Sci per disabili, intervista a Paolo Tavian ex Guida di Sci per Ciechi e Ipovedenti

Quanto è difficile sciare per un cieco, lo abbiamo chiesto a Paolo Tavian che per tanti anni è stata una guida di atleti ipovedenti e ciechi di sci paralimpico.

Cosa spinge a diventare guida di un persona con una disabilità visiva?

All’inizio credo che sia la voglia di donare a gli altri qualche cosa, il proprio tempo, la propria disponibilità o anche la propria capacità di fare, per cui, chi scia insegna qualcun altro a sciare e chi corre aiuta qualcun altro a correre. Poi diventa un pò un’ambizione, qualcuno che magari vuole ottenere dei risultati a livello altletico, quindi risultati in qualche specialità, ad esempio nella nostra disciplina nello sci, lo sci paralimpico che viene praticato ormai da tanti giovani in Italia, questo può portare alle Paralimpiadi o ai Campionati del Mondo.

Noi normalente lavoriamo con la base, cioè con ragazzi che vanno a sciare la domenica e che vogliono praticare uno sport e questo sport che è lo sci, ci da la possibilità di stare in montagna a contatto con la natura, qualche cosa di bellissimo, lo è per noi normodotati e sono certo che lo sia anche per qualcuno che è obbligato a stare in una casa chiuso, in qualche città fumosa con nebbia e altre strane cose, la cosa fondamentale delle guide è portare gli altri in un ambiente naturale, portarli a divertisi e questo è fondamentale.

Quanto tempo impega una persona cieca ad imparare a sciare?

Non vedo differenza tra una pesona cieca e un normo dotato, il tempo per imparare a sciare è lo stesso, il medesimo, ci sono delle difficoltà ad insegnare ad una persona che non vede, ma ci sono anche delle tecniche che insegnano a farlo, direi che il tempo è lo stesso, ho avuto esperienza di persone cieche hanno imparato in pochissimo e persone normodotate che hanno avuto grosse difficoltà che poi alla fine si sono arrese, quindi secondo me ci sono delle difficoltà che sono superabili, il tempo è una variabile abbastanza relativa.

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Che tipo di allenamento si segue quindi?

L’allenamento in generale dipende dal tempo che si trascorre sciando, se una persona scia ha la possibilità di imparare questo sport abbastanza velocemente e impara bene, le nostre stazioni sciestiche, ma anche all’estero, sono completamente abbituate ad ospitare ragazzi di questo tipo, lo sono da alcuni anni da quando lo sport ha portato questi ragazzi a praticare l’attività nelle piste, molti anni fa questo era qualche cosa di particolare e di nuovo, qualche cosa di strano che succedeva sulla pista, si vedevano queste coppie di ragazzi sciare e non si capiva bene per quale motivo usassero i megafoni o anche la voce in modo strano, adesso è una cosa chiara a tutti, i ciechi sciano, sciano con delle guide quindi è una cosa fattibile non ci sono difficoltà secondo il mio punto di vista.

La guida precede lo sciatore in pista, che comunicazioni si hanno in gara o in fase di allenamento?

La guida precede al 99% lo sciatore, questa è una tecnica che ha portato negli anni a questa scelta, ci sono stati negli anni dei casi di sciatori ciechi guidati da dietro con sistemi radio, con delle cuffie, ma diventa estremamente difficoltoso, la cosa principale che noi facciamo con le guide è segnalare con la voce, cioè dare quindi un segnale tra virgolette luminoso, con la nostra voce alla persona che ci segue, quindi al cieco o al ragazzo che ci segue, segue questo richiamo che è un “PA PA” nel caso delle guide italiane o un “GET OP” nel caso delle guide tedesche ad esempio, un segnale vocale quindi che indirizza lo sciatore che ci sta seguendo, noi non facciamo grandi discorsi, li facciamo quando saliamo con la seggiovia e con gli impianti, quando spieghiamo quali sono le montagne che circondano le nostre piste, o spieghiamo per esempio se sta nevicando, se c’è un metro di neve fresca, se ci sarà le stallattiti o le stalagmiti, in questo senso noi dobbiamo descrivere, invece quando sciamo non facciamo grandi disquisizioni, semplicemente diamo un segnale uditivo, un segnale verbale al ragazzo che ci segue, normalmente se la guida è preparata e brava normalmente non succede assolutamente niente, tutto fila liscio.

Quali sono le fasi di preparazione di un gara?

Sono la costanza dell’allenamento, quando ci si allena sia uno che sia normodotato, ipovedente o paraplegico, ci sono delle fasi di sacrificio, secondo me il sacrificio sta alla base di tutti i risultati, tanto sportivi ma anche in altri settori.

Normalmente i nostri ragazzi seguono come i normodotati una linea abbastanza comune e cioè quella di entrare in uno sci club, in un gruppo dove ci siano delle guide per poterli portare a fare questo sport, dopo di che si notano questi ragazzi che hanno voglia di proseguire e che hanno voglia di fare anche agonismo, quindi l’animo umano di solito finisce nello sport, specialmente per i ragazzi più giovani, bambini di 6 o 7 anni che voglio misurarsi con altri, e quindi si entra a far parte dei piccoli circuiti agonistici che ci sono come il Campionato Italiano per esempio, questo è il preludio di un entrata di un ragazzo in una squadra nazionale dove poi sarà seguito dai tecnici nazionale che a seconda delle capacità di questo atleta lo porteranno ad alti levelli, quindi la strada è questa, Campionato Italiano è il primo passo per poter entrare in una squadra nazionale che ti segue, che ti allena che ti fa provare tutte le discipline, ti dà una regola e poi da li si parte per coppa del Mondo o Coppa Europa.

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E’ l’atleta che scegli la propria guida, c’è un rapporto di fiducia, deve scattare subito o si deve sviluppare allenare?

Si, non è detto che sia l’atleta che sceglie, potrebbe essere anche la guida che scegli l’atleta, l’importante che dopo questa coppia funzioni, è un pò come il matrimonio in sostanza, i due devono stare bene insieme, devono capirsi devono dare tutto, ed è importante, la coppia non dura un’anno ma dura una decina di anni, le gare portano più o meno questo ventaglio di tempo, per cui è importante che i due caratterialmente siano integrati e abbiano degli obbiettivi comuni, se uno punta alla medaglia anche l’altro deve puntare alla medaglia, non deve esserci la guida turistica e il ragazzo cieco agonista e ne anche il contrario, quindi ci deve essere un equilibrio, è fondamentale in connubio tra i due, devono capirsi senza ne anche parlare.

Ci sono delle scuole che insegnano a diventare guide o ci si arriva con l’esperienza?

Molti anni fa non cerano queste scuole, la scuola era il campo dove ti misuravi con il cronometro e con i risultati, adesso si ci sono delle scuole, tutte le scuole italiane hanno un programma per specializzare i maestri di sci nel settore della disabilità, specializzarli nei tre settori della disabilità, che sono quelle degli amputati e dei paraplegici, e mediante questo grande parco di maestri che abbiamo in Italia e tra questi sono specializzati, c’è la possibilità di praticare questo sport, i maestri vengono formarti da commissioni e gruppi specializzati in questo, che durante l’anno organizzano dei gruppi di specializzazione, quindi è abbastanza un uso comune, per quanto riguarda le guide, la specializzazione avviane in una maniera un po più con l’esperienza sul campo, anche se esistone dei corsi organizzati dal Cip dove partecipano dei ragazzi che anche se non sono maestri di sci, sarebbe preferibbile ma non è una cosa dovuta, questi ragazzi vengono preparati per potor guidare un ragazzo cieco è una cosa molto faticosa, la guida non fa una fatica fisica quanto più psicologica, è una grossa responsabilità portarsi dietro un ragazzo con questa disabilità e in oltre impegna molto anche durante l’anno, quindi uno sacrifica un po del suo tempo, è questo però forse il bene di questa attività.

Ringraziamo Paolo per la bella intervista e lo sciamo bere il suo buon Tè Caldo

Redazione - Ability Channel
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