La scelta di arrendersi…in attesa del Dopo di Noi

dopo di noi

Paolo prima di essere un figlio disabile era un uomo. E uomo era suo padre Luigi, che una mattina ha deciso di farla finita. Ha ucciso il figlio di 51 anni tetraplegico dalla nascita, costretto su una sedia a rotelle e a vivere per buona parte del tempo attaccato ad un respiratore, e poi si è impiccato al balcone di casa. 

Il dramma di Paolo

Che cosa sarà di nostro figlio Dopo di Noi, quando non ci saremo più? Chi se ne prenderà cura? Chi lo assisterà come merita di essere accudito qualsiasi figlio di qualsiasi genitore? Chi difenderà la sua dignità al posto nostro? Queste sono le tipiche domande che più di un genitore si è trovato a farsi nella vita, domande che si sarà posto anche Luigi, per essere arrivato a compiere un atto del genere, un “gesto folle” così come lui stesso lo ha definito in un biglietto lasciato alla sua famiglia.

Dignità. Il vocabolario Treccani conferisce a questa parola il seguente significato: “Condizione di nobiltà morale in cui l’uomo è posto dal suo grado, dalle sue intrinseche qualità, dalla sua stessa natura di uomo, e insieme il rispetto che per tale condizione gli è dovuto e ch’egli deve a sé stesso”. Condizione in cui l’uomo è posto dalla sua stessa natura di uomo. Il vocabolario ci dice che la Dignità è un diritto dell’uomo in quanto tale, senza specificazioni, senza limitazioni. Paolo ha passato una vita in sedia a rotelle ma, cosa più importante, Paolo ha vissuto un’intera esistenza da UOMO disabile.

Probabilmente se potessimo parlare con loro ci direbbero che ci stiamo sbagliando, che la loro non era vita, perché la vita vera è quella che si vive potendosi alzare la mattina dal letto, quella che non ci obbliga, fino ad 88 anni, ad accudire nostro figlio come quando era in fasce. Forse Luigi ci direbbe che il suo è stato piuttosto un sopravvivere, un lottare giorno dopo giorno una battaglia da solo, senza alcun soldato amico al proprio fianco, senza nessuno che gli desse la speranza di poter vincere, nemmeno per un secondo. Forse Paolo condannerebbe il padre per il gesto compiuto, forse sosterrebbe di essere una vittima indifesa che all’improvviso è stata ferita, senza poter reagire. O forse  invece ringrazierebbe il suo papà, se potesse; o quanto meno lo perdonerebbe per quello che è arrivato a fare, o meglio, che è stato condotto a fare sentendosi privo di alternative. Perché è questo paese che ha impedito ad una famiglia come la loro di poter scegliere di vivere, come tutte le altre. Sono il nostro governo e le nostre istituzioni che hanno lasciato Luigi ed i suoi familiari a combattere da soli. Sono i nostri politici che hanno messo un genitore nella condizione di smettere di chiedersi cosa sarebbe stato potuto essere del futuro di suo figlio Dopo di lui, dal momento che ad essergli stata tolta era stata innanzitutto la fiducia nel presente.

dopo di noi Possiamo immaginare che Luigi fosse stanco di aspettare l’approvazione della legge sul “Dopo di noi“, della quale si discute da tempo ma che ancora non ha ricevuto l’attenzione che merita in Parlamento (alcune voci sostengono che verrà approvata il prossimo 3 dicembre in occasione della “Giornata mondiale della disabilità”).

Luigi era un uomo che una mattina ha deciso di farla finita e, dopo aver staccato il respiratore a suo figlio, si è tolto la vita. Paolo prima di essere un figlio disabile era un uomo. E forse questa è stata la sua unica “grande colpa”.

E tu, cosa avresti fatto? Ti senti di condannare il gesto di Luigi o riesci a comprenderlo?

 

 

 

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