Scienza

Protesi anca – come e quando intervenire

Che cos’è la protesi dell’anca, come è fatta, quando è necessario ricorrervi, quali sono i vantaggi e gli svantaggi? Vediamo nel dettaglio di cosa stiamo parlando. L’anca è una delle più importanti articolazioni che sorreggono il nostro corpo, la quale ha il compito di congiungere congiunge i rispettivi femori delle gambe con il bacino pelvico. La testa liscia e sferica del femore si inserisce perfettamente nella sede naturale dell’acetabolo (detto anche cotile), una cavità a forma di coppa che accoglie la testa femorale; il tutto è avvolto da tessuti legamentosi molto resistenti che rendono stabile questa importante articolazione.

Le possibili alterazioni a carico dell’anca

L’articolazione dell’anca è un tipo di articolazione che per sua natura, dovendo sostenere il peso della parte superiore del corpo, è sottoposta a continue sollecitazioni quotidiane che, soprattutto con l’avanzare dell’età, possono pregiudicarne il funzionamento.

L’artrosi dell’anca

L’artrosi dell’anca è una delle alterazioni a carico dell’anca più diffuse: si tratta di una condizione che provoca intenso dolore dovuto ad un irrigidimento dell’articolazione stessa. La superficie della testa femorale, a causa dell’artrite, può subire alcune alterazioni, diventando porosa e provocando danni a tutto il complesso articolare. L’artrosi dell’anca, in quanto patologia degenerativa, comporta dei danni irreversibili a causa dei quali in molti casi è necessario ricorrere alla sostituzione dell’articolazione compromessa con una artificiale.

La necrosi dell’anca

Quando il flusso di sangue che irrora la testa del femore diminuisce, le cellule che costituiscono il corpo osseo non ricevono più nutrimento e vanno incontro a morte. La condizione patologica caratterizzata dalla morte di tessuto cellulare prende il nome di necrosi, e nel particolare dell’anca conduce ad un collasso della stessa articolazione, incapace di sostenere il peso corporeo. Attraverso una risonanza magnetica, è possibile valutare lo stato della necrosi e la sua gravità.

Come è fatta una protesi all’anca?

La protesi dell’anca non è altro che un’articolazione artificiale progettata per assolvere le stesse funzioni di quella naturale e che viene impiantata chirurgicamente. Chi ne necessita dovrà infatti subire un’operazione all’anca attraverso la quale, un chirurgo specializzato, impianterà l’endoprotesi.

Intervento protesi anca

Per quanto possibile, è bene evitare di impiantare una protesi dell’anca nelle persone giovani, ma in generale possiamo dire che una protesi all’anca si rende necessaria in caso di:

  1. osteoartrosi: causa più comune di dolore cronico all’anca con conseguente riduzione della sua funzione. Si tratta di una condizione la cui frequenza aumenta in relazione all’età, verificandosi in genere in persone di età superiore ai 50 anni. Nelle sue manifestazioni più precoci, l’osteoartrosi tende a presentarsi in quelle persone che hanno praticato sport ad alti livelli, come il calcio: in conseguenza di un elevato sforzo fisico infatti, la cartilagine (quella struttura che funge un po’ da cuscinetto ammortizzatore proteggendo le ossa articolari dall’attrito) può degenerare e logorarsi. Senza la cartilagine, le ossa strofinano direttamente l’una sull’altra andando a provocare quelli che sono i sintomi caratteristici dell’osteoartrosi;
  2. confilitto femoro-acetabolare: condizione patologica che predispone all’artrosi e che si verifica quando la testa del femore, l’acetabolo, o entrambe queste componenti, sono caratterizzate da una forma anomala che va a compromettere il normale meccanismo articolare. Come conseguenza si ha quindi un mal funzionamento dell’articolazione stessa che con il tempo conduce ad usura e quindi ad artrosi;
  3. artrite reumatoide: malattia reumatica caratterizzata da un’infiammazione a carico della membrana che circonda l’articolazione (detta membrana sinoviale), la quale si presenta infiammata ed ispessita. L’infiammazione cronica a lungo andare va a danneggiare la cartilagine, provocando dolore e rigidità. L’artrite reumatoide rappresenta la forma più comune di quelle che vengono definite “artriti infiammatorie”;
  4. artrosi post-traumatica: spesso conseguenza di una lesione a carico dell’anca, come una frattura o una lussazione;
  5. necrosi avascolare: in alcuni casi, in seguito ad una lussazione o una frattura dell’anca, l’afflusso di sangue alla testa del femore può essere limitato, e questa finisce per perdere vitalità andando incontro ad artrosi. Anche alcune malattie o l’assunzione per lunghi periodi di farmaci come il cortisone possono causare la necrosi avascolare;
  6. patologie dell’anca nell’infanzia: anche se ad oggi tali problematiche, grazie ad opportune indagini diagnostiche, sono riconoscibili per tempo, sono ugualmente in grado di comportare, in alcuni casi, una condizione di artrosi in età adulta. L’articolazione coxo-femorale infatti può non maturare normalmente, con conseguente usura precoce delle superfici articolari.

I vantaggi dell’intervento

Ricorrere all’impianto di una protesi dell’anca in caso di necessità, consente alla persona un rapido ritorno alla vita normale e, con una certa cautela, anche alla pratica di qualche attività sportiva. Poi con la scomparsa delle manifestazioni dolorose, si elimina l’uso di medicinali antinfiammatori con i loro danni collaterali. L’intervento non si presenta eccessivamente invasivo e comporta modesti rischi post-operatori..

Le tipologie di intervento

Attualmente esistono diversi tipi di intervento chirurgico ai quali si può ricorrere in caso di necessità di impianto di una protesi dell’anca:

  • in caso di artroprotesi dell’anca, che consiste in una sostituzione totale dell’intera articolazione, l’osso danneggiato e la cartilagine vengono rimossi e sostituiti con le opportune componenti protesiche. La testa femorale danneggiata viene rimossa e sostituita con uno stelo metallico inserito nel centro cavo del femore; sulla parte superiore dello stelo è posizionata una testina in metallo o ceramica che sostituisce la testa del femore.
    Per ciò che riguarda invece la cartilagine, una volta rimossa quella danneggiata, questa viene sostituita da una componente metallica. Delle viti possono essere impiegate per aumentare la tenuta dei vari elementi;
  • l’intervento di endoprotesi dell’anca, consiste nella sola sostituzione della testa o del collo femorale;
  • la protesi d’anca di rivestimento o di superficie, è spesso consigliata nelle persone giovani poiché fa uso di impianti e materiali che consentono una vita più attiva ed un risparmio maggiore di tessuto durante la sostituzione chirurgica dell’articolazione. In questo modo quindi viene sacrificata una porzione minore dell’osso del paziente (in particolare solo le superfici danneggiate) rispetto ad una protesi standard, che viene sostituito con due componenti artificiali di metallo che interagendo tra loro consentono il movimento.
    Di negativo c’è che questo tipo di protesi va incontro ad usura più facilmente, con il rischio potenziale che vengano rilasciati detriti metallici tossici nei tessuti limitrofi;
  • la protesi dell’anca con tecnica mini-invasiva prevede una tecnica chirurgica che come il nome stesso suggerisce è minimamente invasiva, permettendo di non incidere i muscoli ma di distaccarli, con margini di incisione di soli 8 cm. La durata dell’intervento varia da 40 a 60 minuti, a seconda delle necessità del singolo paziente. I vantaggi che questa tecnica comporta sono diversi:
    ° recupero funzionale più rapido;
    ° minori perdite ematiche;
    ° riduzione dell’impiego di farmaci analgesici post-operatori;
    ° migliore estetica della cicatrice.

Cosa accade dopo l’operazione chirurgica

Durante la prima giornata postoperatoria è importante osservare un adeguato riposo a letto, spesso accompagnato dall’impiego concomitante di calze elastiche al fine di prevenire l’insorgenza di problemi circolatori come la trombosi venosa profonda.

Ma già in seconda giornata, ha inizio la fase riabilitativa con il sostegno del fisioterapista, che mobilizzerà l’arto operato portando il paziente, gradualmente, alla posizione seduta. A partire dal terzo giorno post intervento sarà possibile, sempre sotto opportuna guida di uno specialista, riprendere la stazione eretta iniziando il programma di recupero della deambulazione; il tutto ovviamente in assenza di eventuali e specifiche controindicazioni. Inizialmente la deambulazione della persona sarà assistita da opportuni ausili: il deambulatore prima, le stampelle poi.

La fisioterapia è una componente fondamentale anche nella fase post dimissione, in particolare durante le prime settimane dopo l’intervento chirurgico. Qualche dolore durante l’attività così come di notte è comune per molte settimane dopo l’intervento chirurgico, ma in genere la persona torna alla vita “normale” dopo un periodo dall’intervento che varia dalle sei alle otto settimane.

La fase riabilitativa sarà accompagnata da opportuni test di controllo come la visita ortopedica e l’rx, al fine di valutare l’effettivo recupero funzionale.

Una volta tornati a casa, cosa fare?

Per rendere la deambulazione nel tuo ambiente casalingo più facile e priva di rischi, puoi mettere in pratica una serie di accorgimenti che sono in grado di aiutarti nella vita di tutti i giorni:

  • posizionare delle barre di sicurezza o un corrimano sicuro nella doccia, nella vasca da bagno e lungo le scale;
  • rimuovere eventuali ostacoli come eventuali tappeti;
  • predisporre un rialzo del water se si è provvisti di un WC basso;
  • attrezzare uno spazio vivibile temporaneo che possibilmente sia su un unico piano (fare le scale, soprattutto all’inizio, può essere difficoltoso);
  • predisporre un banco doccia stabile o una sedia per la doccia;
  • evitare il contatto della ferita chirurgica con l’acqua fin quando questa non è completamente asciutta e quindi chiusa continuando a bendarla così da evitare l’eventuale irritazione causata da indumenti e/o calze.

Per prevenire la lussazione della protesi ed assicurare quindi un corretto recupero, per le prime sei settimane dopo l’intervento chirurgico sono in genere richieste delle precauzioni particolari:

  • non flettere l’anca oltre i 90° (usare un rialzo sulle sedute);
  • non incrociare le gambe;
  • utilizzare un cuscino tra le gambe, specialmente di notte, così da evitare di introfletterle (finché il medico ne indicherà l’utilità);
  • evitare di flettersi troppo in avanti.

Le nuove frontiere 3D

In alcune cliniche specializzate degli Stati Uniti e della Svezia, si stanno sperimentando tecniche innovative basate sulla riproduzione della testa del femore danneggiata utilizzando stampanti 3D, in grado di ricostruire in modo anatomicamente perfetto la testina e la coppa acetabolare con materiali sempre più resistenti e innovativi. Una nuova frontiera della chirurgia protesica presentata anche durante l’ultima edizione di EXPOSANITA’ a Milano dall’azienda belga Mobelife

Ultima modifica: 19/03/2020

Redazione - Ability Channel

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