Forme familiari dell’Alzheimer

Le malattie neurodegenerative come l’Alzheimer sono molto diffuse nell’età senile e sono destinate a coinvolgere un numero sempre maggiore di soggetti a causa del progressivo invecchiamento della popolazione.

Forme familiari dell’Alzheimer

Il 95% dei casi di malattia di Alzheimer si manifesta senza ereditarietà tra le diverse generazioni. Colpisce 1 italiano su 10 al di sopra dei 65 anni.

Tuttavia esistono alcune forme di Alzheimer, denominate “familiari”, in cui la malattia si manifesta in 3 o più persone appartenenti allo stesso nucleo famigliare ed è dovuta ad una mutazione genetica presente sin dalla nascita. Si tratta, in generale, di forme trasmesse con modalità definita di tipo “autosomico dominante”, per cui il 50% dei figli della persona portatrice della mutazione ha la possibilità di ereditarla.

La comparsa della demenza è tuttavia influenzata anche da fattori ambientali e/o biologici ancora in gran parte da determinare. Oggi conosciamo numerose mutazioni causative della malattia di Alzheimer, ma molte altre sono ancora sconosciute. 

I geni coinvolti

Nelle forme familiari genetiche dell’Alzheimer, le persone che ereditano la mutazione hanno la quai assoluta certezza di sviluppare i sintomi dell’Alzheimer in età adulta. Le mutazioni finora identificate riguardano geni chiamati

  • presenilina-1 (PSEN1)
  • presenilina-2 (PSEN2) proteina precursore di beta-amiloide (APP)

e si possono riscontrare con un semplice un prelievo di sangue, sul quale vengono eseguiti specifici esami di laboratorio.

Lo studio deve essere effettuato all’interno di un percorso conoscitivo strutturato detto consulenza genetica. Nel caso in cui in un paziente venga trovata una mutazione, anche i suoi familiari consanguinei sani possono richiedere lo stesso tipo di esame.

I meccanismi sottostanti alla malattia

La malattia di Alzheimer si caratterizza principalmente per la presenza nel cervello di minuscole ma numerosissime placche di beta amiloide e matasse neurofibrillari di proteina tau iperfosforilata che sono proteine prodotte dal cervello e che quest’ultimo non riesce poi a eliminare. Entrambe queste sostanze quindi si accumulano e iniziano a danneggiare i neuroni già molti anni prima che compaiano i disturbi di memoria.

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