Il bullo, la scuola, la famiglia – La storia di Claudio – Parte 2

Seconda puntata de “La storia di Claudio“. Ability Channel incontra lo psicologo e psicoterapeuta Claudio Conti che ricopre anche il ruolo di Presidente del Consiglio d’Istituto della scuola del piccolo Claudio. Si prende in esame la figura del bullo e della sua famiglia, il ruolo della scuola e il rapporto con e tra i genitori.

Il bullo

“Un bullo è un bambino che sta nella tua classe, pensa di essere più in gamba di te, più forte di te…ha questa sorta di supponenza, questa sorta di capacità di sfidarti e lui trae identità dal fatto che è più grande di te, più forte di te, ti può schiacciare. Io esisto nella misura in cui tu sei fragile, tu sei debole, tu sei handiccapato, tu sei incapace di essere forte come me…”

“Molte volte questi bulli sono stati a suo tempo bullizzati, nel senso che all’inizio della loro esperienza scolastica o sociale sono stati oggetti di bullismo e poi pian piano scoprono che questa è un’identità plausibile per loro…”

“Ho conosciuto bulli che forse a 13, 14, 17 anni si sono chiusi in casa perché non avevano più una capacità di relazionarsi con il mondo se non in quel mondo e quindi non trovavano più una corrispondenza a meno che non avessero continuato ad esagerare in questo ruolo.”

La famiglia del bullo

“Spesso ci sono dei genitori che, per certi versi, sono assenti ma dall’altro si fanno sentire, per esempio nel versante paterno ma non escluderei nemmeno quello materno in cui tu vedi che viene passato il messaggio che questo essere duro, supponente, apertamente sfidante è un modo per stare a questo mondo…ed è un modo falso, un modo finto, un modo auto ingannante in cui non c’è la serenità, il confronto, l’appartenere agli altri, l’essere diretti, l’essere espliciti…”

“Questa crisi economica ha portato probabilmente a genitori senza una identità forte di tipo lavorativo, di tipo sociale, per cui se la costruiscono…diventano anche con un giovanilismo eccessivo, per cui tutto questo viene passato ai figli come l’unico modo per entrare nel mondo per interagire con gli altri e poi non escludiamo tutto ciò che è legato alla violenza…il bambino bullizzato spesso può essere stato un bambino abusato in termini di botte oppure può aver visto scene di botte, di papà per esempio verso la propria compagna…”

L’esclusione di Claudio

“Claudio si difende un po’ evitandoli, facendo finta che non ci sono, trovando delle strategie di evitamento appoggiandosi all’adulto che in quel momento si sta occupando di lui, può essere l’insegnante di sostegno così come l’insegnante titolare della classe. Questo evitare significa però che io non sto nel contesto della creatività, nel momento in cui io apprendo, io sono incluso nella storia dell’apprendimento, nella narrazione di questa classe”.

“Quello che andrebbe fatto è un’inclusione in cui lui deve trovare la sua creatività, il suo punto di interesse, cioè lui deve essere importante nel gruppo dei pari che sta creando quella cosa, lui deve essere riconosciuto”.

L’emotività

“Io considero che nell’apprendimento la componente emotiva è essenziale…se io non ho emozioni nell’apprendere chiaramente diventa un apprendere ripetitivo, ha un tempo corto, una memoria corta e sparisce perché non è supportato…”

“La formazione dei docenti non deve essere una formazione di tipo psicologico necessariamente, il tecnico è importante nella misura in cui può dare delle spiegazioni più tecniche, però il tecnico non agisce in termini di reazioni emotive con il bambino, è li che si gioca tutto: l’insegnante lavora in un rapporto emotivo molto forte…”

La scuola e la famiglia

“Noi dobbiamo in qualche modo anche trovare dei punti d’accordo tra le famiglie, quello è un nuovo contratto, un ‘new deal’ che permetta di fare interagire queste due componenti essenziali per l’educazione del bambino. C’è un eccessivo egoismo a volte delle famiglie a mantenere delle spiegazioni, a dare delle definizioni del proprio figlio e dell’intoccabilità dello stesso, come se dovessimo proteggerlo; e spesso anche a non riconoscere all’insegnante qualità, capacità e non gestire una relazione nei tempi lunghi ma avere delle sequenze in cui viene praticamente subito criticata o in base ad un metodo o in base ad un intervento…”

“Noi rappresentanti dei genitori all’interno del consiglio d’istituto abbiamo richiesto più volte progetti che lavorino sulle emozioni dei ragazzi…il docente che lavora su un piccolo gruppo in questione oppure sul gruppo intero e sappia gestire ad esempio la conflittualità. Ci sono in questo momento delle proposte che la preside sta raccogliendo che vanno proprio in questo senso: ci sono due progetti che vedranno il prossimo anno esperti entrare nelle classi insieme ai docenti per creare dei momenti e delle iniziative in cui cominciamo a parlare di emozioni, di creatività e di tutto quello che fino ad ora è stato un po’ dimenticato”.

Vivere in una piccola comunità

“La difficoltà deriva poi dal fatto che viviamo in una comunità dove tutti ci conosciamo, sparisce un po’ la parte tecnica ed aumenterebbe di fatto la parte della convivenza quotidiana, per cui c’è il rischio che se la cosa non funziona in termini di risoluzione del conflitto all’interno della classe questo poi possa essere portato all’esterno e possa creare divisioni visto che parallelamente noi dobbiamo lavorare anche ad incontri con i genitori. Questa è una proposta che abbiamo fatto alla direzione didattica che è quella di ricordare innanzi tutto che noi abbiamo in rapporto con i genitori, cioè la scuola, un patto di corresponsabilità che li vede in condivisione. Oltre a quello di creare dei momenti in cui i genitori si confrontano e si chiariscano di fronte alla preside o di fronte a qualcuno che sappia mediare i conflitti in modo che si esca da quell’incontro senza difendere necessariamente il proprio figlio o difendere il bullo o difendere eccessivamente quello che è stato bullizzato. Facciamo in modo che il bullo smetta di essere bullo e che il bullizzato abbia una situazione migliore”.

Credere nei progetti della scuola

“C’è un fenomeno strano in cui i genitori cominciano ad intravedere scenari di partenza dalla nostra comunità per portare i ragazzi da altre parti…io direi a questi genitori di accettare i progetti che in qualche modo nel prossimo anno, anno e mezzo cercheremo di montare e accettare quello che la direzione didattica proporrà e andiamo all’incontro, andiamo al new deal, al nuovo contratto genitori-scuola”.

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