Ad agosto 2015 è stata approvata la prima legge nazionale sull’autismo. Il Presidente del Senato Pietro Grasso ha commentato così il traguardo raggiunto: “Il 2 aprile scorso abbiamo illuminato Palazzo Madama di blu, aderendo alla Giornata Mondiale della consapevolezza dell’autismo; oggi, anche grazie alla mia decisione di assegnare il DDL alla Commissione Sanità per rendere più rapido il suo iter, sono felice che sia stato definitivamente approvato all’unanimità. Abbiamo così, deciso di attuare interventi che garantiranno una maggiore tutela della salute, il miglioramento delle condizioni di vita delle persone autistiche ed il loro inserimento nella vita sociale.”
La nuova legge
La nuova legge riconosce l’importanza dell’autismo, i cui casi sono aumentati negli ultimi decenni e che in Italia coinvolge oltre 350mila famiglie. La legge prevede l’inserimento dei trattamenti per l’autismo nei livelli essenziali di assistenza, così da garantire terapie e servizi uniformi in tutte le regioni italiane in modalità gratuita o dietro pagamento di una quota del ticket sanitario. I Lea contengono misure che definiscono:
- servizi sia in ambito domiciliare che ambulatoriale
- la diagnosi precoce del disturbo
- un programma terapeutico riabilitativo personalizzato,
- un training della famiglia
- una collaborazione con le scuole.
Il miglioramento della ricerca e l’aggiornamento continuo delle linee guida per la prevenzione, la diagnosi e la cura delle patologie legate allo spettro autistico sono gli altri punti fondamentali del provvedimento. Tali accorgimenti non solo riguarderanno i bambini in età pediatrica (momento in cui la patologia si manifesta) ma si estenderanno anche alle fasi di vita successive, l’adolescenza e l’età adulta.
Le critiche
Le principali critiche arrivano dal M5S, che denuncia l’insufficienza qualitativa e quantitativa delle decisioni prese. “La legge appena approvata non è risolutiva per le famiglie con bambini autistici.”
La maggioranza, dopo essersi riempita la bocca di belle parole e false promesse, alla fine ha deciso di fare una legge a costo zero, senza stanziare fondi”, affermano le senatrici Manuela Serra e Paola Taverna. “Così oggi ci ritroviamo con un provvedimento pieno di buoni propositi, ma insufficiente nei contenuti e nei risultati e per questo in commissione abbiamo scelto di astenerci.”
Dall’attuazione delle legge, infatti, non devono derivare spese per lo Stato. Saranno quindi le amministrazioni interessate a provvedervi con le proprie risorse umane, finanziarie e tecniche. Tuttavia, le regioni che non garantiranno gli interventi adeguati non accederanno ai finanziamenti integrativi previsti dal Fondo sanitario.
Più cure, più diagnosi, più ricerca…ma come si fa senza fondi?
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