anche le caratteristiche fisiche dell’acqua, per il trattamento delle patologie dell’apparato locomotore.

Cosa si fa con l’idrokinesiterapia

Usiamo l’idrokinesiterapia sia per patologie ortopediche che neurologiche. L’idrokinesi utilizza le leggi fisiche dell’acqua a scopo terapeutico, relazionandosi con tre elementi fisici principali:

  • Temperatura (deve variare tra i 30° e i 33° );
  • Densità (che è superiore a quella dell’aria di circa 800 volte. Lavorando in microgravità, l’idrokiesiterapia gioca un ruolo fondamentale nelle patologie legate al dolore e alla compressione articolare);
  • Viscosità (crea un rallentamento nell’esecuzione degli esercizi da parte del paziente che garantisce il riapprendimento motorio e il controllo dei movimenti).

La mia esperienza nell’idrokinesiterapia

Sono dieci anni che faccio la fisioterapista a Roma, di cui otto che lavoro con la terapia in acqua, e i risultati riportati dai pazienti sono stati grandiosi in termine di efficacia, ma ancor di più in termini di tempistica. La grande rivelazione della terapia in acqua sta nel dimezzare i tempi riabilitativi dando la possibilità sia ad atleti che non a ritornare alle proprie attività sportive o lavorative in tempi molto brevi. Non solo, ridurre i tempi riabilitativi vuol dire anche ridurre i costi.

Ho conosciuto pazienti che mi hanno rivelato di aver trascorso ore – che sono diventate mesi – per tornare alle loro attività quotidiane, mentre, se avessero provato la terapia in acqua oltre a quella tradizionale, avrebbero ripreso più in fretta, spendendo anche meno soldi.

Il concetto chiave: la versatilità

La straordinarietà della terapia in acqua è la versatilità. Nella stessa terapia si lavora in globalità con tutto il corpo, recuperando l’articolarità perduta, la propriocettività, la muscolatura e la sicurezza nei movimenti.

Nelle terapie neurologiche, soprattutto, il paziente riesce a raggiungere obiettivi che con la terapia da lettino a “secco” non riuscirebbe, grazie ad esempio alla temperatura dell’acqua che favorisce il miorilassamento. Questo per il paziente è una grande spinta motivazionale, trova nell’ambiente acquatico grande soddisfazione e vede nel terapista e nel contesto di lavoro qualcosa di meno “sanitarizzato”.

L’acqua dà anche un imprinting psicologico ai pazienti, soprattutto chi ha danni irreversibili. Possiamo definirla davvero una terapia a 360°. Utilizziamo la terapia in acqua dai più piccoli ai più anziani e dura circa 50 minuti. Io preferisco lavorare singolarmente, altri colleghi lavorano anche in gruppo. La cadenza delle terapie va da una a due volte a settimana, in base alla necessità dei pazienti, e soprattutto va integrata alla terapia in studio. Ad esempio: due terapie a secco e una in acqua o viceversa, in base alla tipologia della patologia e ai tempi della stessa.

Perché fare idrokinesiterapia

Consiglio l’idrokinesiterapia a tutti i pazienti, anche a coloro che non hanno un buon rapporto con l’acqua, in quanto lavoriamo anche su questo, portando i pazienti a traguardi impensabili. La terapia è consigliata nei post-operatori poiché, essendo un ambiente microgravitario, permette anche a chi ha limitazioni di carico di lavorare subito sul recupero articolare, muscolare e sulle cicatrici grazie al micromassaggio, che crea l’acqua anche solo camminando in essa.

È quindi consigliata nelle patologie:

  • ortopediche delle principali articolazioni come spalla, ginocchio, anca, caviglia, ecc. e come fratture, lesioni tendine e legamentose, traumi contusivi e distorsivi, ecc.;
  • neurologiche: sclerosi multipla, emiplegie, paraplegie, parkinson, lesioni cerebbellari ecc.;
  • reumatiche;
  • vascolari;
  • e nei disturbi psicomotori dell’età pediatrica.

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