Il capitano azzurro – Simone De Maggi

Simone De Maggi, giocatore della Briantea84, è il nuovo capitano della Nazionale di Basket in carrozzina. In questa intervista esclusiva racconta la sua storia di giocatore e di come è stato nominato capitano azzurro.

Il Capitano

“Mi ricordo ancora adesso l’allenamento dove Carlo Di Giusto, il nostro allenatore della nazionale, ha dato inaspettatamente, perché non ci aspettavamo la nuova nomina da capitano. Eravamo a Capo d’Orlando ed era uno dei primi allenamenti che facevamo. Avevamo già iniziato l’allenamento e lui lo stoppò dopo venti minuti, eravamo lì nel cerchio di centrocampo e lui ha dato questa notizia e io dico sempre che è come se un treno mi fosse passato sopra in senso positivo…era così inaspettato che me lo ricordo come un treno che mi ha travolto…volevo chiamare i miei genitori, volevo chiamare la mia vecchia squadra, i miei compagni, per dare la notizia ma la notizia era già sui social e quindi ho trovato il telefono pieno di messaggi e di chiamate…”

“La prima cosa che ho detto alla squadra dopo essere stato nominato – racconta Simone De Maggi – è che, per come la vedo io, bisogna essere dodici capitani di una squadra, tutti devono sentire la responsabilità ogni singolo giorno di indossare la maglia della nazionale”.

“L’esempio che io do è essere me stesso, provare ad unire la squadra nel miglior modo possibile, di risolvere i problemi dello spogliatoio nella maniera più limpida possibile. Penso che la forza di questa nazionale è che siamo un gruppo molto unito, non solamente fuori dal campo ma all’interno del campo”.

“Sicuramente il vecchio capitano della nazionale Matteo Cavagnini è stato per me un punto di riferimento, un punto importante; ma anche lo stesso Galliano Marchionni che ho avuto nella vecchia squadra…loro due sono stati, anche perchè hanno il mio stesso ruolo, dei punti di riferimento importantissimi. Quando giocavo prendevo molto da loro, volevo diventare come loro e sono tuttora importanti…”

Simone De Maggi e lo sport

“Il mio primo sport è stato il baseball – spiega Simone De Maggi – ed ho cominciato a giocare al campetto con gli amici…ho iniziato tardi a 14 anni con il Teramo Basket con una squadra secondaria perché li c’era un settore giovanile importante, a quei tempi c’era la serie A, durante degli allenamenti il responsabile tecnico della giovanile del Teramo Basket, Francesco Rao, mi prese da parte e mi fece questa domanda: tu vuoi diventare un giocatore di pallacanestro o ti vuoi divertire? E io risposi che volevo diventare un giocatore di pallacanestro. Questo settore giovanile faceva anche da serbatoio per la prima squadra della serie A quindi per me era un onore, ero felicissimo di far parte di questo settore giovanile”.

La malattia di Simone De Maggi

“Li abbiamo scoperto la malattia perché anche grazie alla pallacanestro ho scoperto la malattia, perché durante degli allenamenti avevo dei dolori alla gamba e con il fisioterapista cercavamo di risolvere in tutti i modi ma non riuscivamo mai a capire il perché; giocando a pallacanestro si pensa ad una storta, ad una botta…e quindi lo stavamo curando in questa maniera…”

Il basket in carrozzina

“La mia fortuna è stata che vicino alla mia città – afferma Simone De Maggi – vicino Teramo, c’era l’Amicacci Giulianova che mi ha contattato. Io non conoscevo lo sport paralimpico o lo conoscevo in maniera superficiale…di sicuro non ero a conoscenza del basket in carrozzina. Quando ero in ospedale la mia preoccupazione era come gioco a pallacanestro…Mi dissero di non preoccuparmi, ci sono delle protesi speciali per giocare al campetto, ma a me non bastava nel senso che non volevo accontentarmi di tornare al campetto a giocare, io volevo tornare a fare l’agonista, a fare quello che facevo prima. Loro mi chiamarono e mi dissero: perché non vieni a vedere una partita?”

“L’impatto non è stato bellissimo anche perché avevo grosse aspettative ma l’impatto non è stato positivo, quindi mi sono detto che questo non faceva per me…”

“Dopo dieci minuti ho scoperto che la carrozzina non la vedevo più, vedevo solamente degli atleti e poi a maggior ragione quando mi sono seduto ho iniziato a giocare e da li mi sono innamorato e ho riscoperto quello che facevo prima…Sicuramente se non avessi avuto la malattia non avrei avuto questo tipo di vita, infatti, sembra un paradosso, molte volte ringrazio…penso di avere più una bella vita adesso che se non avessi avuto un tumore”.

“Per il momento voglio fare il giocatore di pallacanestro, voglio dedicare tutto il mio tempo alla pallacanestro…”

Ultima modifica: 17/02/2020

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