Nel 2013 possiamo in Italia “vantare” una medicina inaccessibile!!

Studi medici irraggiungibili

abilitychannelPerché le donne con disabilità non possono usufruire dei servizi di ginecologia? Vi sembra possibile che si permetta che le barriere architettoniche e non solo renda inaccessibile la medicina più importante per la donna? Ebbene si! Ce lo rivela un’indagine del coordinamento Gruppo donne Uildm che ha esaminato 61 strutture ed enti sanitari pubblici in varie province italiane attraverso appositi questionari mirati a rilevarne l’accessibilità.
Lo studio evidenzia che alle volte non riescono nemmeno a entrare nello studio medico: per  una rampa di scale o una porta troppo stretta che non lascia passare la carrozzina.
E consideriamo che  solo il 42,6% degli enti coinvolti dispone di un CUP (Centro unico di prenotazione), strumento indispensabile perché facilita l’orientamento degli utenti tra i vari servizi.
Per non parlare del fatto che spesso gli spogliatoi non sono sufficientemente grandi (solo il 38,3% delle strutture che effettuano visite ostetrico-ginecologiche dispone di uno spogliatoio abbastanza ampio da consentire il movimento di una donna in carrozzina e di un assistente) che il  lettino ginecologico non è adatto (solo il 28,33% dispone di un lettino per le visite ostetrico-ginecologiche regolabile in altezza, quindi inaccessibile a chi si trova in sedia a rotelle) e che il  personale medico non è formato a relazionarsi con una persona con disabilità (nella maggioranza dei casi, il  56,6%, ad aiutare la paziente ci sono due infermieri o ausiliari che provvedono ad aiutarla a salire sul lettino per le visite).

Quindi che fare?

Chi se lo può permettere paga per una visita privata (qualche volta a domicilio) mentre troppe donne sono costrette a  rinunciare  a curarsi.
La prevenzione, tema così importante per la salute delle donne,  per molte, resta un sogno!
“L’accesso ai servizi sanitari è un diritto”, concludono i curatori del rapporto. E se ancora oggi molte donne con disabilità non riescono ad accedere ai luoghi e ai servizi sanitari non dipende dal fatto che abbiano una disabilità, “ma dalla circostanza che spesso questi luoghi e servizi sono progettati per un  unico standard di riferimento: il paziente sano”.

 

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