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Sulla Legge 40, da che parte stai?

Nell’ordinamento giuridico italiano la Legge 40 disciplina la procreazione medicalmente assistita. Entrata in vigore il 10 marzo 2004 (quest’anno ha compiuto 15 anni), ancora oggi è una normativa al centro di svariati dibattiti che, di fatto, rendono questo argomento abbastanza complesso da affrontare.

Argomento che riguarda anche la disabilità, poiché inficia su persone con malattie genetiche e sul concetto di eugenetica. Una spiegazione raffazzonata, che abbiamo approfondito con una doppia intervista: da una parte la dott.ssa Filomena Gallo, avvocato e segretario dell’associazione Luca Coscioni, che ha portato avanti numerosi ricorsi legali contro la Legge 40/2004; dall’altra il dott. Giancarlo Cerrelli, avvocato e Consigliere Centrale Unione Giuristi Cattolici Italiani, che difende la normativa precedente gli smantellamenti della Corte Costituzionale.

Da sx: la dott.ssa Filomena Gallo e il dott. Giancarlo Cerrelli

Da che parte sta nei confronti della Legge 40?

Filomena Gallo: “Sicuramente sono dalla parte dei diritti delle persone che hanno bisogno di accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita nel migliore dei modi al pari di quanto la scienza consente in tutto il mondo”.

Giancarlo Cerrelli: “Sono contrario alle tecniche di procreazione artificiale, perché non esiste un diritto al figlio in quanto il figlio non è un bene, come afferma tra l’altro anche la Corte Europea dei diritti umani di Strasburgo. La Legge 40 aveva la scopo di limitare il far west della provetta. Negli anni, però, gli organi giuridici italiani hanno dato inizio, in modo scientifico, a un progressivo smantellamento della normativa, travalicando la funzione politica del Parlamento. Nella Legge sono presenti alcuni presidi a tutela del concepito, ed è l’unica legge in Italia che considera il concepito come soggetto di diritto, al pari di tutti gli esseri umani. Però questi presidi sono posti sotto attacco da quelle forze culturali, sociali e politiche che auspicano lo smantellamento completo della Legge 40, perché portatori di una visione antropologica che pretende che ogni desiderio debba diventare diritto, a prescindere se ciò risponda a un vero bene umano”.

La Legge disciplina che non è possibile ricorrere allo screening genetico per valutare le condizioni di salute dell’embrione. Tuttavia la Corte Costituzionale (96/2015) afferma che tale divieto viola il diritto degli aspiranti genitori a conoscere lo stato di salute dell’embrione. Da che parte sta?

F.G.: “In realtà stabilisce che la coppia può chiedere di conoscere lo stato di salute dell’embrione e prevede che possono essere effettuate indagini cliniche diagnostiche sull’embrione. Questo è previsto per le coppie infertili e sterili. Con la sentenza della Corte Costituzionale, le coppie che abbiamo assistito erano coppie fertili, quindi non avevano i requisiti per accedere alla fecondazione medicalmente assistita, ma portatrici di malattie genetiche. Quindi correvano il rischio di interrompere una gravidanza. Anche per queste coppie è stato stabilito che si può effettuare l’indagine clinica sull’embrione. Nel 2015, la Corte Costituzionale è intervenuta chiarendo che effettuare diagnosi sull’embrione e trasferire in utero i soli embrioni idonei per una gravidanza non significa effettuare eugenetica. E che il medico non è passibile di commettere reato, e decide con il consenso del paziente quali embrioni trasferire per non creare nocumento alla salute della donna. Io sono dalla parte delle indagini cliniche diagnostiche che possono evitare un aborto, un danno alla salute della donna e, quindi, dalla parte della Legge che prevede che deve essere fatta l’indagine genetica”.

G.C.: “Si è aperta la possibilità di una deriva eugenetica. Vale la pena ricordare che la Consulta era stata sollecitata dal Tribunale di Roma a prendere posizione sul diritto della coppia ad avere un figlio sano. La Legge aveva l’obiettivo di porsi come rimedio alla sterilità e infertilità di coppia, e non certo a quello di creare un meccanismo riproduttivo del figlio perfetto. Indicativa è la sentenza della Consulta n. 84 del 13 aprile 2016: la dignità dell’embrione costituisce un valore costituzionale. E, ancora, la tutela dell’embrione non è suscettibile di affievolimento per il solo fatto che si tratta di embrione affetto da malformazione genetica. La Corte ha operato un cambio di rotta, puntando al riconoscimento del figlio sano. Tuttavia, la locuzione ‘diritto al nascere sani’ va intesa nella sua portata positiva. Non significa che il concepito, che presenta gravi anomalie genetiche, non deve essere lasciato nascere. Si potrebbe obiettare, per esempio, che aborto eugenetico e aborto terapeutico sono diversi. A parte quello che dice la Legge, non esiste l’aborto terapeutico. Terapia richiama il concetto di cura, e qui sta il punto: l’aborto è ontologicamente morte del concepito, e non cura. Il pericolo di deriva eugenetica si annida con evidenza nella parte della sentenza in cui è detto, apertis verbis, che la declaratoria di incostituzionalità è sostenuta dal ‘fine esclusivo della previa individuazione di embrioni cui non risulti trasmessa la malattia del genitore’. ‘Previa individuazione’, ‘scelta’, sono termini che non lasciano adito a molti dubbi sul fine selettivo che è sotteso alla eliminazione dell’ennesimo paletto posto dalla legge 40/2004, fine incompatibile con l’art. 6 co. 1, lett. b) della l. 194/78 che, invece, richiama l’indispensabile accertamento dello stato di salute della donna rispetto ad eventuali anomalie del concepito. Chi può affermare che la vita di un bambino affetto da talassemia non è degna di essere vissuta?“.

La normativa dice che l’embrione è un soggetto di diritto, e quindi è vietato il suo congelamento ed è bloccato il numero della sua produzione a 3 per coppia richiedente, tutti impiantati contemporaneamente nell’utero. Però la Corte Costituzionale (151/2009) ha sancito che tutto ciò viola il principio di autonomia del medico e la tutela della salute della donna. Da che parte sta?

F.G.: “Sto dalla parte della Corte Costituzionale. Abbiamo lavorato per arrivare a quella sentenza ed emerge che il medico, con il consenso della donna, operi le opportune scelte in materia sanitaria. Come avviene per tutte le altre specialistiche. E il limite dei 3 gameti fecondabili da trasferire tutti in un’unica volta nell’utero della donna è stato rimosso, è stato cancellato. La Corte Costituzionale ha riportato l’asse delle tutele alla luce della Carta Costituzionale”.

G.C.: “A me sembra che chi sia escluso da una tutela sia l’embrione. Più che soggetto di diritto, come la Corte ipocritamente ha dichiarato, è considerato un oggetto da usare per soddisfare i desideri. L’impianto originario della Legge vietava la crioconservazione. Con la caduta di questo divieto, si è fatta avanti la tesi secondo cui la crioconservazione è giustificata dall’esigenza di evitare la morte dell’embrione. Ed è strano: da una parte vi è l’apertura alla diagnosi preimpianto e alla selezione degli embrioni, dall’altra si afferma la soggettività dell’embrione. Soggettività strana: non solo non consente di decidere senza diritto di replica la sorte dell’embrione, ma addirittura affida l’embrione a una congelazione. Con quali prospettive per l’embrione di continuare il suo processo evolutivo? La crioconservazione è una condizione di sospensione dell’esistenza umana, più vicina alla morte che alla vita. La Corte non ha fatto altro che aumentare il ricorso a questa discutibile quanto disumana pratica del congelamento degli embrioni, peraltro priva di regolamentazione, senza dimostrare coerenza argomentativa. Da qui la domanda: quando gli embrioni congelati saranno tanti da non poter essere mantenuti dal SSN, ne sarà ancora vietata la soppressione?”.

La Legge 40 vieta la fecondazione eterologa (donazione di gameti da parte di terzi). Ma la Corte Costituzionale (162/2014) sottolinea che viola il diritto alla salute e all’autodeterminazione. Da che parte sta?

F.G.: “Naturalmente, sto dalla parte della Corte Costituzionale. Quando abbiamo assistito la prima coppia dove, con il Tribunale di Firenze, abbiamo sollevato il primo dubbio di legittimità costituzionale su questo divieto, eravamo ben determinati affinché si arrivasse alla cancellazione di un divieto illegittimo perché vieta l’applicazione di una tecnica di fecondazione medicalmente assistita, pur consentendo l’accesso alla coppia sterile alla fecondazione assistita. La donazione dei gameti è applicata anche prima della Legge 40, senza particolari problemi, ed è anonima. Ci sono tutte le tutele per i nati. E tra l’altro la Legge da un lato metteva in essere un divieto, dall’altro lato prevede maggiori tutele che sono necessarie e obbligatorie per i nati da fecondazione eterologa”.

G.C.: “A me sembra che più che il diritto alla salute e all’autodeterminazione, sia necessario tutelare il diritto a un figlio di conoscere le sue origini. In questo caso, l’autodeterminazione assoluta mette da parte le aspettative del bambino. Ritengo che la fecondazione eterologa sia negativa. Perché non puntare all’adozione? Si sta verificando che molti bambini che sono in stato di abbandono non sono più adottati, perché molti genitori decidono di farsi il figlio. Ancora non possono scegliere il fenotipo, ma c’è pericolo che si sceglieranno anche il colore degli occhi e dei capelli”.

Inoltre, vieta la ricerca scientifica sugli embrioni stessi. Da che parte sta?

F.G.: “Nel 2016 la Corte Costituzionale è intervenuta sul divieto di ricerca scientifica, chiamando il Parlamento a emanare una legge. Noi siamo per la ricerca scientifica sugli embrioni non idonei per una gravidanza, che attualmente sono crioconservati senza alcuna destinazione. E mentre la ricerca va avanti negli altri paesi arrivando in fase clinica proprio con le staminali estratte da questa tipologia di embrioni, i nostri malati di Parkinson o le nostre persone anziane che perdono la vista non potranno mai accedere a quel tipo di sperimentazioni clinica. Quindi, come avvocato e come associazione Luca Coscioni, siamo per la ricerca scientifica sugli embrioni non idonei per una gravidanza, con regole precise nella piena legalità”.

G.C.: “L’utilizzo e la manipolazione dell’embrione umano come oggetto di ricerca implicherebbe la sua distruzione, in contrasto con l’idea che è un soggetto con dignità di persona. Una sperimentazione, tra l’altro, che dovrebbe passare con il consenso del paziente. E se l’embrione è un soggetto di diritti, una sperimentazione sull’embrione sarebbe illecita, perché – in quanto persona – non può prendere decisione per quanto gli concerne”.

A suo avviso, la Legge 40 ha bisogno di nuove riforme?

F.G.: “La Legge 40 è stata ormai modificata dalle sentenza della Corte Costituzionale, basterebbe eliminare gli ultimi divieti per avere un assetto normativo completo in Italia. Bisognerebbe eliminare il divieto d’accesso per le persone single, per le coppie dello stesso sesso – a maggio ci sarà l’udienza in Corte Costituzionale -, il divieto di gestazione per altri con una norma che disciplini la gestazione per altri e il divieto di utilizzo degli embrioni non idonei per una gravidanza affinché vadano alla ricerca scientifica”.

G.C.: “La Corte Costituzionale ha demolito buona parte della Legge. Alcuni affermano che non si possa tornare indietro, anche se la legge era nata proprio per evitare il far west della provetta. Mi sembra che la Consulta, insieme ad associazioni che propiziano una libertà assoluta anche sulla procreazione, spinga verso la definitiva abrogazione della Legge. Si deve ripensare a una procreazione che non leda innanzitutto l’embrione. Sappiamo che la fecondazione eterologa è stata inserita dal precedente governo nei livelli essenziali di assistenza. Dobbiamo pagare noi chi vuole avere un figlio con la fecondazione eterologa. Credo che bisognerà tornare al buon senso e rispettare la natura, rivedere determinate posizioni che hanno portato il nostro ordinamento in modo non conforme al vero bene umano”.

Ultima modifica: 17/02/2020

Angelo Andrea Vegliante

Da diversi anni realizza articoli, inchieste e videostorie nel campo della disabilità, con uno sguardo diretto sul concetto che prima viene la persona e poi la sua disabilità. Grazie alla sua esperienza nel mondo associazionistico italiano e internazionale, Angelo Andrea Vegliante ha potuto allargare le proprie competenze, ottenendo capacità eclettiche che gli permettono di spaziare tra giornalismo, videogiornalismo e speakeraggio radiofonico. La sua impronta stilistica è da sempre al servizio dei temi sociali: si fa portavoce delle fasce più deboli della società, spinto dall'irrefrenabile curiosità. L’immancabile sete di verità lo contraddistingue per la dedizione al fact checking in campo giornalistico e come capo redattore del nostro magazine online.