Nuova luce sulle malattie neurodegenerative: scoperto il killer molecolare della SLA, e non solo…

SLA sintomiUn aggregato di proteine estremamente instabile, reattivo e dalla struttura tridimensionale che “avvelena” il sistema nervoso centrale uccidendo i neuroni del movimento in molti pazienti affetti da SLA, portando alla paralisi. Per la prima volta, grazie ad uno studio statunitense, sembra sia stata individuata la molecola killer responsabile di malattie invalidanti come la Sclerosi Laterale Amiotrofica. Ma questo studio ha aperto nuove strade anche per approfondire altre malattie neurodegenerative accomunate dalla presenza di aggregati proteici anomali nel cervello umano, come l’Alzheimer

Un passo in avanti

La Sclerosi Laterale Amiotrofica, più comunemente conosciuta con la sigla SLA, è una malattia degenerativa che colpisce le cellule cerebrali preposte al controllo dei muscoli, compromettendo progressivamente i movimenti della muscolatura volontaria. I malati di SLA vanno incontro ad una paralisi graduale dei neuroni che controllano il movimento e tutte le attività ad esso correlate, perdendo progressivamente la capacità di eseguire atti fondamentali come quello di parlare, deglutire e respirare.

Per i ricercatori dell’Università del North Carolina, ed autori dello studio, questa ricerca rappresenta un punto di svolta verso lo sviluppo di nuovi farmaci in grado di arrestare la formazione di aggregati proteici anomali e quindi la progressione della SLA. Finora nessuno aveva capito esattamente quali interazioni tossiche ci fossero dietro la morte dei neuroni motori nei pazienti affetti da Sclerosi Laterale Amiotrofica: conoscere la forma di queste strutture consentirà agli studiosi di concepire nuovi farmaci che ne blocchino l’azione o, addirittura, ne prevengano la formazione.

Molecola killer, il suo nome è SOD1

SLA sintomiI ricercatori hanno scoperto che l’aggregato “killer” deriva dall’unione di tre proteine SOD1 “attaccate” fra loro: il complesso, estremamente instabile e reattivo, si è dimostrato capace di uccidere i neuroni motori coltivati in laboratorio. In una piccola percentuale di casi (1-2%), l’SOD1 tende a formare aggregati potenzialmente tossici nel cervello; lo stesso fenomeno, però, sembra verificarsi in un numero ben più ampio di pazienti, pure in assenza di mutazioni genetiche.

Date le diverse somiglianze tra le malattie neurodegenerative, questa scoperta sembra confermare ciò che già era noto sull’Alzheimer.
“Se riuscissimo a capire di più su questi meccanismi si potrebbe aprire una prospettiva in grado di comprendere le radici di altre malattie neurodegenerative come il Parkinson e l’Alzheimer“, affermano i ricercatori.

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