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Tutto sulla cannabis: dalla storia alle richieste di legalizzazione

La cannabis è una piante angiosperme a fiore presente nel dibattito internazionale per il suo uso terapeutico. Ecco cosa c'è da sapere

La cannabis è un argomento di estrema attualità, che ciclicamente torna a occupare il dibattito pubblico in Italia (e non solo). Si tratta di un tema abbastanza spinoso, ricco di spunti di riflessione e in grado di inficiare contemporaneamente in diverse aree della società (in primis in campo medico e legislativo). In questo articolo proviamo a rispondere alle domande più importanti.

Che cos’è la cannabis?

La cannabis è una pianta angiosperme a fiore, di altezza variabile tra gli 1.5 e i 6 metri, della famiglia delle Cannabaceae. Per migliaia di anni è stata una pianta medicinale di grande importanza, fino a che diversi Paesi nel mondo hanno iniziato a limitarne la coltivazione, l’uso e il consumo, tanto da dare avvio a quello che oggi viene comunemente chiamato proibizionismo della cannabis.

Contrariamente a quanto si crede, la cannabis non è un oppiaceo, poiché deriva (appunto) da piante di canapa. Inoltre la sua classificazione è incerta: da una parte, infatti, gli esperti riconoscono l’esistenza di un’unica specie, la Cannabis Sativa, la quale a sua volta comprende altre sotto-specie; dall’altra, invece, c’è chi ritiene esistano tre tipologie, cioè la Sativa, l’Indica e la Ruderalis. Per quanto riguarda la tassonomia, ci sono 2 sottogruppi o chemiotipi:

  • chemiotipo CBD, caratterizzato dall’enzima CBDA-sintetasi (cannabidiolo), che contraddistingue la canapa per usi agroindustriali e terapeutici;
  • chemiotipo THC, caratterizzato dall’enzima THCA-sintetasi (delta-9 tetraidrocannabinolo), destinata a produrre infiorescenze e medicamenti.

La categoria di composti più elevata presente nella cannabis è quella dei cannabinodi, che possono avere differenze sostanziali in base agli enzimi derivati dai cannabici principali. A ogni modo, gli stessi cannabinodi sono presenti anche nel nostro organismo, e agiscono sui recettori del nostro cervello influenzando appetito, umore, memoria e dolore.

Che cos’è il THC?

Parlare di cannabis significa parlare di THC, soprattutto a livello legislativo. Come abbiamo visto precedentemente, il THC indica uno chemiotipo che segnala la varietà della pianta destinata a infiorescenze e medicamenti.

È un principio psicoattivo che esercita effetti sul sistema nervoso centrale delle persone, in particolare sulla percezione e l’umore (come euforia e rilassamento). In genere il range di presenza del THC varia dallo 0,2% al 25%, sebbene coltivatori esperti sono in grado di aumentarne il valore, in quanto dipende da diversi fattori: varietà della pianta, scopo della coltivazione, metodi e luogo di coltivazione.

Il THC è al centro di numerosi dibattiti da parte della comunità scientifica, politica e pubblica, soprattutto per valutare con esattezza i pro e i contro della cannabis. Ciò che finora sappiamo è che il THC ha alcune proprietà terapeutiche significative e benefiche, come:

  • Proprietà analgesica;
  • Antiinfiammatoria;
  • Neuroprotettiva;
  • Rilassante muscolare;
  • Antiemetica e antinausea.

Di fatto, la storia della cannabis inizia all’incirca con l’utilizzo di questa pianta per scopi antireumatici e antinfiammatori, ed è proprio il suo uso terapeutico a essere al centro di numerosi scontri politici. Di contro, troviamo effetti negativi come:

  • sonnolenza;
  • secchezza delle fauci;
  • stanchezza;
  • mal di testa;
  • vertigini;
  • disturbi di coordinazione.

Cannabis, marijuana e hashish non sono la stessa cosa

Molto spesso le parole cannabis, hashish e marijuana vengono confuse tra loro, come fossero sinonimi atti a indicare la stessa cosa. Nella fattispecie, non è così. Cerchiamo di capire le differenze sostanziali:

  • La cannabis è il nome di una pianta e esistono diverse varietà;
  • La marijuana è un prodotto, in quanto si ottiene dalle infiorescenze essiccate della pianta, ed è la forma più comune della cannabis, e anche quella meno potente in quanto la concentrazione di THC è bassa;
  • Anche l’hashish è un prodotto, poiché è la resina della pianta essiccata, e la si può riconoscere perché ottiene la forma di un piccolo blocco scuro. Rispetto alla marijuana, la concentrazione di THC è alta, e produce conseguenze più forti;
  • L’olio di hashish è un derivato denso di cannabinoidi ottenuto dall’estrazione con solvente della pianta, il cui concentrato di THC è elevato (e la rende la forma di cannabis più potente di tutte);
  • La cannabis light è così chiamata perché la quantità del THC è bassa o insignificante. In questo caso, però, ad avere un valore alto è il CBD, che ha un effetto rilassante;
  • La cannabis per uso terapeutico viene essiccata, tritata e resa disponibile sotto forma di farmaco galenico (medicinali preparati su richiesta da un farmacista).

Quali sono gli effetti positivi e negativi della cannabis?

A oggi è molto difficile stabilire con certezza scientifica un perfetto bilanciamento tra effetti positivi e negativi o terapeutici e tossici, in quanto la pianta produce tantissime sostanze (metaboliti secondari) di cui finora ne sono state individuate quasi 750 (numero ancora in aumento).

Oltretutto, molte delle varietà oggi esistenti sono ancora poco conosciute, tanto che non sappiamo nemmeno con certezza quali effetti causano sull’uomo. Tra queste 750, più di 65 appartengono ai cannabinoidi, le molecole che agiscono sul corpo umano, e hanno effetto su:

  • pensiero;
  • memoria;
  • concentrazione;
  • percezione sensoriale;
  • dolore;
  • movimento;
  • percezione del tempo;
  • appetito;
  • sviluppo cerebrale.

Per cercare di sbrogliare il bandolo della matassa, nel 2017 la National Academies of Sciences, Engineering, and Medicine pubblicò un report aggiornato che includeva oltre 10mila studi, grazie ai quali venne confermato che la cannabis è un trattamento assai efficace contro il dolore cronico negli adulti con malattie gravi e contro la nausea e il vomito indotti dalla chemioterapia nei pazienti con il cancro. Altre ricerche (complessivamente non definitive) affermano che la cannabis migliori l’appetito e la perdita di peso nelle persone con Aids e migliori i sintomi della Sindrome di Tourette.

Tra gli effetti collaterali, invece, vale la pena sottolineare che sono meno pericolosi sulla salute umana rispetto ad altre “droghe”. A ogni modo, gli effetti indesiderati sono riscontrabili maggiormente a livello psicologico e neurologico, e sono:

  • riduzione della memoria;
  • diminuzione della capacità di pensiero e di soluzione dei problemi;
  • riduzione dei riflessi;
  • alterazione della coordinazione dei movimenti;
  • alterazione del senso del tempo;
  • alterazione della percezione dei colori o dei suoni;
  • alterazioni dell’umore;
  • allucinazioni e psicosi (per dosi elevate).

Possiamo anche individuare effetti nel lungo e nel breve periodo:

  • breve periodo:
    • euforia e risate incontrollabili;
    • alterazioni del tempo e della percezione di suoni e colori;
    • cambiamento dell’umore;
    • distacco dalla realtà.
  • lungo periodo:
    • rilassamento;
    • esperienze introspettive;
    • sonno innaturale;
    • capacità di movimento alterata;
    • difficoltà a ricordare o a concentrarsi.

Cosa può causare il consumo continuativo di cannabis?

Un uso continuativo e non controllato della cannabis può causare dei danni non indifferenti, in particolare:

  • ansia;
  • panico;
  • depressione;
  • disforia;
  • allucinazioni;
  • deliri;
  • schizofrenia;
  • compromissione della coordinazione e dei movimenti;
  • problemi di apprendimento e di memoria;
  • riduzione nel tempo di reazione;
  • psicosi.

Questi sintomi si verificano negli adulti, ma generalmente si tengono sotto osservazione gli adolescenti, in quanto attraversano un periodo della vita nel quale il cervello e le connessioni neurali sono ancora in via di sviluppo. Dunque, un consumo duraturo ed eccessivo di cannabis potrebbe determinare dei danni non indifferenti a livello cerebrale. Inoltre, a livello respiratorio, il rischio principale è dato dalla bronchite e altri sintomi respiratori, mentre non sono stati riscontranti legami tra tumori e cannabis.

Secondo la quinta edizione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM5), si può parlare di Cannabis Use associated Disorders (CUD) quando troviamo comportamenti alterati e clinicamente riscontrabili causati dall’uso eccessivo di cannabis. La situazione diventa grave quando la persona è incapace di limitarne l’uso. I sintomi che ci aiutano a capire la presenza di CUD sono raggruppabili in 3 categorie:

  • desiderio per la sostanza, sviluppo della tolleranza ai suoi effetti e comparsa di una sindrome di astinenza alla sua sospensione;
  • problemi psicosociali provocati dall’uso della sostanza stessa;
  • aumentato uso della sostanza e/o del comportamento associato alla ricerca della sostanza.

Cannabis in gravidanza: cosa c’è da sapere

Assumere cannabis in gravidanza aumenta il rischio di particolari effetti negativi sul nascituro, come:

  • peso più basso;
  • interferenza con il normale sviluppo del cervello;
  • rischio di riduzione dell’attenzione, della memoria e della capacità di apprendimento;
  • problemi a livello comportamentale.

Leggi anche: Perché è difficile fare ricerca scientifica sulla cannabis in Italia?

Che cos’è la cannabis medica o a uso terapeutico

La cannabis terapeutica è un prodotto che, almeno in Italia, può essere realizzata dal farmacista utilizzando la sostanza attiva che si ottiene dalle infiorescenze della pianta. A oggi, tuttavia, non possiamo parlare di una vera e propria terapia, bensì di un trattamento sintomatico di supporto rispetto a quelli standard, nel caso in cui le cure tradizionali non abbiano provocato gli effetti desiderati.

Nel nostro Paese la regolamentazione della cannabis a uso terapeutico è particolarmente stringente. I medici possono prescriverla per uso medico, ma devono essere dei preparati realizzati dal farmacista partendo da coltivazioni autorizzate da un organismo statale. In particolare, possono prescrivere un medicinale a base di estratti di cannabis con l’obiettivo di ridurre sintomi o segni indotti da determinate malattie. A oggi l’impiego è autorizzato per:

  • Alleviare il dolore cronico di tipo neuropatico, come nei casi di lesioni del midollo spinale, sclerosi multipla e SLA;
  • Stimolare appetito nelle persone con Aids, con cachessia, con anoressia nervosa e con tumori;
  • Contrastare nausea e vomito indotti dalla chemioterapia;
  • Combattere i movimenti involontari della Sindrome di Tourette;
  • Contrastare le malattie reumatiche, come artriti, osteoartrosi e fibromialgia;
  • Alleviare la pressione arteriosa nelle persone con glaucoma.

Un piccolo punto di svolta arriva nel 2016, quando l’Italia avvia la produzione nazionale a uso medico della cannabis presso lo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze. Ancora oggi però resta l’unico centro autorizzato sul suolo nazionale, la cui offerta non è attualmente in grado di ricoprire la domanda.

Da questo stabilimento escono fuori l’FM-2 (prima sostanza attiva a base di cannabis, contenente THC 5-8% e CBD 7,5-12%) e, dal 2018, la varietà FM-1 (con diverse quantità di principi attivi). L’Italia permette anche l’importazione di prodotti dall’estero (principalmente dall’Olanda), previa autorizzazione del Ministero della Salute in base alla procedura richiesta dall’art. 2 del D.M. 11-2-1997.

Cannabis terapeutica: come si assume?

Per assumere la cannabis terapeutica ci sono solo 2 modi:

  • per via orale, in forma di tè grazie alla bollitura delle infiorescenze della pianta o assunzione di olio;
  • inalazione dei vapori a seguito del riscaldamento della pianta ad alta temperatura (vaporizzazione).

Per quali patologie usare la cannabis terapeutica?

Fin qui abbiamo visto come la cannabis a uso medico possa risultare un utile alleato per determinate malattie, principalmente con lo scopo di alleviare il dolore e/o i sintomi, soprattutto nei casi di:

Precedentemente abbiamo constatato che esistono diverse problematiche per consegnare una certezza scientifica sulla relazione rischi-benefici della cannabis in determinate patologie. Ciò comporta anche delle problematiche negli studi scientifici. Facciamo qualche esempio.

Cannabis e morbo di Parkinson

Sappiamo che i cannabinoidi hanno proprietà anti-infiammatorie e anti-ossidanti molto importanti, e dunque nelle malattie neurodegenerative come il Parkinson possono determinare un effetto neuroprotettivo contro la perdita neuronale. Ma a oggi, nonostante numerosi test pre-clinici, i risultati non sono ancora complessivamente definitivi per poter autorizzare una terapia vera e propria.

A complicare ancor di più il quadro è la risposta dei pazienti, in molti casi testimoni di miglioramenti della propria salute rispetto al consumo dei farmaci tradizionali. Tutto ciò, però, secondo alcuni esperti, potrebbe essere influenzato dall’effetto placebo, in quanto i pazienti credono di stare meglio perché consapevoli che stanno assumendo cannabis terapeutica. Serviranno quindi ulteriori studi per arrivare a una certezza scientifica.

Cannabis e morbo di Alzheimer

Questa forma di demenza senile è in realtà al centro di alcune cronache interessanti, in quanto nel 2020 l’azienda MGC Pharmaceuticals e l’Università di Notre Dame a Perth (Asutralia) hanno annunciato la sperimentazione del farmaco CogniCann, che contiene THC e CBD in rapporto 3:2. Lo studio sta riguardando 50 pazienti con demenza e Alzheimer di età superiore ai 65 anni, e proverà a capire quali sono i potenziali benefici comportamentali della cannabis.

Cannabis e sclerosi multipla

Dal 2013 l’Italia consente l’uso di Sativex, un farmaco a base di cannabinoidi (composto da THC e CDB) indicato come terapia aggiuntiva per i pazienti che presentano spasticità moderata e grave data dalla sclerosi multipla. Si tratta di uno spray oromucosale che l’Agenzia Italiana del Farmaco ha inserito nella Classe H, cioè a carico del sistema sanitario nazionale.

Cannabis e SLA

Una ricerca condotta tra gennaio 2013 e dicembre 2014 ha dimostrato che la cannabis terapeutica ha effetto sulla spasticità, uno dei sintomi presenti nella Sclerosi Laterale Amiotrofica.

Attraverso la somministrazione di cannabinoidi in spray, che contenevano una stessa quantità di tetraidrocannabinolo (THC) e di cannabidiolo (CBD), uno studio, pubblicato sul Lancet Neurology da un gruppo di ricercatori italiani, ha riscontrato una riduzione del dolore causato dalla rigidità, una riduzione degli spasmi e una migliorata qualità del sonno.

Cannabis e Fibromialgia

Anche in questo caso non ci sono studi che danno una conferma definitiva sugli effetti positivi della cannabis su pazienti fibromialgici. Tuttavia alcuni trial clinici hanno dimostrato che la somministrazione di tale pianta allevia il dolore e agisce positivamente sui sintomi associati alla sindrome, con miglioramento del sonno e della rigidità.

Cannabis ed epilessia

Alla fine di settembre 2020, durante il 43esimo Congresso Nazionale della Lega Italiana contro l’Epilessia (Lice), sono stati presentati alcuni dati che confermerebbero una relazione benefica tra cannabis ed epilessia. In particolare, la somministrazione ridurrebbe la frequenza delle crisi epilettiche dal 40% al 54%, soprattutto nei pazienti con Sindrome di Dravet e Lennox-Gastaut. In questo caso il farmaco utilizzato è stato l’Epidyolex.

Legalizzazione della cannabis nel mondo

A oggi il proibizionismo della cannabis è ancora un ostacolo molto forte per chi vorrebbe legalizzarla, e dunque sono pochi i Paesi nel mondo che hanno deciso di adottare questa pianta come una terapia. Facciamo qualche esempio:

  • Uruguay: nel dicembre 2013 fu il primo Paese nel mondo a legalizzare la coltivazione e la vendita di marijuana, rendendola monopolio di Stato.
  • Canada: è legale per uso terapeutico e ricreativo. Grazie al Cannabis Act del 20 giugno 2018, inoltre, ai cittadini è permessa la coltivazione fino a un massimo di 4 piante a domicilio.
  • Spagna: è legale la coltivazione a uso personale, sia in luoghi privati che nei Cannabis Social Club (luoghi collettivi).
  • Paesi bassi (Olanda): legale in base alla normativa vigente e disponibile nei Coffee Shop.
  • Repubblica Ceca: è legale l’uso terapeutico, è possibile possedere fino a 15 grammi di marijuana, è permessa la coltivazione e l’uso personale, ma n’è vietata la vendita.
  • Germania: legale sotto lo 0,2% di THC, mentre è stato depenalizzato il possesso di modiche quantità (entro i 10 grammi). È anche permesso l’uso per scopi terapeutici con prescrizione medica.
  • Francia: illegale e con pene severe, sebbene il Ministero della Giustizia abbia sottolineato di non procedere con i reati in casi di consumatori occasionali.
  • Australia: è legale per uso terapeutico.
  • Cile: nel 2005 è stato depenalizzato l’uso privato e personale; dal 2014 è consentita la coltivazione per scopi medicinali e ricreativi;al 2015 è legale la vendita di farmaci derivati dalla pianta.
  • Colombia: illegale ma depenalizzata per un possesso fino a 22 grammi, mentre è legale per uso terapeutico. Inoltre si possono possedere fino a 20 piante per il consumo personale.
  • Grecia: illegale, ma con piccole quantità la corte può dichiarare che sono per uso personale.Anche qui è legale per uso terapeutico.
  • Israele: illegale e l’uso medico è autorizzato solo dal ministero della sanità che valuta ogni singolo caso.
  • Perù: illegale ma legale per scopo terapeutico.
  • Polonia: illegale l’importazione, la produzione, la vendita e il possesso, con pene severe che portano alla reclusione in carcere.
  • Regno Unito: illegale, ma recentemente è stato depenalizzato l’uso personale domestico.

Cannabis negli Stati Uniti d’America

Gli USA vivono una situazione così particolare che meritano un breve approfondimento. A livello federale, la cannabis è illegale per qualsiasi motivo dal 1937, a causa del Marijuana Tax Act emanato dal presidente Franklin Delano Roosvelt. Tuttavia alcuni stati interni stanno applicando normative che ne consentano almeno l’uso medico.

Nel novembre 2012 gli elettori del Colorado hanno votato a favore della legalizzazione della cannabis per uso personale, fino a 28,35 grammi, oltre a dare l’ok per le licenze di coltivazione e distribuzione a uso creativo.

Successivamente, l’8 novembre 2016 (il giorno dell’elezione di Donald Trump) il 53% degli elettori del Colorado si è espresso a favore della legalizzazione a uso ricreativo attraverso la Proposition 64. Così facendo, il Colorado ha seguito l’esempio di Alaska, Colorado, Maine, Massachusetts, Nevada, Oregon, Vermont, Illinois e Stato di Washington.

In aggiunta il Colorado e lo Stato di Washington sono diventati anche degli esempi per comprendere al meglio l’effetto della legalizzazione della cannabis nella società. Di fatto, in base a una ricerca del 2016 realizzata dall’organizzazione no profit Drug Policy Alliance, è emerso che:

  • l’uso di cannabis tra gli adolescenti in Colorado è calato del 3,8% fra il 2009 e il 2015;
  • gli arresti per marijuana in Colorado sono calati del 46% fra il 2012 e il 2014;
  • gli incidenti stradali per alterazione non sono aumentati: meno 18% in Colorado fra il 2014 e il 2015, meno 8% nello Stato di Washington fra il 2013 e il 2014;
  • il fisco ha incassato 220 milioni nello Stato di Washington, mezzo miliardo di dollari invece in Colorado, nei primi tre anni.

Cannabis in Italia: cosa permette la legge

A oggi, la normativa sul tema è affidata a due punti:

  • ddl cannabis 242 del 2016, che rese legale la modifica della cannabis sativa, la cannabis light (a baso contenuto di THC, dallo 0,2% allo 0,6%) e la sua coltivazione è consentita in ambito industriale. Per le varietà, invece, bisogna far riferimento al Catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole, ai sensi dell’articolo 17 della direttiva 2002/53/CE del Consiglio, del 13 giugno 2002. L’uso ricreativo, invece, non viene menzionato, e quindi contemporaneamente non regolamentato e non permesso.
  • Testo Unico Stupefacenti (DPR 309/1990), che classifica come pianta da droga qualsiasi varietà di canapa, indipendentemente dal suo livello di THC, riconoscendo l’eccezione solo “per la produzione di fibre o per altri usi industriali consentiti dalla normativa dell’Unione europea”.

Inizialmente, il proibizionismo della cannabis aveva avuto effetti importanti anche in Italia, soprattutto nel campo industriale: la macchina economica industriale basata sulla cannabis aveva subìto dei rallentamenti, soprattutto nella produzione di utensili e per scopi edilizi.

Ora la parziale legalizzazione della canapa industriale ha permesso numerose aziende di trarre un sospiro di sollievo, ma l’incertezza normativa attuale non lascia ancora sicurezza agli imprenditori. In campo medico, dal 2007 la cannabis è legale per uso terapeutico, sebbene non sia né liberalizzata né legalizzata. La legge tuttora in vigore permette solo a determinati pazienti, con determinate condizioni di malattia, di accedere alla cannabis terapeutica. È lo stesso sistema sanitario nazionale a fornirla in 2 modi:

  • tramite lo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze che detiene il monopolio del processo di coltivazione, preparazione e distribuzione alle farmacie sul territorio nazionale;
  • attraverso l’importazione, per la maggior parte dall’Olanda, a cui possono accedere solo i malati gravi che rispondono a requisiti specifici.

Insomma, a oggi è permessa la prescrizione medica della cannabis terapeutica per la terapia del dolore e altri impieghi. Tuttavia si tratta di una ricetta monouso, con una breve durata di trattamento (massimo 3 mesi) e totalmente a carico del servizio sanitario nazionale. Una piccola svolta è stata data dalla sentenza del 19/12/2019, con la quale la Cassazione ha stabilito che non costituisce reato la coltivazione “di minime dimensioni e svolta in forma domestica, attraverso pratiche rudimentali e su un numero scarso di piante”.

A essere permessa invece è la vendita della cannabis light, in quanto la soglia del THC è fissata tra lo 0,2% e lo 0,5%, e quindi non supera il limite della normativa italiana, fermo al momento allo 0,6%. Il consumo di marijuana invece è illegale, anche se decriminalizzato.

Leggi anche: Walter De Benedetto: una storia sulla cannabis terapeutica

A quando la legalizzazione in Italia?

Con il governo Draghi il dibattito politico sulla cannabis è tornato alla ribalta, poiché la delega per le politiche anti-droga è stata consegnata alla ministra delle Politiche Giovanili Fabiana Dadone, di sponda anti-proibizionista.

Facendo diversi passi indietro, però, nel 2019 il senatore Matteo Mantero (M5S) ha presentato il ddl Cannabis Light, una proposta che consentirebbe la coltivazione di 3 piantine di genere femminile nella propria abitazione o in forma associata e il possesso di massimo 15 grammi di marijuana all’interno del proprio domicilio e di 5 grammi all’esterno. Il testo, però, fu bocciato durante il Governo Conte I dalla Lega e da Forza Italia, arenandosi quindi in una fase di stallo.

Ma non è tutto qui, in quanto esistono delle proposte di legge più recenti che vorrebbero modificare alcuni punti legislativi esistente nel nostro Paese. La più nota è quella del deputato di +Europa Riccardo Magi, che punta a depenalizzare le droghe leggere per uso personale e terapeutico.

Per fare ciò, il ddl Magi ha come obiettivo la modifica dell’articolo 73 del Testo unico sugli stupefacenti, che stabilisce pene per chi “coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede, distribuisce, commercia, trasporta, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito, consegna per qualunque scopo sostanze stupefacenti”. Attualmente, le sanzioni prevedono la reclusione da 6 a 20 anni e la multa da euro 26mila a 260mila euro.

Oltretutto, il ddl Magi renderebbe non punibile con il carcere o con sanzioni amministrative chi “anche senza autorizzazione coltiva un numero limitato di piante di cannabis, idonee e finalizzate alla produzione di sostanze stupefacenti o psicotrope destinate a un uso esclusivamente personale”.

Quindi la modica quantità di cannabis passerebbe da attenuante ad articolo autonomo depenalizzato: chiunque verrebbe trovato con pochi grammi, non sarebbe neanche arrestato. Così facendo, il disegno di legge proposto da Magi punterebbe a lottare contro la criminalità organizzata, a distinguere droghe leggere e pesanti, a svuotare le carceri e a liberare tribunali e forze dell’ordine da diversi procedimenti.

Manifestazione organizzata da Meglio Legale a Roma nell’estate 2021

Oltre al ddl Magi, c’è un’altra proposta di legge depositata nel dicembre 2020 alla Camera dei Deputati da Michele Sodano, ex m5s, ora al Gruppo Misto. Con il suo “Manifesto Collettivo“, il deputato vorrebbe legalizzare l’auto-coltivazione, la commercializzazione e il consumo della cannabis, sul modello degli Stati Uniti d’America. L’obiettivo economico è guadagnare un gettito fiscale nazionale di 10 miliardi di euro l’anno.

I dubbi principali non nascono solo dal momento straordinario di pandemia, ma anche dal fatto che il governo Draghi è formato da una maggioranza eterogenea, che comprende svariate forze politiche, tra cui anche la Lega, che il 9 ottobre 2019 ha depositato una proposta sul tema, a firma Riccardo Molinari, che prevede:

  • l’immediato arresto di chiunque coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede, distribuisce, commercia, trasporta, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito o consegna per qualunque scopo cannabis;
  • l’incarcerazione (dai 3 ai 6 anni di carcere e sanzione dai 5 mila ai 20 mila euro);
  • l’eliminazione delle pene alternative al carcere;
  • l’aumento della pena se la persona coltiva o detiene cannabis e il giudice non riscontra la “lieve entità” (dai 6 ai 20 anni di carcere e dai 26mila ai 260mila euro).

Tutto ciò però è rimasto fermo, e così nel 2021 sono scese in campo altre iniziative. La prima è il testo sulla coltivazione domestica della cannabis che tra i vari punti, come ci ha spiegato lo stesso Magi, prevede una riduzione delle pene per i fatti di lieve entità e che la coltivazione domestica per uso personale non deve avere rilevanza penale. Nel settembre 2021 il testo ha ricevuto l’ok dalla Camera.

Infine un’altra iniziativa degna di nota è il Referendum sulla Cannabis, che ha raccolto 630mila firme, ma che nel febbraio 2022 è stato dichiarato inammissibile dalla Corte Costituzionale. Il quesito depositato recitava: “Volete voi che sia abrogato il Decreto del Presidente della Repubblica del 9 ottobre 1990, n. 309, avente ad oggetto ‘Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza’, limitatamente alle seguenti parti:

  • Articolo 73, comma 1, limitatamente all’inciso ‘coltiva’;
  • Articolo 73, comma 4, limitatamente alle parole ‘la reclusione da due a 6 anni e’;
  • Articolo 75, limitatamente alle parole ‘a) sospensione della patente di guida, del certificato di abilitazione professionale per la guida di motoveicoli e del certificato di idoneità alla guida di ciclomotori o divieto di conseguirli per un periodo fino a tre anni;’?”.

Leggi anche: Il Referendum sulla Cannabis Legale riguarda anche altre sostanze

La scatoletta contenente le 630mila firme raccolte con il Referendum sulla Cannabis, nel giorno della consegna in Corte di Cassazione

Ultima modifica: 21/02/2022

Angelo Andrea Vegliante

Da diversi anni realizza articoli, inchieste e videostorie nel campo della disabilità, con uno sguardo diretto sul concetto che prima viene la persona e poi la sua disabilità. Grazie alla sua esperienza nel mondo associazionistico italiano e internazionale, Angelo Andrea Vegliante ha potuto allargare le proprie competenze, ottenendo capacità eclettiche che gli permettono di spaziare tra giornalismo, videogiornalismo e speakeraggio radiofonico. La sua impronta stilistica è da sempre al servizio dei temi sociali: si fa portavoce delle fasce più deboli della società, spinto dall'irrefrenabile curiosità. L’immancabile sete di verità lo contraddistingue per la dedizione al fact checking in campo giornalistico e come capo redattore del nostro magazine online.