Allora qualcosa si muove…veramente!

finale

Sempre più numerose e sempre più importanti sono le testate giornalistiche, le radio, le reti TV che danno spazio al mondo della disabilità e dello sport paralimpico, trainato dalle immagini e dalle telecronache degli atleti azzurri e delle loro performance durante le Paralimpiadi. Rio 2016, dal punto di vista mediatico, ha superato quelle di Londra 2012. E i risultati sono evidenti. La foto di Zanardi con la sua medaglia d’oro e la sua commozione hanno dominato le prime pagine dei maggiori quotidiani italiani, e non solo. Altrettanto dicasi per la giovane Bebe Vio che nel fioretto ha cancellato da sola l’impero cinese della scherma. E poi pagine di pubblicità del bersagliere Monica Contrafatto, che malgrado la menomazione subita in Afghanistan, ha conquistato la medaglia di bronzo nei 100 metri. Martina Caironi, primatista del mondo e medaglia d’oro nella stessa specialità, conquista pagine e foto su riviste patinate come Vanity Fair…e avanti di questi passo.

Un segno che anche nei confronti della grande comunità delle persone disabili, qualcosa sta cambiando, qualcosa si muove, in segno positivo. Aldo Cazzullo, una delle firme più prestigiose del Corriere della Sera, durante le Paralimpiadi ha scritto un significativo editoriale che per la firma autorevole e per il suo valore giornalistico volentieri ri riproponiamo.

Un’onda di fiducia che ci ha conquistato

corseraIl 6 settembre scorso Rio era la città più triste del mondo. Operai svogliati smontavano l’arena del beach-volley sulla sabbia di Capocabana, e i senzatetto si infilavano furtivi nel cantiere per portare via qualche pezzo di ferro da rivendere in cambio di pochi spiccioli. Già ferveva la discussione su come trasformare il parco olimpico in un business immobiliare. Tutto sapeva di una festa precocemente finita e le strade della “Cidade maravilhosa” apparivano semmai appassiti vicoli in discesa. Il giorno dopo era cambiato tutto. L’arrivo del mondo intero di atleti entusiasti in carrozzina o con protesi di ogni tipo ha portato un vento di allegria. Senza la tensione e le esasperazioni degli altri giochi, quelli di agosto. Le paralimpiadi sono state un’iniezione di vitalità per il gigante brasiliano tramortito dalla crisi, e una lezione morale per tutti noi. Arrivare su un aereo carico di atleti paralimpici, o seguirli in tv, significa assorbire un’onda di energia positiva, di gioia, di fiducia nel futuro. Il fatto che a questi Giochi l’Italia sia andata decisamente meglio – 39 medaglie, di cui 10 d’oro – rispetto a quelli considerati a torto “veri”, è da una parte motivo di preoccupazione per la scarsa attitudine al sacrificio dimostrata dai nostri giovani dell’atletica, nel nuoto e in altre discipline; ma è anche motivo d’orgoglio per il modo in cui migliaia di italiani diversamente abili – a Rio se n’è vista solo l’avanguardia – affrontano lo sport e la vita.   Forse dovremmo parlare un po’ meno di star viziatissime e un po’ più di loro. Ieri Martina Caironi ha vinto i 100 metri, una gara simbolo di Olimpia, da sempre tabù per i nostri atleti. Federico Morlacchi ha dominato nel nuoto. Alex Zanardi, commosso nell’ascoltare l’inno di Mameli, sensibile al punto di dedicare questo oro a Gimbo Tamberi che ha perso il suo per un incidente alla vigilia di Rio, è una immagine che resterà. E Bebe Vio –quattro arti amputati per una meningite – che ride sul podio del fioretto e si considera “una ragazza fortunata”, è un esempio da consegnare ai nostri figli, per aiutarli a superare prove e sofferenze ben più modeste che spesso sembrano a loro insormontabili.

Aldo Cazzullo

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