CONI E CIP – LUCA PANCALLI: IL PROGETTO CONTINUA

Dopo i grandi successi ottenuti alle Paralimpiadi di Londra sembrava che il sogno di Luca Pancalli di riuscire a integrare il Comitato Italiano Paralimpico all’interno del CONI sembrava fosse a un passo dalla sua realizzazione. Invece dopo le recenti elezioni del CONI qualcosa non è andata come ci si aspettava… Cerchiamo di fare chiarezza e dare delle risposte a quelle persone sparse sul territorio che si domandavano se fosse opportuno e necessario questo passo…

“Innanzitutto non ritengo che questo rappresentasse un sogno – esordisce Luca Pancalli – ma continua a rappresentare un obiettivo…e quello che è avvenuto nelle vicende elettorali del CONI possa impedire il perseguimento di un obiettivo. Sono fermamente convinto che quando si seguono dei percorsi virtuosi al termine dei quali ci sono dei traguardi importanti dal punto di vista culturale più che dal punto di vista politico e organizzativo, questi traguardi vadano perseguiti indipendentemente dalle persone e dai ruoli; non sono importanti gli uomini o le poltrone, sono importanti i risultati e ciò che essi rappresentano per l’intero movimento. Ritengo che l’obiettivo debba essere mantenuto e perseguito che non è quello della fusione con il mondo del CONI ma la creazione di un mondo diverso che sappia rappresentare nel suo insieme la componente olimpica e paralimpica, delineando l’idea di uno sport che sia veramente inclusivo di tutti…”

FAVORIRE LA CULTURA DELLA NORMALITA’

Luca

“Quando si affrontano grandi temi dal punto di vista culturale, come quello dello sport, una dimensione che è comunque parte della società civile – afferma Luca Pancalli – non bisogna giudicare l’obiettivo in termine di svantaggi e vantaggi sarebbe un errore metodologico…è come dire quale sarebbe stato il vantaggio dell’integrazione dei bambini disabili nella scuola di tutti. Il vantaggio è quello di favorire una cultura della normalità, dell’integrazione e del rispetto delle persone indipendentemente da quale sia la propria condizione fisica, che va oltre il risultato, anche dal punto di vista educativo e pedagogico… Lo stesso dicasi per il mondo dello sport che non può essere misurato in termini di vantaggi spiccioli o economicamente riscontrabili…bisogna guardare a un obiettivo culturale, dare l’immagine di uno sport che sia inclusivo…in un contagio virtuoso, quasi fosse la dimensione sportiva una portatrice sana dell’idea di una disabilità che va messa nella medesima condizione di pari opportunità e diritti. E’ chiaro che a questo si aggiungono anche dei vantaggi organizzativi ed economici perchè riuscire a rappresentare un mondo nel suo complesso non fa che allargare le spalle di questo mondo…nell’interesse reciproco del mondo olimpico e paralimpico…”

INTEGRAZIONE CONSAPEVOLE E TUTELA DELLA DIGNITA’

“Il progetto continua ed è lo stesso programma dal punto di vista del percorso strategico migliore…continua così come era stato immaginato e disegnato prima della vicenda CONI. Come ho detto prima le grandi battaglie culturali prescindono dagli uomini…è chiaro che il mondo paralimpico ha bisogno di punti fermi che salvaguardino l’identità culturale del mondo paralimpico, la mission del mondo paralimpico, che non è una mission che si esaurisce nella competizione di alto livello, ma che fa propria la valorizzazione di un concetto educativo, riabilitativo e comunicazionale legato al mondo della disabilità; la tutela di quello che noi abbiamo già conquistato come mondo paralimpico dal punto di vista economico e organizzativo e per prima la tutela della dignità del movimento nel suo complesso e dei suoi attori, gli atleti ed atlete. Non si può immaginare un processo di fusione che si esaurisca in un mero inserimento di un corpo più piccolo all’interno di un corpo più grande, un pò l’handicap che si vive nel mondo della scuola. Noi siamo stati la prima nazione in Europa a favorire una legge sull’integrazione scolastica ponendoci all’avanguardia rispetto alla legislazione europea…ma credo che oggi siamo un pò lontani dall’aver realizzato una vera integrazione nel senso più reale del termine. Lo stesso nel mondo dello sport…non possiamo entrare con il cappello in mano da figli di un Dio Minore all’interno di un abbraccio mortale che può far venir meno l’identità culturale e la dignità…bisogna arrivare a un processo reale di consapevole integrazione con un mondo e una famiglia più grande”.

COMITATO ITALIANO OLIMPICO E PARALIMPICO…

Luca Pancalli“Premesso che è un percorso che va costruito partendo da un terreno di confronto sul quale evidenziare alcuni aspetti che secondo me sono fondamentali – spiega Luca Pancalli –  alcuni dei quali possono apparire esteriori ma che poi non sono…penso alla scelta coraggiosa, attraverso leggi, modifiche di statuto…parliamo di un percorso che non si esaurisce in un anno o sei mesi ma che probabilmente ci coinvolgerà nell’intero quadriennio…però l’idea di un Comitato che cambia anche la propria denominazione con grande coraggio, approdando a un Comitato Italiano Olimpico e Paralimpico…che evidenzi la pari dignità del movimento paralimpico all’interno della dimensione sportiva italiana credo che sia importante…come l’uso della simbologia, cioè accanto ai cerchi olimpici le tre agitos che rappresentano il nostro movimento non possono essere ricordate solo ogni quattro anni o ogni due cioè quando ci sono i giochi paralimpici, ma devono accompagnare l’azione del neocomitato sul territorio”.

“Poi ci sono ovviamente dei punti più sostanziali – prosegue Luca Pancalli – siccome non possiamo consentire di entrare con un rapporto di annessione…ma anche con dei paletti a tutela della rappresentatività del mondo paralimpico, parlo degli atleti come della rappresentanza dei tecnici, dei membri laici, delle federazioni sportive paralimpiche…molte sono olimpiche ma hanno la componente paralimpica al loro interno…ma noi abbiamo sette federazioni che sono di matrice esclusivamente paralimpica che devono essere riconosciute a tutti gli effetti al pari delle altre all’interno di questo nuovo organismo che dobbiamo costruire tutti insieme…perchè noi abbiamo l’esigenza – un pò come le quote rosa – di garantire dei punti di avamposto nella governance del movimento che tutelino la rappresentanza dello stesso per evirae quello che è accaduto a due amici, a due straordinari atleti paralimpici, Alvise De Vidi e Oscar De Pellegrin, che stritolati in una accesa competizione elettorale non siamo riusciti ad entrare attraverso di loro all’interno degli organismi della governace del CONI. Tutto questo va costruito pian piano in maniera molto meditata nell’ottica di avere un peso specifico importante all’interno della casa che andremo a costruire. Anche a livello territoriale noi non possiamo permetterci cali di attenzione per tutta quella dimensione promozionale e di avviamento che stiamo tentando da anni di portare avanti con le unità spinali piuttosto che con il Centro di Budrio piuttosto che con i Centri di riabilitazione motoria e sensoriale…”

“Ho elaborato in una settimana di disintossicazione una road map da seguire – racconta Luca Pancalli – con tutti pezzi dai quali partire per costruire questo percorso che mi auguro nel quadriennio, con i tempi che saranno necessari, possa portare l’Italia ad essere prima al mondo. Mi sono studiato il Comitato Olimpico e paralimpico statunitense come quello norvegese dove ci sono dei comparti autonomi e all’interno della macro struttura è come creare una riserva degli indiani…io rifuggo dalla riserva degli indiani, io credo che qualsiasi persona disabile di questo paese che ricopra dei ruoli di responsabilità debba interpretare anche l’essere consapevole per favorire una crescita di questo paese”.

GLI ATLETI COME TESTIMONIAL

“I nostri atleti non sono adeguatamente sfruttati per fare promozione. E’ un nostro limite. Ho proposto al Consiglio Nazionale e alla Giunta la creazione di una sorta di team di ambasciatori paralimpici che coinvolga tutti i grandi campioni che hanno più o meno visibilità perchè bisogna ricordarsi che in Italia abbiamo tanti campioni straconosciuti, come Zanardi, Annalisa Minetti e Cecilia Camellini, ma abbiamo altrettanti meno conosciuti ma egualmente comunicativi e straordinari, penso ad Assunta Legnante, straordinaria nella sua capacità di comunicazione di un messaggio di opportunità in termini sportivi, penso allo stesso Oscar De Pellegrin e Alvise De Vidi, ma penso anche a campioni del passato come Roberto Valori e Sandrino Porru che oggi ricoprono ruoli di dirigenza all’interno delle federazioni. Dobbiamo creare questo team che affiancato a questo percorso che stiamo portando avanti nelle unità spinali e nei centri di riabilitazione, si mettano a disposizione spendendo una parte del proprio tempo in momenti che possono essere importanti non tanto per il mondo paralimpico ma per tutti quei ragazzi ai quali sono diretti che potrebbero scoprire quanto è bello praticare un’attività sportiva indipendentemente dai sogni agonistici”.

COERENZA, TRASPARENZA, CORRETTEZZA E RICONOSCENZA

luca pancalli“Ho sostenuto e non rinnego, pur stimando Giovanni Malagò con cui c’è anche un rapporto di amicizia, Raffaele Pagnozzi perchè ritengo che alcuni principi ed alcuni valori che ho imparato nella mia vita sportiva ma anche nella mia vita familiare sia non soltanto qualcosa da declamare positivamente nei bei discorsi ma anche da rappresentare degnamente nella vita. Questi valori sono la coerenza, la trasparenza, la correttezza e la riconoscenza. Non sono mai stato abituato all’idea che durante una partita di calcio si possa cambiare la maglia durante la partita o tradire i compagni nello spogliatoio o sulla panchina; credo che nel momento che si sposa una squadra sia giusto arrivare fino alla fine del percorso. Ho sposato l’idea di Pagnozzi perchè sono nato, dirigenzialmente parlando, all’interno del CONI con Petrucci e Pagnozzi. Petrucci diede a me l’opportunità di diventare vicepresidente del CONI, non scordiamocelo; alcuni dissero che era strumentale l’utilizzazione della persona disabile…sarà stato pure così…non lo so…ma una persona come me, che non ha la politica dietro le spalle, i grandi patrimoni familiari o grandi appoggi di tipo politico, crede di dover essere riconoscente nei confronti di una persona che nei miei confronti ma, attraverso di me, nei confronti di tutto il movimento che io rappresento, mi ha dato un’opportunità. Parliamoci chiaro, in otto anni il movimento paralimpico è cresciutop perchè siamo stati bravi tutti quanti a costruire, immaginare a perseguire il nostro sogno…ma se non ci fosse stato dall’altra parte un mondo del Comitato Olimpico che ha accettato questo percorso, lo ha condiviso e non contrastato, anzi lo ha sostenuto, io credo che il  minimo sia un gesto di riconoscenza fermo restando che io ancora oggi attribuisco a Raffaele Pagnozzi grandi capacità… Ho perso, ho scelto una squadra, l’ho condivisa fino alla fine, mi ha fatto piacere la stima che nel corso della battaglia elettorale Malagò mi ha manifestato…ma io credo che questo paese abbia bisogno anche di messaggi coerenti. Anche quando ero in Federcalcio, nonostante le sirene che all’epoca mi tiravano per la giacchetta, io con coerenza sono voluto tornare qua da dove ero partito perchè avevo un impegno nei confronti del mio, tra virgolette, elettorato…Non voglio essere il più bravo, ho dei principi che tento di rispettare”.

IL SEGNO DEL DESTINO

“In tanti me lo hanno detto e mi ha fatto particolarmente piacere…la maggior parte dei messaggi che mi sono arrivati…una marea…siamo spiacenti per te ma siamo contenti per noi…forse un segno del destino, la mia mission è qui  con grande passione, la stessa passione che il giorno che verrà meno mi indurrà a cambiare mestiere. Credo nella vita si debba fare tutto con il cuore, con passione e con il sorriso sulle labbra. Nel mio mondo paralimpico sto bene e non nascondo di non aver vissuto bene il periodo antecedente alle elezioni del CONI, perchè non sapevo se in fondo era giusto quello che stavo facendo e avevo questa grossa ferita interna…di lasciare casa, come se uno lasciasse la propria famiglia…e devo dire che, come si dice a Roma sono uno di frattaglie tenere, questa cosa la stavo vivendo in maniera pesante…lo sanno i miei figli, lo sa mia moglie…non voglio essere patetico…forse si, è un segno del destino, la mia mission è qua ma non tradendo quell’obiettivo di arrivare a quella grande conquista culturale alla quale io attribuisco un’importanza strategica per far migliorare questo paese. Quando stavo negli spogliatoi con Roberto Valori, che era mio compagno di nazionale del nuoto, sognavamo di essere trattati come tutti gli altri, di avere le medesime attenzioni e magari la medesima visibilità, di sentirci parte di una famiglia normale all’interno della quale non ci dividesse nulla ma ci accomunasse la passione per lo sport…”

STIMA, FIDUCIA, AFFETTO E…IL TERRITORIO

“Ho percepito la stima, la fiducia e l’affetto da parte del nostro mondo ma non solo – dichiara Luca Pancalli – in questa fase che per me, professionalmente parlando è stata indubbiamente una sconfitta, ma lo sport mi ha insegnato che non sempre si vince. Le sconfitte possono unire e rafforzare, oggi mi ritrovo con rinnovata voglia di proseguire il mio percorso con il mondo paralimpico non disdegnando ovviamente questo obiettivo…con passione, con il cuore e il sorriso sulle labbra…Mi sono programmato tutta una serie di giri sul territorio recuperando quelle cose che negli ultimi mesi ho lasciato un pò andare per mancanza fisica di tempo… il territorio è strategico, è quello che rappresenta l’avamposto di idee e progettualità e soprattutto è il terreno dove si realizzano le idee…Noi possiamo fare la politica, noi possiamo fare le leggi, possiamo trovare i soldi, possiamo indirizzare e stabilire i percorsi strategici ma poi chi ha il contatto con la base è il territorio…per questo mi sono messo in animo di rigirare il territorio…recuperare quella identità paralimpica per farci risentire famiglia…c’è il bisogno che in molti mi hanno manifestato di vederci…però bisogna capire che gli uomini sono importanti nelle organizzazioni ma non sono indispensabili”.

MOVIMENTO PARALIMPICO: UN ESEMPIO PER TUTTI

“La bravura di un dirigente sportivo è quella di creare qualcosa che va avanti da se, anche senza di noi…negli ultimi anni ho tentato anche tramite questa delocalizzazione delle attività attraverso le federazioni di dare a loro il compito di andare avanti, altrimenti c’è il rischio che i movimenti si identifichino in poche persone e non è giusto che sia così…Oggi sono il presidente del Comitato Paralimpico…ne vado fiero…vado fiero del mio movimento…vado fiero del paralimpismo internazionale, anche se ho dei punti di contrasto con certe strade che sono state intraprese…sacrificano troppo sull’altare degli sponsor, dell’economia, della mediaticità degli sport rispetto alla mission paralimpica… Il fatto che i miei atleti oggi siano riconosciuti per strada il fatto che la gente comune abbia seguito le paralimpiadi di Londra come mai era successo prima, il fatto che il paralimpismo sia uscito da questo benedetto ghetto, nel quale, nella sciatteria terminologica dell’epoca, ci avevano costretto…nella federazione italiana sport handicappati…nella federazione italiana sport disabili…si sia aperto…che ci siano anche federazioni olimpiche…abbiamo rotto un muro, abbiamo rotto un argine, mi da l’idea che veramente possa rappresentare qualcosa d’importante nel paese, senza contare tutto l’impatto che dal punto di vista sociale lo sport ha sulla disabilità in genere…ormai molte organizzazioni cercano il  mondo paralimpico per sostenere i loro progetti: penso alla ricerca sulle lesioni midollari, sulla sla, penso ad altri progetti che riguardano le malattie genetiche…il mondo sportivo rappresenta una sorta di avamposto in termine di amplificazione, di megafono di quelli che sono i problemi del territorio…ideologizzando questo approccio credo che oggi il movimento paralimpico sia d’esempio anche per il mondo olimpico – conclude Luca Pancalli”.

Anche noi siamo fieri di te…in bocca al lupo Luca!

 

ARTICOLI CORRELATI