“A Muso Duro”, la recensione di Martina Caironi sul film su Antonio Maglio

A muso duro” è il film su Antonio Maglio (disponibile su RaiPlay, ndr) andato in onda lunedì 16 maggio 2022 in prima serata su Rai1. Per chi di voi non avesse ancora visto questo film o sentito parlare di lui, Antonio Maglio, beh vi posso dire che probabilmente senza questa persona non sarei l’atleta che sono oggi.

Lui ha portato in Italia, negli anni Cinquanta, la concezione dello sport come motore della riabilitazione post traumatica, inizialmente per i soggetti con lesioni spinali, cosiddetti “paralitici”. Questa terminologia – ahimè – la sento anche oggi che siamo nel 2022, quando ormai le Paralimpiadi sono arrivate ad alti livelli.

“A Muso Duro”, un film che andrebbe diffuso nelle scuole

Dopo “Rising Phoenix“, narrazione dell’origine delle Paralimpiadi, di stampo internazionale e uscito su Netflix, è stato emozionante guardare su una nostra emittente italiana la storia della prima Paralimpiade di Roma 1960. Non ce ne vogliamo prendere totalmente la paternità, in quanto il primo germoglio nacque a Stoke Mandeville, Gran Bretagna, qualche anno prima, su intuizione del dott. Ludwig Guttmann. Quest’ultimo vide nei reduci di guerra delle potenzialità, riconobbe le abilità residue di chi aveva perso l’uso delle gambe e iniziò un percorso riabilitativo basato sull’utilizzo dell’attività sportiva.

A dimostrazione del fatto che l’unione tra i popoli dà origine a grandi imprese, anche in questo caso la collaborazione tra due Paesi ha permesso a una scintilla di diventare un fuoco contagioso. Erano tempi in cui la disabilità era vista come un tabù per la società: chi la viveva in prima persona era spesso un reietto, uno svantaggiato, un “diverso” che mal si integrava con i “normali”.

Erano anche anni in cui la tecnologia si stava sviluppando, ma ancora non esistevano gli ausili così avanzati di oggi. Eppure, con delle rudimentali carrozzine era possibile innanzitutto uscire dalle logiche di assistenzialismo, per cui un disabile doveva dipendere da qualcun altro e non poteva prendere decisioni per la propria vita. Da lì è cominciato tutto.

Cinematograficamente parlando la fiction rende bene quella che può essere stata la storia originale. Il racconto spiega in maniera lineare quale era la condizione delle persone paraplegiche o tetraplegiche in Italia nel post-guerra, condannati ad una vita di vergogna e sofferenza.

L’eroe-protagonista è Antonio Maglio, medico dell’Inail (interpretato da Flavio Insinna) che decide di riscattarli. Poi c’è Stella (Claudia Vismara l’attrice) colei che ne diventerà la moglie (che recentemente abbiamo intervistato proprio in merito al film “A Muso Duro”, ndr) e che ha sostenuto con forza l’avveniristico progetto.

Ho avuto l’onore di conoscere Stella nella vita reale, in occasione del sessantesimo anniversario delle prime Paralimpiadi a Roma: ha ricordato il suo defunto marito con amore e orgoglio. In sua memoria ha ritirato anche il collare d’oro al merito sportivo, consegnatole nel 2018 dal Comitato Paralimpico.

Sono film come questo che fanno riflettere il grande pubblico sui passi che sono stati fatti finora. Credo che dovrebbero trasmetterlo nelle scuole per non dimenticare la storia che ci ha preceduti, perché se oggi troviamo i campioni paralimpici in tv, se ci chiedono gli autografi per strada o se veniamo ingaggiati per delle gare è anche grazie a chi per primo ha voluto credere nelle persone.

Il senso finale che traspare da questa fiction è proprio questo: qualsiasi persona con disabilità è prima di tutto una persona, con sentimenti, paure, forze e spesso tanta forza di volontà in più.

Oggi queste persone sono considerate dalla società come atleti paralimpici. Ogni anno che passa mi rendo conto di quanto lontano andremo, di quanto lo sport paralimpico stia facendo da traino per una rivoluzione culturale volta ad un’inclusione e integrazione in tutti gli altri ambiti.

Ad maiora!

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Martina Caironi
La vita a 18 anni le ha fatto cambiare idea e prospettive in seguito all'amputazione della gamba sinistra. E’ diventata un’atleta paralimpica che ha scritto alcune delle più belle pagine dell’atletica leggera salendo, per l’Italia, sul gradino più alto del podio. E’ componente del consiglio internazionale degli atleti dell’IPC, ha girato il mondo, imparato lingue ma soprattutto è messaggera di positività ed inclusione. Per lei non si deve parlare di disabilità ma di abilità, di quello che le persone possono, devono fare, avendo ben presente gli obiettivi da raggiungere.

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