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Che cos’è il Doomscrolling e come possiamo evitarlo

Il doomscrolling è il nostro modo autolesionistico di consumare notizie negative ogni giorno da smartphone e tablet. Come affrontarlo?

Il doomscrolling o doomsurfing (dall’inglese “doom”, sventure, e “scrolling”, scrollare) accentuato dalla pandemia Covid ci sta inevitabilmente trasportando in una spirale di erosione mentale e fisica, risaltata da una quotidianità totalmente cambiata e dalla condivisione di notizie negative. E gli esperti lanciano l’allarme, tanto che nel 2020 il termine è diventato un neologismo nel dizionario inglese.

A oggi siamo di fronte a una pratica non ancora assimilabile come vera e propria malattia, ma è ipotizzabile pensare che presto il contesto si aggraverà. Se le previsioni saranno confermate, il rischio è vivere una situazione simile a quella patita con la Sindrome da Burnout. Proviamo a fare chiarezza.

Che cos’è il Doomscrolling?

Con il termine Doomscrolling viene indicata l’azione compulsiva di consumare notizie negative sui social media attraverso dispositivi di varia natura, in primis smartphone e tablet. Ad esempio la parola “scrolling” si riferisce proprio allo “scrollare“, attraverso l’azione del pollice, informazioni, post, foto e video che vediamo su una pagina Facebook, su un account Twitter, sulla home di Instagram e via discorrendo.

L’origine del Doomscrolling non è recente, in quanto consumare news mediante i social è una quotidianità che abbiamo fatto nostra negli ultimi 20 anni – tanto da risultare persino una pratica ossessiva e compulsiva. A causa della pandemia da Coronavirus, la quale sta fortemente caratterizzando le nostre giornate, oggi siamo di fronte a uno scenario esponenzialmente distruttivo per gli individui, e non solo per chi soffre di ansia e depressione.

Sulla bilancia vanno messi due piatti: da una parte il mondo dell’informazione che punta molto su titoli sensazionalistici e allarmistici (i cosiddetti clickbait), dall’altra il nostro modo di usare (e consumare) tutti questi strumenti che ci permettono di ricevere milioni di impulsi. Al centro l’ago, cioè quegli algoritmi pensati per far tenere le persone attaccate agli schermi.

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Quali sono le cause del Doomscrolling?

Per descrivere bene ciò di cui stiamo parlando, conviene guardare a una nostra giornata tipo. Appena ci alziamo dal letto, la prima cosa che osserviamo sono le notifiche e le notizie provenienti dagli schermi dei nostri smartphone, prima ancora di gustarci una buona colazione o svegliarci con una stimolante doccia.

Dopo di che, durante la giornata, se non ci interfacciamo con questi strumenti proviamo astinenza dalle notifiche push che ci ricordano (angosciosamente e inconsapevolmente) di controllare questi mondi virtuali. In sostanza diventa una pratica quotidiana imprescindibile. E così, accediamo a un sistema di consumo indirettamente auto-imposto e auto-lesivo.

Un circolo vizioso che si ripete anche la sera, prima di addormentarci. L’ultima cosa che controlliamo prima di andare a letto è il nostro smartphone, con il rischio potenziale di intercettare contenuti nocivi per la nostra mente e il nostro corpo.

Purtroppo la nuova quotidianità plasmata dal Covid non ha fatto altro che manifestare un quadro già complesso di suo. Riflettiamo sulla massiccia presenza di questioni sociali e umane, che improvvisamente hanno assunto un valore equivalente: incremento della disoccupazione, società in crisi, sanità al collasso, impossibilità di avere una piena autonomia senza rischiare di contrarre il nuovo Coronavirus.

A tale scenario, va aggiunta anche una condizione di vita abbastanza problematica per tutti. Non è più così semplice compiere alcune azioni abituali come andare a mangiare una pizza al ristorante con amici o andare dal parrucchiere, così come anche una semplice passeggiata in compagnia può risultare complicata e non esente da stress. Oltretutto non sapere quando finirà questa pandemia condiziona moltissimo le nostre aspettative a lungo termine.

Insomma, la vita normale ante-Covid ci sembra un lontano ricordo, e questo accentua maggiormente le problematiche derivanti dal Doomscrolling, con il rischio di essere inghiottiti in un pozzo oscuro senza fondo.

Cosa dice la scienza sul Doomscrolling

Come mai tendiamo a cercare notizie negative? Siamo curiosi, secondo la psicologa Ariane Ling allo Steven A. Cohen Military Family Center del NYU Lanogone Health (USA) al World Economic Forum: “Può essere molto allettante seguire tutti i colpi di scena della pandemia, così come le tensioni nel clima sociopolitico. Sembra che non abbia fine”.

Eppure non si tratta di uno scenario emerso improvvisamente, in quando era ramificato ben prima della pandemia: la ricerca ossessiva di notizie negative era (ed è) il cibo preferito di chi cerca conferme sfavorevoli del proprio ambiente. “Se stai lottando con la depressione – ha sottolineato la dott.ssa Ling -, o pensi che il mondo sia tutto cattivo, ti concentrerai maggiormente su articoli o cose nel nostro ambiente che convalidano quella convinzione”.

Così, con il passare del tempo, il Doomscrolling può determinare delle conseguenze abbastanza gravi sulla nostra salute. A lanciare l’allarme è il Conuseling and Wellness Center of Pittsburgh (CWC) che, attraverso le parole della co-fondatrice Nicole Monteleone, ha riferito alla KDKA quanto le persone siano dipendenti dalle notizie negative: le vogliono, le cercano e le trovano: “Se impariamo qualcosa da una grande cosa cattiva o se cerchiamo risposte, allora possiamo sentirci di controllare il nostro ambiente”.

Gli esperti concordano che tutto ciò comporta ansia, stress e depressione. A confermare certe impressioni c’è anche la dottoressa Candice Biernesser, psichiatra dell’Università di Pittsburgh, la quale ha affermato che esistono delle ricerche che indicano che usare un’ora o mezz’ora i social media prima di andare a letto “può avere un impatto sui disturbi del sonno per tutta la notte” (KDKA).

In base a quanto dichiarato dal Former surgeon general americano, il dottor Vivek Murthy, il Doomscrolling è un’attività decisamente pericolosa e devastante, da cui bisogna uscirne fuori: “Non si tratta solo di disimpegnarsi, ma anche di affrontare l’impatto che ha sulla tua mentalità, che spesso può durare per ore” (New York Times).

Infine, secondo Nicole Ellison, studentessa di comunicazione e social media presso la School of Information dell’Università del Michigan, l’assuefazione e la spasmodica ricerca delle news negative è un “richiesta di elaborazione cognitiva” che ha lo scopo di darci risposte e di trovare un senso a tutto (Wired).

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Come fermare il Doomscrolling

Come abbiamo visto precedentemente, le cause del Doomscrolling possono determinare l’insorgenza di stress, depressione, stanchezza e disturbo del sonno. Come possiamo difenderci? Le operazioni utili a contrastare il Doomscrolling si basano sulla natura stessa delle persone. Se per noi le cattive notizie sono dei veri e propri dolci digitali di cui non possiamo fare a meno, dobbiamo stare attenti a non abbuffarci troppo.

Il neuroscienziato Adam Gazzaley ha proposto 2 step precisi per allontanarci da questo meccanismo autolesivo. Innanzitutto bisogna elaborare un piano di controllo su cosa, quanto e come consumiamo. Un po’ come fare una dieta alimentare: Se vogliamo perdere peso, dobbiamo centellinare cosa mangiamo. Perciò, dopo aver riconosciuto che il Doomscrolling determina effetti negativi sulla nostra persona, bisogna riqualificare il nostro circolo di fruizione della notizia.

Successivamente, sarebbe opportuno redigere delle pratiche da far diventare un’abitudine, come fissare degli appuntamenti quotidiani che non coinvolgano assolutamente l’uso dei social media: fare una passeggiata all’aperto, fissare delle riunioni giornaliere, leggere un libro, disegnare, impegnarsi nella meditazione e così via.

Invece il punto di vista della dott.ssa Ling si concentra sul modo di consumare le notizie. Se proprio non riusciamo a distaccarcene completamente, “allora concedetevi un po’ di tempo, concedetevi il permesso di fare forse mezz’ora al mattino, un po’ durante il giorno, e poi la notte”. Anche perché ci sono dei momenti della giornata in cui siamo sovraesposti: “Scorrere nella notte è un altro luogo in cui le persone sono vulnerabili. Sono stanche, vogliono rilassarsi”.

Al fine di sottolineare le potenzialità nocive del Doomscrolling, la reporter di finanza ed economia globale della M.A. Columbia Journ, Karen K. Ho, ha convertito il proprio profilo in un account dove ricorda ai propri utenti di abbassare considerevolmente la propria attività online.

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Ultima modifica: 25/10/2021

Angelo Andrea Vegliante

Da diversi anni realizza articoli, inchieste e videostorie nel campo della disabilità, con uno sguardo diretto sul concetto che prima viene la persona e poi la sua disabilità. Grazie alla sua esperienza nel mondo associazionistico italiano e internazionale, Angelo Andrea Vegliante ha potuto allargare le proprie competenze, ottenendo capacità eclettiche che gli permettono di spaziare tra giornalismo, videogiornalismo e speakeraggio radiofonico. La sua impronta stilistica è da sempre al servizio dei temi sociali: si fa portavoce delle fasce più deboli della società, spinto dall'irrefrenabile curiosità. L’immancabile sete di verità lo contraddistingue per la dedizione al fact checking in campo giornalistico e come capo redattore del nostro magazine online.