Mio figlio…una freccia da Oscar! – La storia di Francesco Tomaselli

Francesco 01Ha 10 anni Francesco Tomaselli quando incontra il tiro con l’arco per la prima volta. Da quel momento non solo cambierà la sua vita, ma anche quella dei suoi genitori. Questa bella storia è stata da noi rielaborata e reinterpretata sulla base di fatti reali e raccontata dal punto di vista di una mamma che finalmente comincia ad intravedere un futuro migliore per suo figlio…

Sola contro il mondo

Francesco aveva già provato altri sport prima dell’arco, ma con ognuno di essi era sempre arrivato un momento in cui si era reso conto di avere un limite oltre il quale non poter andare, quell’attimo in cui tutto il suo entusiasmo e la sua voglia di fare, di dimostrare a sé stesso ed alla sua famiglia di essere in grado di farcela, venivano spazzati via, senza nessuna pietà, nemmeno per un bambino. E non c’è niente di più atroce per una madre che sentirsi impotente, incapace di poter fare qualcosa per aiutare il proprio figlio, lenire il suo dolore. Ma MIO figlio è in sedia a rotelle, e purtroppo non c’è amore che tenga, di fronte a questo. Tutto quello che ho sempre potuto fare, insieme a mio marito, è stato stargli vicino, cercando di rendere la sua vita un po’ meno difficile, facendogli credere che anche il suo futuro poteva essere bello, come quello di tutti i suoi compagni di scuola. In alcuni momenti mi sono sentita svuotata, completamente sola a remare contro il mondo; un mondo in cui nemmeno la scuola può essere un punto di riferimento, anzi. Spesso è proprio da lì che sono arrivate le delusioni e le frustrazioni più grandi, situazioni che ancora oggi si verificano e che fanno sì che quel bel visino di mio figlio si adombri, diventi triste.
E tu incassi un altro duro colpo, ancora impotente. Perché la classe di tuo figlio ha deciso di andare a fare una gita in catamarano, ma lui è in sedia a rotelle, e non ci sono i mezzi e le strutture che gli consentano di vivere un’esperienza come tutti i ragazzi liceali della sua età. Te lo vedi tornare a casa, a testa bassa, avvolto da un velo di silenzio.
France’ che hai, è successo qualcosa a scuola?”
Sono parole che rimbombano echeggiando, come quando ti trovi in montagna e cominci ad urlare solo per sentire la forza della natura dare un seguito alla tua voce. Ma le mie parole sembrano non contare nulla di fronte a fatti del genere; io, che sono sua madre, non ho il potere di fare nulla. E’ straziante, mi frantuma il cuore.

La freccia ha fatto centro

Francesco 02E’ cambiato qualcosa, un giorno. Francesco all’età di 10 anni è tornato da scuola in preda all’entusiasmo e all’euforia, dicendomi: “Mamma, la scuola organizza un corso di tiro con l’arco, voglio partecipare anche io! Posso, posso?”
Ci ho messo qualche secondo a rispondere, ero spiazzata: non volevo certo disilluderlo, ma la paura che potesse ricevere un’altra delusione era grande, enorme. Mi sono limitata ad accettare di andare alla riunione che si sarebbe svolta due giorni dopo, sicura che gli istruttori ci avrebbero spiegato che Francesco non avrebbe potuto partecipare “a causa della sua situazione“. Ma le sorprese dovevano ancora arrivare.

Francesco poteva partecipare, e gli istruttori da subito si sono mostrati molto disponibili nei suoi riguardi. Il Presidente della società organizzatrice ha comprato persino un arco apposta per lui, perché quelli dei suoi compagni erano troppo grandi per un bambino in carrozzina. Alla fine del corso hanno organizzato una gara interna alla quale Francesco ha totalizzato tre punti, ricevendo poi un attestato di partecipazione. Io e mio marito abbiamo pensato che a quel punto, sarebbe finito tutto.

“Mamma, voglio essere come Oscar”

Francesco 03Passa qualche mese ed arriva il tempo delle Paralimpiadi. Francesco è curioso, le segue attento cominciando a rendersi conto che ci sono tante persone che sono disabili come lui e che, nonostante questo, possono eccellere in qualcosa, come il tiro con l’arco. La conquista dell’oro di Oscar De Pellegrin a Londra riempie il cuore di Francesco di gioia e di speranza, vuole ricominciare ad allenarsi, tenere l’arco tra le mani, scoccare le sue frecce.
Io, mamma Roberta, mi fermo di nuovo, immobile ancora una volta. Gli istruttori avevano spiegato a me e mio marito che Francesco avrebbe sì potuto allenarsi, ma senza partecipare alle gare, sempre “per via della sua situazione“. Volevo prendere tempo, sperando che l’interesse andasse scemando in modo da non ferire le sue aspettative. Ma Francesco nelle cose che ama ci mette il cuore, e alla sua passione non è riuscito (o forse semplicemente non ha voluto) a porre un freno. Dopo qualche giorno è già al computer a mandare una mail alla Federazione Italiana di Tiro con l’Arco per fare i complimenti ad Oscar e raccontargli un po’ di lui, della sua voglia di intraprendere questa disciplina sportiva.

Ho pensato ancora una volta che quel gesto non avrebbe avuto seguito, ma nel frattempo io e mio marito abbiamo deciso di assecondare la passione di Francesco comprandogli l’arco e tutto l’occorrente necessario per iniziare, finalmente, i suoi allenamenti. Non era più nella pelle, il mio bambino. Finalmente con un bel sorriso stampato sulle labbra. Ed io, la sua mamma, sono riuscita a fare un respiro di sollievo. Mi mancava quella sensazione.

500 km

Francesco e Oscar Nel frattempo Francesco passa in prima media, sembra che la sua vita stia pian piano prendendo forma. Va a scuola, fa sport, ha l’opportunità di conoscere ragazzi che vivono la sua stessa condizione, inizia a sentirsi inserito in qualcosa di cui far parte, insieme agli altri.
Un pomeriggio mentre è a casa a fare i compiti squilla il telefono, ed una voce del tutto inaspettata (forse soprattutto per me) si fa largo nella cornetta: il campione, Oscar De Pellegrin, vuole parlare con MIO figlio. Proprio lui. Dopo aver letto la mail di Francesco si era incuriosito e voleva conoscerlo di persona. L’emozione di “Checco” (questo è il soprannome di Francesco) è palpabile, la gioia mia e di mio marito indescrivibile.
Dopo qualche mese in cui si sono scambiati delle email, Oscar gli disse che l’8 giugno sarebbe stato a Reggio Calabria e che in quell’occasione avrebbe avuto piacere di incontrarlo. La felicità di mio figlio ha spinto me e mio marito a fare 500 km per conoscere il suo grande idolo. Ancora oggi ringrazio me stessa di aver preso quella scelta, che inaspettatamente ha cambiato la vita di Francesco, e quindi anche la mia.

Felicità e rivincite

Francesco 04Oscar ed lo staff della Federazione avanzano verso di noi; fra quelle persone c’è anche il tecnico “Willy” Fuchsova nonché coach di Oscar durante lo shoot-off a Londra e Andrea Lucchetta, che si presta a fare una sfida con Francesco.

Una giornata indimenticabile all’insegna di sorrisi e spensieratezza, una giornata felice di cui aveva bisogno tutta la nostra famiglia. In quella occasione Oscar ha invitato Francesco ad assistere ai futuri Campionati italiani Para-Archery che si sarebbero tenuti a fine giugno. E così siamo partiti, di nuovo.
Una volta tornati a casa Francesco ha ripreso subito gli allenamenti, sempre più determinato a migliorare i propri risultati. Sono iniziate le prime gare anche con ragazzi normodotati, e con esse sono arrivate le prime medaglie. Alla successiva stagione indoor, durante i Campionati Italiani Para-Archery di Zola Predosa, Francesco ha conquistato il secondo posto, e da quel momento si è cominciato a parlare di formare una squadra giovanile della quale avrebbe dovuto far parte.

Ad agosto è arrivata la prima convocazione ufficiale dalla Federazione in occasione del raduno di Poggibonsi, a cui sono poi seguiti altri Campionati Italiani, allenamenti e gare, fino ad arrivare al raduno all’Acqua Acetosa del 2015, dove ai ragazzi è stata consegnata la maglia azzurra. Che emozione deve essere stata indossarla, come gli sta bene l’azzurro. Il mio Francesco.
In quell’occasione, per la prima volta nella mia vita, ho dovuto mettere da parte il mio istinto da “mamma chioccia”, lasciando che Francesco pensasse a sé stesso da solo, senza il mio aiuto: prendersi da mangiare al self-service, vestirsi, consumare il pranzo in mezzo ai suoi compagni. Io ero in disparte ad osservarlo, il cuore pieno di gioia e gli occhi gonfi di lacrime. Francesco non era più il mio bambino, stava crescendo, davanti a me. Solo che fino a quel momento non avevo avuto modo di rendermene conto.

Allo sport, ed in particolare al tiro con l’arco, devo tutto, soprattutto la felicità di mio figlio. L’ha fatto rinascere, l’ha reso coraggioso, sicuro di sé e delle proprie capacità. Il tiro con l’arco ha fatto accettare a Francesco la propria disabilità, ed ha insegnato a me a viverla con serenità.

E’ un ragazzo buono, a cui piace vivere. Ed io, più di tutto, amo vederglielo fare.

ARTICOLI CORRELATI