Al bar del Montecatone Rehabilitation Institute prendiamo un caffè con Massimo Renzi, un educatore professionale che si occupa del reparto integrazione di questa importante struttura riabilitativa che sorge nei pressi di Imola, a pochi chilometri da Bologna. Massimo Renzi fa una panoramica dei servizi, facoltativi, di cui possono usufruire i pazienti del centro di Montecatone.
Il Montecatone Rehabilitation Institute è un Centro di riabilitazione per persone disabili con lesioni spinali e cerebrolesi. Al suo interno ci sono diversi reparti ognuno dei quali svolge uno specifico compito stabilito all’interno di un percorso completo riabilitativo, come l’Area Critica, la Terapia Occupazionale, l’Area Acuti e l’Area Post Acuti. Opera al suo interno uno staff composto da medici, fisiatri, intensivisti, fisioterapisti, tutte persone altamente qualificate che sono in continuo aggiornamento sui metodi e le tecniche di riabilitazione dei pazienti affetti da queste gravi disabilità.
Montecatone Rehabilitation Institute: Le Attività Socializzanti
“Tra le attività di cui mi occupo – spiega Massimo Renzi – una in particolare è quella di seguire i pazienti durante i momenti in cui frequentano le attività socializzanti che sono collocate al terzo piano della struttura dove oltre a godere di uno stupendo panorama possono usufruire dei computer per collegarsi anche con casa e molti lo fanno con Skype visto che vengono da posti lontani. Noi abbiamo negli ultimi tempi soprattutto molti stranieri e hanno l’occasione appunto, come dice la parola stessa, di socializzare un po tra loro e un po con altre figure presenti sempre al terzo piano, servizio civilisti, Roberto che è un operatore che segue proprio i pazienti dal punto di vista anche delle necessità per il collegamento o per una partita a scacchi, per altri giochi di società”.
Montecatone Rehabilitation Institute: Una Attività Spontanea All’Interno Del Percorso Riabilitativo
“Questa è un’attività – prosegue l’educatore Massimo Renzi – che si colloca nel progetto riabilitativo in forma spontanea, nel senso che nessuno, diciamo così, obbliga i pazienti a farla, obbliga di strutturare questo tipo di percorso. Il paziente sa che c’è questo tipo di opportunità e quando sente la voglia, il bisogno, o anche che è arrivato il momento di fare questo tipo di passaggio…su…diciamo dalle nostre parti…lo fa”.
“Questo non toglie che quello che fa al terzo piano venga poi in qualche modo segnato, non che venga osservato per poi riportare quello che accade in maniera estremamente dettagliata…proprio perchè il paziente si sente estremamente libero di fare quello che vuole. Tuttavia – conclude l’educatore Massimo Renzi – si tiene conto del momento, ad esempio, in cui decide di venire al terzo piano…delle cose che fa, che preferisce fare…se preferisce chiudersi, diciamo così tra virgolette, davanti al computer o se mai richiede di giocare con altri… perchè questo da un po comunque un po il polso, l’andamento del suo percorso all’interno della nostra struttura”.
