Il Nobel e la genetica – Monica Boggioni

La campionessa di nuoto paralimpico Monica Boggioni racconta i suoi progetti per un futuro lontano dal nuoto in questa intervista esclusiva realizzata da Ability Channel in collaborazione con OffCarr, lìazienda leader in Italia delle carrozzine sportive ed ortopediche.

Il Premio Nobel e la genetica

“Il premio Nobel…il premio Nobel è un grande sogno che ho nella mia vita non sportiva nel senso che oltre a nuotare io studio biotecnologie e devo iniziare il secondo anno all’università di Pavia e il mio sogno è quello di specializzarmi in genetica e di curare malattie non ancora conosciute…quindi se mai riuscissi a prendere un Nobel vuol dire che sono riuscita a scoprire qualcosa di importante, di essere riuscita nel mio intento di aiutare qualcuno”.

“Ho deciso di fare genetica nell’estate tra la seconda e la terza media, quando la mia insegnante di scienze, la professoressa Sosso, mi ha dato da fare una ricerca su Gregor Mendel, il fondatore della genetica, e da lì mi sono appassionata a questo ramo della scienza, lei ce l’ha spiegata con molta passione e ho deciso che da grande avrei fatto quello”.

“Spesso mi dicono: vuoi curare la tua malattia? In realtà non è il mio principale obiettivo; la mia patologia non si conosce ancora bene, non si sa da cosa sia dovuta, però io non sto studiando solo per conoscere la mia malattia, magari mi piacerebbe scoprire da cosa è dovuta. In generale…in questo momento…magari l’Alzheimer mi piacerebbe scoprire qualche cura…”

La gara perfetta

“Il DNA è la nostra vita, quello che ci permette di continuare la nostra specie e contiene le informazioni per la sopravvivenza e per la crescita della nostra specie…io nel DNA ho il nuoto…ho il cloro!”

“Non lo so perché in realtà ai miei genitori piace nuotare ma non sono nuotatori…a me piace nuotare, quindi non so da chi l’ho ereditato…magari sono portatori sani!”

“La gara perfetta secondo me è quella gara che senti dal cuore, che hai dato davvero tutto, ti sei sentita bene, ti sei divertita. E’ quella gara che se chiudi gli occhi ti immagini… Per esempio la gara che preferisco sono i 200 stile…quindi la gara peretta è quella di fare la bracciata più distesa possibile, riuscire a spingere il più possibile, respirare il meno possibile, riuscire a calcolare bene la velocità quindi non strappare le prime vasche per poi morire nell’ultima parte, alla fine arrivare decisa più che puoi, toccare prima dell’avversaria, toccare prima di tutte le avversarie…”

“Belle sensazioni vuol dire che vai d’accordo con l’acqua, quindi non ti senti pesante, senti il tuo corpo leggero, ti senti scivolare sull’acqua, senti praticamente tutta acqua che ti avvolge senza ostacolarti; senti la tua mano leggera, che può scivolare, che può spingere…quindi ti senti in assoluta libertà…”

L’emozione del tricolore

“Quando senti suonare l’inno – racconta Anna, la mamma di Monica – l’inno suona per tua figlia è una cosa emozionante…veramente…perchè quando guardi in televisione i ragazzi che vincono, chissà che emozione…magari nel pubblico ci sono i genitori e i familiari…chissà che bello…quando lo provi è veramente un’emozione…il cuore pieno di gioia perché è tua figlia che ha potuto raggiungere quell’obiettivo…e poi soprattutto perché sai cosa c’è dietro…tanto lavoro, tanto impegno e la soddisfazione più grande che lei ha potuto raggiungere, il suo obiettivo che lei ha raggiunto…”

“Sia nello sport che nello studio sei chiamata ad impegnarti, impegnarti in qualcosa che ti piace perché lo sport lo hai scelto tu così come il ramo di studi lo hai scelto tu…ti impegni per dare il massimo e alla fine raggiungere un obiettivo che ti sei posto che nel nuoto può essere vincere una gara invece nello studio, nel mio caso, specializzarmi in quello che mi piace e riuscire nel mio intento di aiutare a curare qualcuno”.

“Adesso è giusto prendere il momento del nuoto e dello sport e mi impegno nell’ambito dello studio per formare le basi e poi so che non potrò gareggiare e ottenere i risultati per sempre perché poi quando uno ha raggiunto una certa età deve scegliere che cosa fare della propria vita e a quel punto mi dedicherò completamente al mio sogno di fare genetica”.

“A me piacerebbe tanto continuare a lavorare in Italia, mi immagino con un camice, in un laboratorio, oppure mi piacerebbe tanto are la consulente genetica nell’ospedale e mi piacerebbe tanto poter fare esperienze all’estero e mi piacerebbe tanto farla a New York o in Australia…”

 

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