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Teoria Gender: cos’è, significato e perché non esiste

La teoria di gener non esiste. O meglio, è un termine ombrello creato dagli ambienti conservatori. Ma cosa significa e com'è nata?

Da diversi anni ormai non si fa altro che argomentare dell’esistenza della Teoria del Gender, di quanto essa sia potenzialmente pericolosa per la nostra società e di come purtroppo sia inglobata nel sistema scolastico italiano, creando confusione nelle menti più giovani riguardo la propria sessualità. Peccato che però non esista.

Di fatto la teoria di gender è una locuzione inventata qualche anno fa da alcuni ambienti per criticare gli studi scientifici di genere, cioè i Gender Studies. Tuttavia parliamo di critiche che non presentano alcun fondamento, ma per lo più si basano su stereotipi e credenze popolari.

In questo approfondimento, capiremo come mai la teoria gender non esiste, perché questo luogo comune si è diffuso così velocemente nella nostra società e perché chiama in causa la Chiesa e le scuole.

Che cos’è la teoria gender e quando nasce?

La teoria gender (nota anche come Gender Theory o Agenda Gender) in sé per sé non esiste, ma qualcuno deve aver pure diffuso l’idea secondo cui siamo di fronte a un’emergenza sociale e scolastica. In base alle informazioni diffuse da Stateofmind, questo neologismo sarebbe nato negli anni Novanta del XX secolo all’interno degli ambienti conservatori cattolici, dove viene sostenuto che esisterebbe un complotto mirato alla distruzione della famiglia tradizionale.

Più nello specifico, in Italia questa espressione, usata come sinonimo di ideologia di genere, sarebbe apparsa nell’estate del 2013 all’interno di associazioni di famiglie cattoliche e ambienti generalmente conservatori, che basano le proprie idee su due rivendicazioni: opporsi all’approvazione di una legge che punisca forme di violenza (sia fisiche che verbali) rivolte a persone omosessuali e transessuali; eliminare qualsiasi tipologia di formazione nelle scuole in tema di genere e tipologie di famiglia. In qualche modo, per esempio, ciò ha portato alla mancata approvazione del DDL Zan.

Siamo di fronte a persone fortemente critiche degli studi scientifici di genere, noti come Gender Studies. Insomma, è termine ombrello fondato sulla retorica e sugli stereotipi, che promulga idee e concetti non veritieri, basati principalmente sulla presunta esistenza di un complotto socio-politico organizzato contro la famiglia tradizionale da parte delle comunità LGBT e dei movimenti femministi.

Attualmente non esiste alcuno studio o conoscenza scientifica che richiami la teoria gender, ma sono semplici visioni falsate e distorte da parte di una fetta della società per contrastare le rivendicazioni dei diritti da parte di altre fette della stessa società.

Altresì questa modalità di pensiero sta contribuendo a creare ulteriori barriere sociali, visto che alimentano odio di genere e discriminazione basate, appunto, sull’identità di genere, promulgando idee e concetti senza alcuna evidenza scientifica o empirica dimostrabile. Anzi, generalmente questi pensieri sono fondati su ideologie per lo più politiche e cattoliche.

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By senencov da envato elements

Gender Studies: cosa sono gli studi di genere?

Li abbiamo nominati poco fa, adesso osserviamo per un momento di cosa stiamo parlando. Secondo quanto viene raccontato dai detrattori, gli studi di genere contribuirebbero alla realizzazioni di emergenze sociali ed educative al fine di sfaldare i principi tradizionali della società.

In realtà i Gender Studies sono qualcosa di molto più complesso e interdisciplinare: essi puntano scientificamente a studiare la mutazione temporale, storica e culturale delle identità di genere e del concetto binario maschio-femmina dato dalla nascita, mostrando come il sesso biologico attribuito alla nascita non sia l’unico aspetto a definirci, ma è necessario tenere in considerazione altri aspetti.

Ciò però non vuol dire che i Gender Studies neghino l’esistenza del binomio del sesso biologico, anzi lo affermano: semplicemente sottolineano che non è l’unica forma concettuale con cui possiamo affrontare l’identità di genere, che invece è un elemento distinto, a cui però dobbiamo altre nozioni. Come sottolinea SINAPSI, oggi i Gender Studies identificano le seguenti definizioni:

  • SESSO BIOLOGICO: il sesso di nascita, dunque maschile o femminile;
  • IDENTITÀ DI GENERE: identificazione della persona come maschio o femmina;
  • RUOLO DI GENERE: aspettative sociali e culturali in base alle quale uomini e donne dovrebbero comportarsi;
  • ORIENTAMENTO SESSUALE: attraverso affettiva, emotiva ed erotica verso persone dell’altro sesso, dello stesso opposto o entrambi.

Da questo elenco possiamo comprendere che gli studi scientifici di genere puntano ad accogliere le numerose differenze umane esistenti, contrastando invece l’omotransfobia, l’omolesbobitransfobia e la misogenia.

La critica contro la (presunta) teoria del gender nelle scuole

La critica principale che viene ricolta alla non-teoria del gender è la distruzione del concetto di famiglia tradizione, al fine di imporre l’eliminazione del concetto di sesso biologico e introdurre all’interno delle scuole un’educazione affettiva e sessuale che minerebbe lo stato mentale dei più piccoli. Si trattano di considerazioni infondate.

Nel campo educativo, l’idea che nella scuola esiste una teoria di gender è di lunga data, e risale precisamente alla Legge 107 del 2015, la Riforma su “La Buona Scuola”, che punta a introdurre maggiore consapevolezza su tematiche come la violenza di genere e la parità dei sessi.

Al momento è difficile spiegare come la legge in questione sia stata profondamente travisata, fatto sta che da quell’anno in Italia si crede che i bambini a scuola vengano indotti a imparare pratiche masturbatorie e a essere influenzati nel loro orientamento sessuale. In realtà non è così.

Anzi, come sottolineato dal comma 16 della normativa sopracitata, quel piano triennale prevedeva “un’offerta formativa” che puntava all’attuazione “dei principi di pari opportunità, promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l’educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni, al fine di informare e di sensibilizzare gli studenti, i docenti e i genitori sulle tematiche indicate dall’articolo 5, comma 2, del decreto-legge14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119”. Insomma, semplice e pura sensibilizzazione.

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Ultima modifica: 09/04/2024

Angelo Andrea Vegliante

Da diversi anni realizza articoli, inchieste e videostorie nel campo della disabilità, con uno sguardo diretto sul concetto che prima viene la persona e poi la sua disabilità. Grazie alla sua esperienza nel mondo associazionistico italiano e internazionale, Angelo Andrea Vegliante ha potuto allargare le proprie competenze, ottenendo capacità eclettiche che gli permettono di spaziare tra giornalismo, videogiornalismo e speakeraggio radiofonico. La sua impronta stilistica è da sempre al servizio dei temi sociali: si fa portavoce delle fasce più deboli della società, spinto dall'irrefrenabile curiosità. L’immancabile sete di verità lo contraddistingue per la dedizione al fact checking in campo giornalistico e come capo redattore del nostro magazine online.