Vediamo la diagnosi della Sindrome di Down, così chiamata dal nome del suo scopritore, il medico inglese J. Down, è una malformazione congenita dovuta ad una anomalia cromosomica che si verifica nel momento del concepimento: ciò che avviene è che ai 23 cromosomi maschili e ai 23 femminili si va ad aggiungere, erroneamente, una copia in eccesso del cromosoma 21. Si crea così una anomalia genetica che condiziona tutta la vita del nascituro, con vari tipi di problemi. Problemi che tendono ad accentuarsi con lo sviluppo e la crescita.
L’influenza dell’età genitoriale
Ad oggi grazie ad opportuni test di screening prenatali, è possibile avere una diagnosi della sindrome di down per tempo e con notevole anticipo. E’ stato accertato che la presenza della sindrome nel nascituro ha una significativa connessione con l’età dei genitori e della madre in particolare; infatti in genere il rischio aumenta con l’aumento dell’età materna, soprattutto dal superamento dei 35 anni in poi.
Gli esami più comuni
La diagnosi prenatale più praticata è l’amniocentesi, un esame che consiste nel prelievo di un campione di liquido amniotico al fine di studiare le cellule fetali contenute al suo interno alla ricerca di eventuali anomalie cromosomiche. Trattandosi di un esame invasivo, seppur minimo il rischio di aborto esiste, ed è per questo che alcune gestanti preferiscono non sottoporvisi.
Un caso differente rappresenta invece l’Inghilterra, dove l’amniocentesi è praticamente obbligatoria per le donne in stato interessante e con un età superiore ai 35 anni.
Sebbene l’amniocentesi sia l’esame praticato più di frequente, esistono altri metodi diagnostici che permettono di accertare o meno la presenza della Sindrome di Down:
- lo screening conosciuto con il nome di Triplo Test, che consente la possibilità di rilevare circa il 60% di gravidanze sospette;
- la biopsia su un campione dei villi coriali, le strutture che costituiscono la parte embrionale della placenta;
- l’ecografia, utilizzata per accertare la presenza di elementi morfologici tipici dei feti che presentano la suddetta sindrome. Questo strumento consente inoltre di analizzare la forma del cranio e la lunghezza dei femori.
Ma la diagnosi non è tutto…
L’uso di tecniche di analisi cellulari o di tessuti o di liquidi unito ad accertamenti con ultrasuoni o con elementi biochimici, ad oggi consente una sempre maggiore capacità di diagnostica prenatale, così da offrire ai genitori la possibilità di valutazioni e scelte difficili e dolorose che è sempre bene che siano prese e condivise con il proprio medico di fiducia.
Purtroppo si deve tenere conto di una situazione molto complessa e dei problemi socio sanitari e neurologici cui le persone Down andranno incontro nel corso della loro vita con tutte le difficoltà che ne derivano. Ma anche se la scienza e la tecnologia mettono a disposizione tutti questi strumenti di indagine, ci saranno sempre genitori che desidereranno non lasciarsi condizionare dalla diagnosi, valutando la vita per il suo vero valore e lasciando che la natura segua il suo corso naturale.
Un metodo innovativo di diagnosi, il Test del DNA fetale
Un gruppo di ricercatori di un’università inglese ha trovato un metodo innovativo per fare la diagnosi della Sindrome di Down nei bambini ancora in stato di feto.
Si è rivelato molto più accurato dei metodi comunemente impiegati ed è meno invasivo: stiamo parlando del test del DNA per rilevare la trisomia 21 o Sindrome di Down. Ideato dai ricercatori dell’Harris Birthright Research Centre For Fetal Medicine presso il King’s College Hospital a Londra, grazie agli studi condotti dal gruppo di studiosi guidato da Kypros Nicolaides, il test è risultato sicuro ed attendibile.
I dati dello studio e i vantaggi che porta
Dallo studio pubblicato su Ultrasound in Obstetrich & Ginecology, arriva la conferma che su 1.005 gravidanze si è prodotto un numero piccolissimo di falsi positivi, ovvero quei casi in cui viene per sbaglio diagnosticata la Sindrome di Down. I falsi sono stati lo o,1% rispetto al 3,4% ottenuto dallo screening combinato, uno dei test più usati rispetto ad altri test come l’ecografia prenatale unita al prelievo della villocentesi, o l’amniocentesi, le quali comportano però un rischio (seppur minimo) di aborto. Un altro vantaggio che porta il cfDNA (il test del sangue per il DNA fetale) è la possibilità di poter anticipare la diagnosi alla decima settimana di gravidanza in confronto alle undici o tredici settimane che richiedono gli altri metodi eseguibili. Nonostante tutti i benefici che potrebbe portare questa scoperta, il test ha sollevato l’opposizione delle associazioni antiabortiste nel Regno Unito e in Germania.
Il test è disponibile anche in Italia.