Arcieri a Rio, dritti nel segno

arco senza barriere

Raccontare storie, persone, immagini, è una bella responsabilità. Perché tu hai il tuo punto di vista, il tuo modo di vedere le cose, di interpretare gli sguardi, di cogliere i particolari, ma nessuno dice che sia quello giusto. E’ semplicemente il tuo modo, personale. Ma raccontare non basta, hai un dovere al contempo. Quello di narrare il vero, di riportare la realtà che appare ai tuoi occhi in modo che sia il più vivida possibile a chi legge, così che il lettore possa sentirsi coinvolto, partecipe.
La storia che racconterò oggi ha come protagonisti gli atleti della Nazionale di Tiro con l’Arco che si sono riuniti ancora una volta a Padova per allenarsi al meglio in vista delle Paralimpiadi di Rio, sempre più vicine. Con le cuffie nelle orecchie, i Fanfarlo a suonare la loro vita, gli occhi sulla tenacia degli arcieri, le dita a scrivere delle loro imprese.

A motore spento

arco08Un pullmino sbarca sul suolo dell’OIC, l’Opera Immacolata Concezione che, come sempre, è pronta ad ospitarlo a braccia aperte. Il motore si spegne, gli sportelli si aprono ed il caldo entra in gola, facendoci sospirare. C’è una scritta rossa sul fianco, un nome: Ability Channel.
Siamo venuti a trovare la famiglia del tiro con l’arco, siamo sereni, rilassati, non c’è tensione. Forse un po’ provati dal viaggio, ma felici.
Saliamo nelle nostre stanze per lasciare i bagagli e darci una rinfrescata. La giornata è stata lunga.

Mento verso l’alto e sguardo fiero

arco senza barriereIl sole si sveglia presto di questi tempi, e sin dalle prime ore del mattino ci ricorda chi è a comandare. Noi come soldati modello ubbidiamo, consapevoli di non poter competere. Dopo una giusta colazione, gli arcieri alle nove del mattino sono già sulla linea di tiro, mento verso l’alto e sguardo fiero. Sistemano il loro arco, cercano l’assetto. E poi la giusta concentrazione, fondamentale in uno sport come questo; perché non c’è prestazione fisica che tenga, dinnanzi ad una mente affollata.
La Dottoressa Annalisa Avancini, che segue la Nazionale da più di quattro anni, questo lo sa bene. I suoi incontri con i ragazzi durante questo raduno servono proprio per allenare le loro menti che, al pari del fisico, richiedono un esercizio quotidiano. La preparazione di un atleta ad una Paralimpiade deve essere completa, olistica, non può lasciar spazio alle preoccupazioni. Questi sono guerrieri che devono vincere una guerra, ecco il loro obiettivo. Ed i margini di errore devono essere minimi.

Si scoccano le frecce

arco senza barriere

Cerco di farmi spazio tra loro, i loro sorrisi, per guadagnarmi un po’ di complicità. Non mi piace raccontare di qualcosa che non sento a me vicino, credo che i protagonisti della mia storia possano apparire più reali se sanno chi è a parlare di loro.
Divisi in due gruppi uno accanto all’altro, le frecce si susseguono veloci, consapevoli dell’obiettivo da centrare. Non sono l’unica ad avere grandi responsabilità, credetemi. I coach sono alle loro spalle pronti ad aiutarli a crescere, dopo che le frecce sono state scoccate. Chiara, la fisioterapista che fa miracoli, è sempre presente.
Li guardo, li osservo con attenzione, cura e ammirazione. Cerco di lottare contro la mia timidezza e decido di mettermi in gioco. Tutto corre naturale, come se fosse stato disegnato in precedenza. Ci sono scatti, riprese, interviste. Qualcuno fa una linguaccia; attento a dove passi se non vuoi il morso dell’asino! Rolly “il ribelle” è lungo il mio passaggio, mi nascondo dietro una colonna per sfuggirgli. Mi diverto.

I piccoli uomini non hanno paura

arco04All’improvviso la pace è interrotta, il silenzio frantumato da voci squillanti e curiose: alcuni bambini di un centro estivo sono venuti a vedere gli allenamenti degli atleti, e subito si affollano intorno al campo, per scrutare. Io sono dietro di loro, con il computer sulle gambe. Qualcuno si avvicina, mi chiede cosa stia facendo; in pochi secondi sono circondata, un’orda di piccola uomini mi avvolge. Guardiamo insieme delle foto, immagini che ritraggono le imprese di atleti impegnati nelle più svariate discipline sportive. Hanno fame di conoscenza, questi bambini, vogliono sapere. Non c’è diffidenza nei loro occhi, solo ingenuità e curiosità. Sono sorpresi nello scoprire che una carrozzina è soltanto un mezzo come un altro che permette a qualcuno di essere chi è. Come me che per vedere uso gli occhiali o come un anziano che per camminare usa un bastone. Sorridono, perché ora conoscono. E non hanno paura.

Si torna a casa

arco14Arriva il tramonto, ma i flash ed i riflettori si spengono solo quando la luna è ormai alta nel cielo.
Ecco la “cena di gala”, l’ultima serata da trascorrere insieme. Ci accomodiamo in una sala diversa dal solito, ma con lo stesso calore di sempre. Quando ci alziamo sazi e soddisfatti, nessuno ha voglia di andare a dormire, abbiamo ancora delle cose da dirci; meglio andarsi a prendere un cicchetto. Chissà quante storie avranno ascoltato quei tavolini dove ora poggiano i nostri bicchieri, quante persone avranno sostenuto quelle sedie. Si parla di tatuaggi, dell’importanza di ricordarci chi siamo, di posti nel mondo. C’è chi intanto fa la lotta ridendo, chi fa una battuta e chi, come me, si limita a guardare e a ridere felice.

Oggi si riparte, si torna a casa. Le nuvole grigie coprono il cielo azzurro, che non riusciamo a scorgere. Oggi si riparte, si torna a casa. Ed io lo faccio con la consapevolezza che mi porto dietro da quando ho iniziato a fare questo lavoro: la persona che torna non è mai la stessa che è partita. Grazie a Dio.

Raccontare storie, persone, immagini, è una bella responsabilità. E per me non potrebbe esisterne una più bella.

Immagini di Marco Mantovani per Ability Channel

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