Cani di Israele contro persone disabili palestinesi: l’inchiesta

Redazione:

Israele sta utilizzando cani come armi belliche contro i civili palestinesi. E questi animali, probabilmente in larga maggioranza pastori belgi malinois e pastori tedeschi, sarebbero stati acquistati tra il 2022 e il 2024 da società europee in Germania, Paesi Bassi, Regno Unito, Belgio e Repubblica Ceca.

L’inchiesta congiunta tra il The Guardian e l’Arab Reporters for Investigate Journalism (Arij) ha fatto emergere un quadro ancora più disumano, inserito in un contesto ancor più drammatico e spietato, come vi abbiamo raccontato qualche tempo fa in merito alla situazione dei bambini palestinesi che, a causa della guerra in corso, subiscono danni fisici e psicologici anche permanenti.

In estrema sintesi, l’inchiesta documenta svariati attacchi di cani dell’esercito israeliano contro i civili palestinesi. Al centro delle indagini viene posta l’unità cinofila specializzata israeliana Oketz, la quale attaccherebbe bambini, anziani e persone con disabilità. Inoltre, come riporta l’organizzazione Euro-Med Human Rights Monitor, nel 2023 questi attacchi sarebbero stati 146. E nel tempo sono state prodotte storie drammatiche.

Cani di Israele contro un giovane palestinese disabile: la storia di Muhammed Bhar

Il 3 luglio 2024 le Forze di Difesa Israeliane (IDF) fecero irruzione nella casa della famiglia palestinese Bhar a Gaza City, dove si trovava anche Muhammed, un 24enne con Sindrome di Down e autismo. Un giovane che però, come raccontò alla BBC la madre 70enne, Nabila Bhar, non aveva completa autonomia sia nel mangiare che nel vestirsi.

Un contesto familiare aggravato ancora di più dalle condizioni belliche estreme. La famiglia aveva già vissuto più volte gli orrori della guerra, tanto da essere stanchi di sopravvivere tra un’evacuazione e l’altra: “Siamo stati evacuati circa 15 volte. Andavamo a casa di Jibreel, ma poi c’erano i bombardamenti a casa sua. Andavamo a piazza Haydar, ma poi c’erano i bombardamenti a piazza Haydar. Andavamo a Rimal, ma poi c’erano i bombardamenti a Rimal. Andavamo a piazza Shawa, ma poi c’erano i bombardamenti a piazza Shawa“.

Purtroppo però quel 3 luglio 2024 superò un confine ancor più disumano. Come dicevamo precedentemente, le IDF fecero irruzione nella casa della famiglia Bhar con diverse decine di soldati e un cane da combattimento. Nonostante la famiglia sottolineò la disabilità di Muhammed, e di tenere il cane lontano da lui, l’animale attaccò comunque il giovane: “Ha iniziato a dilaniarlo mentre sanguinava“, fu il racconto della madre.

A quel punto il dramma fu ancora più intenso: i soldati portarono il giovane in un’altra stanza, lontano dal cane, per medicargli le ferite, e dopo qualche ora intimarono alla famiglia di evacuare senza Muhammed. Settimane dopo madre e fratelli tornarono in quella casa e trovarono il corpo del 24enne senza vita.

L’esercito israeliano ha confermato alla BBC che un cane dell’esercito attaccò il signor Bhar e che gli furono prestate le prime cure mediche, ma che poi Muhammed fu abbandonato perché c’erano soldati israeliani feriti altrove che avevano bisogno del loro aiuto. Secondo le IDF, i soldati erano entrati in casa nell’ambito di “un’operazione contro i terroristi“.

Leggi anche: Danni psicologici della guerra

Cani di Israele come armi belliche: condanne e critiche

In base all’inchiesta, la storia di Muhammed Bhar è inserita in un complesso quanto articolato sistema in cui i cani importanti dall’Europa verrebbero impiegati nelle operazioni militari dell’esercito palestinese. Finora questa pratica sembrava isolata, ora invece evidenzierebbe come Israele utilizzi questi animali come armi belliche contro i civili palestinesi.

Al The Guardian Patrick Wilcken, esperto di questioni militari e di sicurezza presso Amnesty International, questi cani “dovrebbero far parte dei trattati internazionali che regolano l’uso [delle armi], per impedire che vengano utilizzate in violazione dei diritti umani“. E poi aggiunge: “Esiste un rischio evidente che queste esportazioni contribuiscano a promuovere pratiche che violano il diritto internazionale e i diritti umani, pertanto aziende e Stati dovrebbero valutare seriamente se le loro attività siano collegate ad atti illeciti commessi da Israele“.

E infatti l’inchiesta è andata a bussare alle porte delle aziende che hanno esportato cani verso Israele. Sebbene la pratica di esportazione sia legale, queste esportazioni non vengono classificate come “beni materiali” o “a doppio uso”.

Tra le varie realtà interpellate, viene posto l’accento sull’azienda tedesca Diensthunde.eu, la quale ha confermato di aver esportato dei cani in Israele tra il 2020 e il 2024, ma nega che siano stati utilizzati per “scopi di protezione o offensivi“: i loro cani sarebbero usati per rilevare esplosivi e stupefacenti.

Sul caso è stata interrogata anche la Commissione europea, la quale ha ammesso di non essere in possesso di dati relativi a esportazioni di cani militari dall’UE verso Israele. E questo rende il quadro ancora più complesso da definire alla perfezione.

In una dichiarazione riportata dal The Guardian, l’esercito israeliano ha affermato che l’unità Oketz impiega “tutti gli strumenti operativi necessari per affrontare le minacce sul campo, nel rispetto degli ordini vincolanti, dell’etica operativa e del diritto internazionale. Le IDF non utilizzano cani per scopi punitivi o per danneggiare i civili. Qualsiasi utilizzo di cani si basa esclusivamente su una chiara necessità operativa, sotto stretta supervisione e a seguito di un addestramento completo sia per i combattenti che per i cani“.

Infine, l’IDF ha sottolineato che viene data “grande importanza al benessere dei cani operativi, che sono parte integrante dell’apparato di combattimento, e l’unità continua a operare con sforzi costanti per ridurre al minimo i danni a tutti i componenti della forza, compresi i suoi cani“.

Leggi anche: C’è il rischio di una Terza Guerra Mondiale? Quali sono gli scenari

Angelo Andrea Vegliante
Da diversi anni realizza articoli, inchieste e videostorie nel campo della disabilità, con uno sguardo diretto sul concetto che prima viene la persona e poi la sua disabilità. Grazie alla sua esperienza nel mondo associazionistico italiano e internazionale, Angelo Andrea Vegliante ha potuto allargare le proprie competenze, ottenendo capacità eclettiche che gli permettono di spaziare tra giornalismo, videogiornalismo e speakeraggio radiofonico. La sua impronta stilistica è da sempre al servizio dei temi sociali: si fa portavoce delle fasce più deboli della società, spinto dall'irrefrenabile curiosità. L’immancabile sete di verità lo contraddistingue per la dedizione al fact checking in campo giornalistico e come capo redattore del nostro magazine online.

ARTICOLI CORRELATI

Resta aggiornato

Riceverai nella tua e-mail tutti gli aggiornamenti sul mondo di Ability Channel.

 

Carrozzine per disabili: tutto quello che c’è da sapere

Contenuto sponsorizzato