Rallentare il declino dei muscoli nella Sla

Redazione:

Ricerca di base e ricerca clinica

Rallentare il declino dei muscoli nella SlaLa Professoressa Eleonora Palma del Dipartimento di Fisiologia e Farmacologia dell’Università Sapienza di Roma e il Professor Maurizio Inghilleri del Dipartimento di Neurologia e Psichiatria, sempre della Sapienza di Roma, e a capo del Centro Malattie Neuromuscolari Rare, hanno collaborato facendo una scoperta straordinaria unendo ricerca di base e ricerca clinica applicando le loro rispettive competenze, coinvolgendo un centinaio di pazienti per la sperimentazione. Pazienti del Centro diretto da Inghilleri colpiti dalla Sla, a cui è stato prelevato, con il loro consenso, campioni di muscolo. Ricordiamo che la Sla è una malattia neurodegenerativa dall’esito solitamente infausto che porta a una progressiva atrofia muscolare e alla morte per blocco respiratorio.

Acetilcolina

Rallentare il declino dei muscoli nella SlaLa risposta del muscolo all’aceticolina, una sostanza rilasciata dai motoneuroni e che è all’origine della contrazione muscolare volontaria, in soggetti affetti da Sla è fortemente compromessa perché il motoneurone degenera. Per rallentare soprattutto il declino dei muscoli respiratori, i due ricercatori hanno fatto una scoperta importantissima, cioè hanno impiantato la porzione di materiale biologico del muscolo dei pazienti Sla all’interno di un ovocita della rana sudafricana Xenopus, scoprendo così che la proteina che si trova sui muscoli Sla ha poca sensibilità per l’acetilcolina. Applicando poi una sostanza con proprietà antinfiammatorie, il Pea, hanno stabilito che il muscolo progressivamente atrofizzato dalla malattia può essere trattato e stimolato, diventando così un traguardo terapeutico.

Impact factor

Lo studio è stato pubblicato su Pnas, rivista americana tra le più importanti a livello internazionale, insieme a Nature, che ha una credibilità scientifica altissima.

Rallentare il declino dei muscoli nella Sla

La sofferenza dei pazienti, sentita direttamente, il contatto con queste persone e la loro malattia, ogni giorno motiva questi ricercatori a venire in laboratorio e ogni giorno fa loro pensare che forse stanno facendo qualcosa di utile.

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