Staminali: miracolo per la sclerosi multipla?

Stamina e sclerosi multiplaBuone notizie dal mondo della ricerca: le cellule staminali corrono in aiuto di un’altra malattia neurodegenerativa, la sclerosi multipla. Non si tratta di una novità, è vero, ma la scoperta rappresenta un importante passo avanti.

La notizia viene dalla Gran Bretagna, dal team di ricercatori del professor Sharrack, neurologo allo Sheffield Teaching Hospital. I suoi ricercatori hanno definito un nuovo protocollo per trattare i sintomi della sclerosi multipla attraverso le cellule staminali. Secondo quanto si legge su Repubblica e sul Telegraph, “la procedura usata prevede l’impiego di alte dosi di chemioterapici, per mettere fuori gioco il sistema immunitario dei pazienti. Questo viene poi ricostruito e riattivato con le cellule staminali ottenute dal sangue dei singoli pazienti”. I risultati ottenuti su un panel di 20 pazienti sono incoraggianti: il sistema immunitario sembra essersi rigenerato, deficit motori o visivi sembrano essere stati recuperati del tutto. E’ il primo trattamento che inverte i sintomi della sclerosi multipla.

Una ricerca a livello internazionale

Il protocollo è frutto dell’intenso lavoro che numerosi gruppi di ricerca stanno portando avanti già da diversi anni.Ricerca In Italia, secondo il professor Giovanni Mancardi dell’Università degli Studi di Genova e il dottor Riccardo Saccardi dell’Azienda Universitaria-Ospedaliera Careggi di Firenze, l’autotrapianto del midollo osseo –così si chiama la tecnica in questione- per malati di sclerosi multipla sembra essere più efficace rispetto alla terapia standard che utilizza i farmaci a base di mitoxantrone. Con il primo trattamento, infatti, i pazienti che si sono sottoposti ai test hanno presentato l’80% in meno di nuove lesioni cerebrali e la scomparsa di nuove  lesioni captanti il gadolinio, un altro tipo di lesioni associate alla sclerosi multipla.

Tecnica aggressiva da somministrare con attenzione

Il professor Mancardi, però, avverte: trattandosi di una tecnica molto aggressiva, non è adatta a tutti i pazienti. Il tasso di mortalità è, infatti, dell’1-2%, perciò va somministrata con attenzione.

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