LUCA PANCALLI: SOGNO IL COMITATO OLIMPICO E PARALIMPICO

Luca Pancalli, una vita passata nello sport, prima da atleta, ora da dirigente sportivo. Luca Pancalli è il presidente del CIP, il Comitato Italiano Paralimpico, e vice presidente del CONI . Sarà grazie a persone come Luca Pancalli che un giorno persone e disabili e normodotati potranno finalmente convivere con uguali diritti e opportunità sotto lo stesso tetto?

Il nostro primo incontro

Ho conosciuto Luca Pancalli nel 2004 prima delle Paralimpiadi di Atene del 2004 Luca Pancalli stava nel suo vecchio ufficio all’interno dello Stadio Olimpico di Roma. Ebbi subito l’impressione di avere di fronte un grande presidente, disponibile, leale, simpatico. Non fu difficile diventare amico di Luca Pancalli. Un’amicizia ed un rapporto di stima che dura ancora.

Luca Pancalli

Luca Pancalli – Il Sogno da bambino

“Penso che l’Olimpiade sia un sogno comune…come qualsiasi bambino – afferma Luca Pancalli –  che si avvia alla pratica sportiva…non può che sognare un giorno in cui potrà calcare quel palcoscenico…credo che sia il sogno nascosto di qualsiasi giovane che fa dello sport la propria scelta di vita, come feci io quando ero molto più giovane”.

Il Pentathlon

“Rimango un innamorato del mio secondo sport… – prosegue Luca Pancalli – ho cominciato con il nuoto agonistico per poi approdare al pentathlon moderno…lo sport che mi ha affascinato di più… uno sport che ho amato nonostante mi abbia tradito sul più bello… lo sport che ho imparato ad amare soprattutto nella fatica che comportava… uno sport molto faticoso, soprattutto nei programmi e nelle discipline così come si svolgevano ai miei tempi – rivela Luca Pancalli – credo che da quel punto di vista non abbandonerò mai il mio primo amore…il pentathlon moderno è qualcosa di straordinario, mi dispiace che sia poco conosciuto e che i protagonisti siano poco noti…ha qualcosa da poter raccontare perchè un atleta si cimenta su cinque discipline ì totalmente una diversa dall’altra, dalle prove di resistenza a quelle di abilità, dall’equitazione al tiro a segno, credo che siano dei veri eroi moderni del mondo olimpico”.

Luca Pancalli

Gli Insegnamenti Dello Sport

“Per me lo sport è stato una scelta di vita – sottolinea Luca Pancalli – ho cominciato a nuotare da bambino…ma al di là dell’imparare a nuotare ho scoperto nel nuoto una passione agonistica e da lì al pentathlon moderno…nel momento in cui ebbi l’incidente – continua Luca Pancalli –  durante una competizione internazionale di pentathlon cadendo da cavallo non ho abbandonato il mio amore per lo sport, credo di essere, lo dico senza presunzione, un uomo di sport fino al midollo…”

“Il mio problema, e questo me lo ricorda spesso mia madre e me lo ricordava mio padre quando era in vita – continua Luca Pancalli – quando ebbi l’incidente a 17 anni, la mia più grande ansia non era che non potevo più camminare, ma che non potevo fare più pentathlon moderno, non potevo più coltivare il mio sogno olimpico come pentatleta…è vero che sono stato tradito dallo sport ma poi paradossalmente nel momento più difficile della mia vita proprio lo sport mi ha soccorso, mi è corso in aiuto, ho recuperato tutto ciò che lo sport mi aveva insegnato nella fatica, nel sacrificio, nel porsi degli obiettivi, nel non buttarsi giù di fronte a degli ostacoli…il vero atleta è quello che non si ferma davanti alle sconfitte ma tenta di trarne insegnamento per andare avanti” conclude Luca Pancalli.

“E’ un po come se avessi vissuto… un incidente di percorso sportivo – afferma Luca Pancalli – in quel momento lo sport mi aveva insegnato che non è grande chi non cade mai ma chi, caduto, riesce a rialzarsi ponendosi nuovamente degli obiettivi, per cui paradossalmente quando sono arrivato allo sport paralimpico, come nuotatore ovviamente, l’ho fatto con un’estrema normalità, Il mio interrogativo era quale tipo di attività sportiva potessi ancora praticare e ho scoperto un mondo straordinariamente bello come quello paralimpico.”

Luca Pancalli

Luca Pancalli e la Paralimpiade

“Per fortuna – ribadisce Luca Pancalli – ho vissuto sia la vecchia paralimpiade, che sembrava più una scampagnata per poveri sfigati, sia le paralimpiadi dell’era moderna che si sono aperte con Seul, che è stata la prima edizione in cui per la prima volta la città che aveva ospitato le olimpiadi ospitava anche le paralimpiadi; per convenzione con il CIO – dice Luca Pancalli – da Seul in poi tutte le città che hanno ospitato i giochi olimpici hanno organizzato a seguire anche i giochi paralimpici. Però ho vissuto quella incredibile avventura di Stoke Mandeville 1984 che era ancora la paralimpiade dei primi tempi, del dormire dentro vecchi hangar degli aerei, avere due bagni per 40 persone…non certo come vengono trattati gli atleti oggi” prosegue Luca Pancalli.

“Ho vissuto tutta la crescita – continua Luca Pancalli –  ho avuto la fortuna di fare Seul, Barcellona ed Atlanta… era una paralimpiade al buio, a cui noi partecipavamo con la consapevolezza di atleti azzurri ignorati da tutti nel nostro paese…una paralimpiade nota a noi atleti, ai nostri familiari, a quattro sfigati nel nostro paese…Oggi la paralimpiade si è conquistata la sua dignità con merito, è sotto i riflettori dei grandi media, i nostri atleti sono diventati  personaggi, penso a Francesca Porcellato che io conobbi quasi diciottenne a Seul…Lei era una bambina che ci ha regalato quello che ci ha regalato in quel di Vancouver oltre al suo percorso nell’atletica leggera. Abbiamo vissuto gli albori di questo movimento che oggi credo non abbia nulla da invidiare al movimento olimpico. Oggi i nostri atleti possono dire di essere fieri di potersi definire atleti paralimpici”.

Nasce il dirigente sportivo

“Arrivo alla FISD perchè sono un rompiscatole – afferma Luca Pancalli –  ho vissuto la vita da atleta vivendo tutto ciò che a mio modo di vedere non andava nella gestione tra atleta e federazione, spesso sindacalizzando, lo dico con il sorriso sulle labbra, le esigenze degli atleti…non eravamo così al centro delle strategie di politiche federali, ci sentivamo più degli strumenti in mano a delle organizzazioni…da quando facevo sport mi ero prefissato di uscire nel momento in cui avevo ancora qualcosa da dire dal punto di vista atletico, evitare la pateticità di chi continua…”

Luca Pancalli

“Ad Atlanta quando sono salito sul podio – sottolinea Luca Pancalli –  chiudendo in bellezza, mi sono reso conto che avevo sul podio accanto a me ragazzi di 18 anni e li ho capito che era il momento di dire basta a 32 anni…di uscire con la consapevolezza di chi aveva il pallino di mettersi a disposizione del movimento per cambiarlo, non per riformarlo, ma per stravolgerlo e credo che quello che abbiamo fatto, almeno questo me lo riconosco, partendo da una Federazione Italiana Sport Disabili che era ben poca cosa nel panorama sportivo italiano…oggi esiste un Comitato Italiano Paralimpico di tutto rispetto che si è conquistato la propria dignità. Questo l’ho sempre fatto…un po perchè sono un rompipalle ma perchè credo fortemente nel fatto che si debba ottenere il rispetto della dignità dei nostri atleti” ribadisce Luca Pancalli.

Comunicare se stessi e non ciò su cui si è seduti

“Ho conosciuto mia moglie nel 1993, dopo il mio incidente – dichiara Luca Pancalli. E’ evidente che nella mia vita di giovane, spesso la carrozzina nei rapporti sentimentali ha potuto creare problemi, sarebbe stupido non pensarlo ma erano pure altri tempi rispetto ad oggi, però devo dire che non mi ha mai creato un ostacolo, tantomeno con mia moglie…credo che la capacità di un uomo sia quella di riuscire a comunicare se stessi e non ciò su cui si è seduti, una cosa che spesso dico ai miei ragazzi, ai miei atleti, a coloro che si sono infortunati…sarebbe stato meglio senza ma poi…una volta che ci stiamo bisogna riuscire a imparare a comunicare le nostre persone e non come andiamo in giro…credo che mia moglie abbia visto l’uomo e non dove stava seduto”.

Luca Pancalli e i figli

“Un padre presente è una parola grossa – confessa Luca Pancalli – sviaggio molto, l’impegno con il CONI e con il Comitato Paralimpico mi porta a stare poco a casa però tento comunque di fare lo sforzo di essere presente dal punto di vista qualitativo quando ci sono…ho due figli che fanno sport che hanno liberamente scelto, soprattutto mia figlia a cui non avrei consigliato di fare equitazione, ho un rapporto con dei figli che amano lo sport, certamente non lo amano come lo posso amare io, con questo sogno di agonismo sfrenato… a casa le mie carrozzine sono più di patrimonio loro che non mio, hanno un rapporto con la carrozzina che è assolutamente normale, ci sono cresciuti, sanno andarci quasi meglio di me, impennare, girare…questo fa parte del gioco, fa parte di quelle cose che vanno comunicate, la differenza – ci tiene a sottolineare Luca Pancalli – la si crea la dove non si comunica e non si socializza la diversità fino a diventare normalità…la famiglia è la dimostrazione di come la diversità diventa normalità…”

Luca Pancalli

Le emozioni da Presidente

“Le medaglie…tutte…indistintamente…è chiaro che alcune ci hanno colpito di più emotivamente rispetto ad altre – confessa Luca Pancalli – penso all’oro di Alvise De Vidi ad Atene nella maratona, vederlo coronare quel sogno…per me è stata una cosa straordinaria, ma penso anche all’oro di Triboli nel ciclismo a Pechino con il suo straordinario gregario Paolo Addesi. Tutte le medaglie sono importanti, anche le sconfitte perchè ci sono ragazzi straordinari che sono andati lì lì per poter salire sul podio e non ce l’hanno fatta e li ricordo quasi tutti indistintamente. Credo che il bello del nostro movimento… che si presenta come un unico corpo compatto dal punto di vista del risultato sportivo” dichiara con fierezza Luca Pancalli.

Il Tricolore

“Non voglio apparire retorico e demagogico -dichira con orgoglio Luca Pancalli – il tricolore per chi ha fatto lo sport, per chi lo fa, per chi lo ha vissuto…come lo vivo io, come lo vivono gli atleti…è qualcosa che ti penetra dentro, è il tuo paese, è quello per il quale io non ho fermato il cavallo perchè sapevo che in quel momento stavo rappresentando il mio paese, se lo avessi fermato avrei perso tempo e punti per la mia squadra e per il mio paese…il tricolore è quello che ti entra dentro…è il sogno di vedere la tua bandiera svettare sul pennone più alto dietro un podio…è la rappresentazione più importante di quello che tu ami e rappresenti e che troppe volte viene svilito quotidianamente da altri fatti che nulla hanno a che vedere con lo sport…”

La rinuncia alla FIGC per il CIP

“Ho creduto di dover comunicare con quel gesto – continua Luca Pancalli – qualcosa che in questo paese raramente viene comunicato…coerenza, correttezza e lealtà; coerenza perchè ero stato chiamato per svolgere un ruolo di Commissario Straordinario, per cui terminato il mio compito era leale e corretto che tornassi laddove avevo preso impegno per continuare a portare avanti il movimento del Comitato Italiano Paralimpico. Sarebbe stato troppo comodo e troppo facile lasciare una poltrona quando appariva all’orizzonte una ben più importante e di maggior visibilità. Normalmente chi è in carriera cerca sempre di crescere, però credo che a volte nella vita un po di coerenza e di correttezza ci voglia. Avevo preso un compito con il Comitato Paralimpico, nato da poco e con grandi sforzi, di doverlo continuare a portare avanti…” conferma il presidente del CIP Luca Pancalli.

Luca Pancalli

La danza sportiva

“La presidenza della danza sportiva – una novità per Luca Pancalli – un ruolo che mi è stato affidato dal CONI di gestire questa fase difficile della danza sportiva e in carrozzina. Un presidente in carrozzina… anche nel calcio all’inizio è stata vista come una cosa strana. Credo di essere riuscito anche lì a comunicare il dirigente sportivo e non la carrozzina. La danza è uguale: nel momento in cui serve un dirigente sportivo che si mette a disposizione per gestire cose in qualche modo complicate io ci sono. Poi riesco a cogliere, perchè amo profondamente il mondo dello sport il bello in ogni organizzazione, credo che se ogni organizzazione fosse vissuta con maggior umiltà, con maggior normalità, più serenità probabilmente avremmo molti meno problemi”.

“La danza – rivela Luca Pancalli – è un mondo straordinario che vive un forte pregiudizio: un mondo di ballerini e ballerine che poco hanno a che fare con lo sport…invece è un’attività sportiva a grande impegno fisico e cardio circolatorio e c’è una cosa straordinaria: riescono ad emozionare! La danza è uno di quei pochi sport che riesce a farti vivere le emozioni che vivono il ballerino e la ballerina, che io preferisco chiamare atleti…riesce a trasferirti le emozioni, cosa che normalmente nel nuoto, nell’atletica non riesci a vivere, vivi il gesto tecnico, la competizione…vivi la gioia della Pellegrini, della Di Martino, di Bolt ma non vieni penetrato dall’emozione…il ballo, la musica è uno straordinario strumento che consente la penetrazione dell’emozione anche a chi sta assistendo a quello spettacolo e questa è una cosa della quale nemmeno loro si sono resi conto”.

La politica

“Sono stato consulente di un presidente della Commissione Finanze – aferma Luca Pancalli. Devo dire che pure quello fa parte del percorso di crescita di una persona.Ho avuto la fortuna di aver collaborato per diversi anni con l’allora presidente della commissione finanze della Camera, ho imparato a conoscere la politica ma soprattutto ho imparato a difendermi dalla politica. Nel momento in cui si ha la possibilità di poterla vivere da vicino e la si conosce bene preferisco starle lontano…A me piace essere un politico dello sport in maniera normale, non perdo la consapevolezza di essere stato un atleta, quindi da dove vengo, e, come tutti i dirigenti sportivi fanno, tento di far del bene al mio movimento. Sono sempre molto lontano dalla politica e mi tengo ad una adeguata e dovuta distanza, soprattutto dai politicanti”.

Un disabile che rappresenti tutti…

“Per forma mentis, credo anche per background culturale ritengo che non necessariamente le istanze, sia pur legittime e sacrosante di un mondo importante come quello della disabilità al quale io appartengo – dichiara Luca Pancalli – debbano essere portate avanti da un disabile. Io lotto esattamente per il contrario. Lotto perchè un disabile possa portare avanti le istanze di un pezzo della normalità del paese e dimostrare di saperlo fare; lotto affinchè ci siano delle persone, magari abili, che portino coscientemente avanti le istanze delle persone disabili e non per convenienza ma perchè ci credono”.

“Il fatto che il mondo della disabilità debba necessariamente essere rappresentato da un disabile può esser vero – prosegue Luca Pancalli – in fondo anche io sono qui e sono una persona disabile che si è messo a capo delle istanze di un mondo sportivo…ma la mia scommessa è culturale, che non ci debbano essere dei Luca Pancalli a dover fare certe cose perchè le vivono in prima persona, ma che ci sia la consapevolezza, la metabolizzazione dal punto di vista culturale che certe cose vanno fatte, anche da una persona abile o anche se un disabile si mette al servizio dell’economia e della finanza italiana piuttosto che altri settori strategici del paese. Sarebbe molto più importante ai fini del percorso di riforma culturale del paese” aferma Luca Pancalli.

Il Comitato olimpico e paralimpico nazionale italiano

“Credo che ci sia nella vita di ogni persona e nella vita dei movimenti e delle organizzazioni dei momenti nei quali bisogna avere la consapevolezza che è arrivato il momento per sganciarsi – prosegue Luca Pancalli –  non voglio diventare un ostacolo alla crescita del movimento paralimpico. Ancora oggi ho grande voglia di fare, il paralimpismo mi si è un po cucito sulla pelle…mi piace dove siamo arrivati, mi piace vedere la dignità che oggi ci viene riconosciuta, il rispetto per i miei atleti, mi piace avere la consapevolezza che ancora possiamo fare tantissimo per far crescere questo movimento, però ci saranno delle riflessioni da fare, un pò tra le ambizioni del Comitato Paralimpico che vanno tenute presente e un pò tra le ambizioni anche personali di un dirigente sportivo come Luca Pancalli e un pò in relazione a quello che accadrà intorno a me”.

“La mia ambizione più segreta – ci confida Luca Pancalli –   è la speranza di vedere un giorno morire il Comitato Paralimpico. Ho creato, grazie anche a tutti i collaboratori che hanno creduto in questa idea, in questo pazzo sogno che abbiamo realizzato; oggi il Comitato Paralimpico è una grande realtà, ma l’ho creato nella consapevolezza, e chi mi sta vicino lo sa, io non faccio nulla se non è dettato da un progetto: ho in mente una strategia complessiva che è partita dieci anni fa, il mio sogno – conclude Luca Pancalli – è quello di veder scomparire il Comitato Paralimpico e trasformare il Coni in Comitato Olimpico e Paralimpico Nazionale Italiano, dando un messaggio a tutto il mondo perchè saremmo tra i primi paesi al mondo a mostrare  quanto lo sport sia uno straordinario strumento per cancellare ogni barriera”.

In bocca al lupo Luca Pancalli!

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