Il ciclismo… la passione… Vittorio Podestà

E’ uno dei più grandi atleti del Paraciclismo Italiano, conquista un oro ai Mondiali di Bordeaux nel 2007, un argento alle Paralimpiadi di Pechino nel 2008, e altri due ai Mondiali in Italia nel 2009, e nel 2011 in Danimarca. La sua vera ascesa inizia alle Paralimpiadi di Londra nel 2012, ma la più grande soddisfazione di un atleta che non si è mai arreso di fronte alle difficoltà, si verifica ai Mondiali nel 2015 in Svizzera, ai quali conquista ben tre medaglie d’oro. Nel 2002, a causa di un grave incidente stradale, subisce una lesione agli arti inferiori, ma consapevole dell’importanza che ricopre lo sport, non se ne allontanerà mai. E’ genovese, vive con la moglie e con il suo fedele amico a quattro zampe in un camper, la musica gli da’ l’energia e la forza necessaria per affrontare al meglio ogni gara. In esclusiva per Ability Channel, ti presento Vittorio Podestà.

Handbike, amore a prima vista

“Per fortuna – comincia Vittorio Podestà – dopo un anno dall’incidente, ho scoperto l’handbike, e lì è stato amore a prima vista, e sono impazzito nel momento in cui, intanto quando l’ho vista, e poi quando sono salito e ho potuto risentire le emozioni del vento in faccia, della libertà che si prova quando si esce di casa, si va, magari senza meta e si ritorna dopo due o tre ore, stanchi, magari sudati, però con la testa libera e fresca”.

La passione di Vittorio Podesta’

“Quando mi hanno detto che non avrei più camminato – prosegue Vittorio Podestà – ho pensato prima, non mi interessava quello, mi preoccupava di più che non avrei più potuto usare la mia bicicletta, che consideravo la mia valvola di sfogo. Il ciclismo mi ricorda l’infanzia, lo sport di famiglia diciamo, perché per mio papà è l’unico sport degno di rispetto, secondo lui, quindi da bambini ci ha inculcato un pochettino questo, ha provato ad inculcarci questa passione, io che ero un  ribelle, ho sempre, almeno fino a quando lui ha tenuto duro, io volevo fare il calcio, altri sport, poi nel momento in cui lui ha mollato, perché ero già un po’ più grande, cominciavo ad essere ragazzo, a quel punto è scoppiata la passione per questo bellissimo sport, e soprattutto per il mezzo che utilizza, perché la bicicletta è forse il mezzo meccanico più bello che esista. E’ diventata la mia passione, ma sopratutto anche il mezzo, mi ha dato la possibilità di utilizzare la mia capacità ingegneristica per farlo evolvere tanto, un’altra cosa bella di questo sport è, non solo ho potuto vincere tanti titoli importanti ma ho potuto contribuire a farlo migliorare tecnicamente, sia dal punto di vista del mezzo che della prestazione. L’handbike, perché adesso il ciclismo per me è handbike, è diciamo la cosa più bella che mi potesse capitare nella mia vita, dopo mia moglie”.

La vita in camper

“Bhe, ultimamente una vita in camper perché, dal 2011, mia moglie ha detto – sai, senti, se vuoi che io lavori tra virgolette per te, io sono stufa di fare trenta alberghi all’anno, e fare e disfare valigie tutte le mattine, e tutte le volte che bisogna ripartire, o partire dall’albergo prima della gara. Forse, parte dei miei successi, è proprio dovuta al fatto che io nel camper mi sento a casa, siamo io e mia moglie, e adesso anche il nostro cagnolino Pelù, e lì dentro non ci sentiamo lontani da casa, riesco a fare tutto quello che è utile per un’atleta prima della gara, soprattutto alimentarsi bene, alla giusta distanza di tempo dalla gara, con le giuste pietanze per dare il meglio, quindi diciamo che per me è come aver portato la casa sui campi di gara”.

Pelu’

“Pelù, come ho detto prima, è adesso, da quasi due anni, la compagnia di me e Barbara – racconta Vittorio Podestà – in questo momento ormai è diventato il nostro bambino, diciamo, il bambino che non abbiamo, e quindi questo cane è diventato proprio la nostra passione, diciamo al di là di tutto quello che facciamo, in questo momento non riuscivamo a pensare a come facevamo prima senza di lui”.

La musica

“Io di musica non sono un grande esperto, perché di solito i grandi esperti ascoltano musiche un po’ particolari, molto poco commerciali, a me la musica piace un po’ tutta, però la ritengo, è il mio doping naturale, perché durante le cronometro, piace avere un certo tipo di musica nelle orecchie, che mi aiuta a caricarmi, mi aiuta a concentrarmi, ascolto musica che si chiama Trance, è una musica che magari molta gente non conosce, però intanto mi ricorda quando ero più giovane, come si dice, e lavoravo in discoteca e ascoltavo questo tipo di musica, e mi faceva divertire, mi faceva viaggiare con la mente, e in questo momento in cui la mente è la parte, forse è la parte più importante, una volta che la persona è allenata, mi aiuta a tirar fuori qualcosa di più dalle mie prestazioni”.

La gara migliore

“La gara che ricordo con maggior soddisfazione, apparentemente non è un Mondiale piuttosto che una Coppa del Mondo, o addirittura un Olimpiade, nel 2011 io provenivo forse dall’anno peggiore tra quelli che ho disputato, che era il 2010 in cui non ho fatto buoni piazzamenti al Mondiale in Canada, e avevo una grande voglia di riscatto, perché quando sei ad altissimo livello, appena non vinci, sono tutti pronti a criticarti, a darti contro, magari a rinfacciarti cose che hai detto, che han dato fastidio a qualcuno, e io quell’anno ho rischiato di essere cacciato fuori dalla Nazionale, e per dimostrare che invece meritavo il posto, e che non ero finito, ho vinto una gara in Francia, che è la gara forse per me più difficile da vincere, perché è una gara molto veloce, dove di solito vincono atleti sprinter, molto più potenti di me, ho vinto la gara attaccando tutti gli avversari a più di quasi venti chilometri dall’arrivo, facendo tutto da solo, con tutto il gruppo che mi inseguiva e vincendo in solitaria a quasi quaranta di media”.

La delusione più grande

“La delusione sportiva più grande, a caldo, è stata l’Olimpiade di Pechino, perché mi sentivo di aver buttato via la medaglia d’oro, per soli sei secondi, perché tante cose non erano andate bene, e quindi invece che pensare ad aver vinto la medaglia d’argento, ho pensato di più alla medaglia d’oro che avevo perso, che secondo me avevo perso, poi, a freddo, diciamo che questa sensazione, poi col tempo, negli anni, diciamo è svanita, invece – conclude Vittorio Podestà – rimane la soddisfazione per una bellissima medaglia, per molti atleti è il sogno di una vita”.

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