#CiaoMax

Massimo fanelliSi è spento all’età di 56 anni Massimo Fanelli, da tutti conosciuto come “Max”, un uomo che da tre anni lottava contro la propria malattia, la Sclerosi Laterale Amiotrofica. Ma non era quella la sua lotta più dura e difficile. Max lottava innanzitutto per essere libero, libero di scegliere, decidere della propria vita. E questo diritto, questa libertà, nessuno ha voluto riconoscergliela. 

Libero fino alla fine

Massimo FanelliMassimo Fanelli è morto lo scorso 20 luglio nell’Ospedale di Senigallia dove era ricoverato da qualche giorno, da quando le sue condizioni si erano di nuovo aggravate. La malattia aveva deciso di portargli via anche l’unico contatto che gli era rimasto con il mondo, l’occhio destro, con cui comunicava grazie ad un pc oculare.

Era sposato con Monica dal 2012 Max, l’amore che le è sempre stato accanto, quell’amore che ha compreso la sua scelta di voler morire perché “La mia vita non è vita”, diceva lui. E fino alla fine Max non si è arreso, ha continuato a lottare per quel diritto sacrosanto che la “nostra società evoluta” non ha avuto il coraggio di riconoscergli: il diritto di scegliere per sé stesso, di decidere se “vivere” oppure no. Aveva rifiutato le medicine, aveva deciso di lasciarsi morire di stenti e pieno di dolore perché almeno in quella scelta poteva essere davvero libero, nonostante il mondo gli urlasse contro ancora una volta. Lo stesso mondo che ha cercato a tutti i costi di privarlo della dignità con cui ha vissuto fino all’ultimo, quella sicurezza che soltanto una persona integra e consapevole possiede.

Non voglio elevarmi a ruoli che non mi competono, non voglio esprimere giudizi o puntare il dito. Vorrei soltanto che, per qualche secondo, ognuno di noi si soffermasse a riflettere; credo che almeno questo a Max lo dobbiamo.
Vorrei che provassimo a pensare cosa vorremmo per nostro figlio, nostra moglie, nostro fratello, se li vedessimo ogni giorno lottare per una vita che non vogliono, solo per non farci soffrire.
Vorrei che immaginassimo cosa vorremmo noi, se non fossimo in grado di mangiare, muoverci, parlare.
Vorrei che ci svestissimo di quei falsi perbenismi di cui ci ricopriamo solo per “meglio apparire” (anche se dal mio punto di vista l’effetto sortito è esattamente quello contrario) per essere onesti, almeno con noi stessi. Solo per un istante. Perché credo che nessuno di noi, in quei secondi di sincerità, la penserebbe diversamente da come la pensava Max, nessuno di noi desidererebbe qualcosa di diverso, né per se stesso né per la propria famiglia. Nessuno.

La differenza è che Max ha avuto il coraggio di dirlo, il coraggio di lottare, il coraggio di vivere e poi, finalmente, di morire.

#CiaoMax.

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