Diritti e disabilità

La vita delle persone con disabilità in carcere: cosa sappiamo e cosa manca

In quali condizioni vivono le persone con disabilità in carcere? Abbiamo raccolto dati e testimonianze sparse di questi ultimi anni

E chi ci pensa alle persone con disabilità in carcere? Bella domanda, a cui sembra le istituzioni non sappiano dare una risposta concrete. È quanto emerge da un’analisi collettiva, in cui abbiamo analizzato report, dati e testimonianze. Se in linea generale le persone con disabilità sembrano messe ai margini della società, i detenuti disabili vivono condizioni ancora peggiori.

I dati delle persone con disabilità in carcere

Dopo aver letto il nuovo report dell’Associazione Antigone, “L’emergenza è adesso, basato su 86 visite effettuate negli ultimi 12 mesi negli istituti penitenziari italiani, ci siamo chiesti quali fossero le condizioni delle persone con disabilità in carcere. Ciò che è venuto fuori è un quadro assolutamente disumano.

Innanzitutto, abbiamo contattato l’Associazione Antigone per avere il quadro della situazione, la quale ci ha scritto che il problema principale sta nella mancanza di un censimento completo e aggiornato a livello nazionale dei detenuti con disabilità. Di fatto, non esistono accordi specifici tra il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP) e il Sistema Sanitario Nazionali (SSN) sulla raccolta di dati in merito.

È importante sollevare questo dato, in quanto un piano che prevede un censimento può aiutare la società a comprendere in che modo i detenuti disabili vengono trattati all’interno delle carceri. “Questa carenza rende difficile comprendere la reale portata del problema, pianificare interventi mirati e verificare il rispetto dei diritti di queste persone“, ci scrive Antigone.

In aggiunta, Antigone si è presa la premura di studiare le schede di trasparenza degli istituti penitenziari italiani, con dati all’estate 2025, da cui sono emerse alcune importanti statistiche:

  • a fronte di una presenza al 10 agosto di 62.307 detenuti, questi erano ospitati in 28.881 celle, di cui 427 attrezzate per portatori di handicap
  • Gli istituti meglio attrezzati sono Cagliari Uta (26 camere), Sassari (22), Catanzaro (22), Messina (21), Bari (17), Parma (16)
  • In 98 istituti (circa la metà del totale) non ci sono celle per portatori di handicap

Questo comporta che molte persone con disabilità fisica finiscono per essere detenute in celle non adeguate, talmente striminzite ed affollate da essere invivibili per chiunque, ma che per loro diventano una pena aggiuntiva“, conclude l’Associazione.

Non è la prima volta che l’Associazione Antigone si interessa così da vicino alle problematiche dei detenuti con disabilità in carcere, in quanto già nel 2017 aveva fatto emergere la difficoltà di avere dati chiari e precisi a livello nazionale.

Di fatto, all’epoca veniva riporta un unico grande dato: 628 detenuti con disabilità, un numero ottenuto grazie a una rivelazione unica dell’agosto 2015. Di questi, 345 erano ospitati in sezioni/camere non attrezzate, gli altri 283 invece in zone attrezzate.

Com’è la vita in carcere dei detenuti con disabilità?

Oltre ai dati, è necessario vedere più da vicino come procede la vita di una persona con disabilità in carcere. E, purtroppo, le condizioni sono pessime – ed è già stato più volte enfatizzato come problema reale.

Ad esempio nel 2021 Sandro Libianchi, intervistato nel 2021 a retisolidali.it in qualità di presidente del Coordinamento Nazionale per la Salute nelle Carceri Italiana, spiegò che “Il detenuto disabile è del tutto invisibile, e la sua condizione non gli permette di avere le stesse opportunità del detenuto non disabile: non può fare quasi niente, tra le altre cose non può nemmeno lavorare all’interno né tantomeno avere una retribuzione, e questo è un grosso problema che si traduce con una sofferenza indicibile“.

Un anno dopo RollingStone riuscì a parlare addirittura con un detenuto con disabilità, in quel momento in carcere. In base al suo racconto, all’inizio era entrato nella casa circondariale riuscendo a deambulare con l’aiuto delle stampelle.

Facevo anche riabilitazione con una cyclette – si legge nell’intervista -. Ero anche in grado di vestirmi, svestirmi e andare in bagno da solo. Insomma, ero quasi una persona autonoma. Poi sono stato trasferito in un altro istituto penitenziario“.

Un cambio di sede che ha compromesso l’autonomia del detenuto. “Nel nuovo carcere non ho potuto fare riabilitazione per tre anni e mezzo. Per un po’ ho continuato a camminare, ma senza i giusti esercizi sono finito in carrozzina. E adesso vivo in mano agli altri“.

Cosa dice la legge in Italia sulle persone con disabilità in carcere

E invece cosa dice la normativa italiana in materia? In realtà, c’è poco e niente. Sempre come riportava l’Associazione Antigone qualche anno fa, in seguito alla rivelazione unica di cui vi abbiamo dato conto all’inizio dell’articolo, il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria ha emanato la circolare “La condizione di disabilità motoria all’interno degli istituti penitenziari – Le limitazioni funzionali”, che principalmente parla di barriere architettoniche, formazione e assistenza sanitaria.

E infine abbiamo l’articolo 65 dell’ordinamento penitenziario, che al comma 1 stabilisce che “i soggetti affetti da infermità o minorazioni fisiche o psichiche devono essere assegnati ad istituti o sezioni speciali per idoneo trattamento”.

Veramente troppo poco, se poi consideriamo che la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità prevede, all’articolo 1, di “Promuovere, proteggere e garantire il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali da parte delle persone con disabilità, e promuovere il rispetto per la loro intrinseca dignità“.

Ultima modifica: 22/08/2025

Angelo Andrea Vegliante

Da diversi anni realizza articoli, inchieste e videostorie nel campo della disabilità, con uno sguardo diretto sul concetto che prima viene la persona e poi la sua disabilità. Grazie alla sua esperienza nel mondo associazionistico italiano e internazionale, Angelo Andrea Vegliante ha potuto allargare le proprie competenze, ottenendo capacità eclettiche che gli permettono di spaziare tra giornalismo, videogiornalismo e speakeraggio radiofonico. La sua impronta stilistica è da sempre al servizio dei temi sociali: si fa portavoce delle fasce più deboli della società, spinto dall'irrefrenabile curiosità. L’immancabile sete di verità lo contraddistingue per la dedizione al fact checking in campo giornalistico e come capo redattore del nostro magazine online.